Capitolo Uno

1179 Words
Settembre 1069. Lincolnshire nordorientale.   I raggi del sole si riflettevano sull'acqua, un manto di vivida luce che ne celava le profondità e sprigionava accecanti bagliori, che indussero George a stringere gli occhi mentre interrompeva momentaneamente il lavoro che stava svolgendo. Toccando la spilla appuntata sulla gola per accertarsi che trattenesse i lunghi lembi del copricapo che gli avvolgeva il collo e la testa, portò uno sguardo sgomento sulle affusolate imbarcazioni che stavano imboccando l'estuario. Il cuore gli mancò un battito. Oh, no, non loro! Non i danesi.   Lasciando andare i manici dei secchi, si massaggiò le mani screpolate, escoriate dal continuo contatto con le corde. Delle vesciche gli si erano già formate sotto le dita, bianche, piccole sacche acquose che non avrebbero tardato a dolergli. Le navi si stavano avvicinando, i rossi scudi rotondi, tempestati di borchie dorate, allineati sulle fiancate di ciascuna di esse. Le vele erano state ammainate, arrotolate in enormi fagotti di tela e di funi, e gli uomini avevano impugnato i remi per condurre le agili imbarcazioni lungo il fiume.   Rivoli scintillanti si riversavano dalle pale mentre i remi si sollevavano e tornavano ad affondare. Una ritmica, gutturale cantilena echeggiava sull'acqua, un suono stranamente in sintonia con il cinguettio degli uccelli acquatici che attraversavano le vaste paludi salate che scendevano verso il fiume, solcato da impetuose correnti. Bruciante come una scottatura, il terrore gli percorse le vene, e George si morse freneticamente il labbro inferiore per costringersi a riportare il respiro sotto controllo. Non avrebbero avuto problemi, loro tre. Avrebbe provveduto di persona.   Un'acclamazione si levò dietro di lui, poi un altro. A uno a un'altra. A uno a uno gli uomini e le donne che lavoravano al suo fianco scorsero i velieri e misero giù i secchi, facendo traboccare l'acqua salata. Alzando i pugni in aria in un gesto di giubilo, si volsero l'uno verso l'altro, sorridendo, stringendosi mani e spalle. Qualcuno gli tirò la manica. "Siamo salvi!" gridò una donna, conficcandogli le dita ossute nell'avambraccio. "I danesi ci aiuteranno! I danesi rimanderanno i normanni a casa loro con la coda tra le gambe!"   George si stampò in faccia un luminoso sorriso, augurandosi che la sua espressione rispecchiasse l'entusiasmo della donna. Quelle persone non erano in grado di indovinare chi era, in realtà. Doveva stare attento, più che mai ora che aveva notato la gioiosa reazione causata dall'arrivo dei danesi. I sassoni non vedevano l'ora di sbarazzarsi dei normanni. Che cosa avrebbero fatto, se avessero appeso che un normanno si trovava fra loro? Senza dubbio l'avrebbero ucciso! Colto da un improvviso capogiro, George agitò le dita dei piedi all'interno dei rozzi stivali di cuoio per evitare di perdere l'equilibrio.   La donna gli disse qualche altra cosa, assestandogli una gomitata con aria complice. La mente gli si svuotò del tutto, incapace di afferrare quelle rapide parole. Perfino adesso, dopo aver trascorso tanto tempo in Inghilterra, doveva sforzarsi per decifrare la bizzarra pronuncia sassone. Parlava di rado, a bassa voce, nella speranza di non lasciar trapelare il suo accento straniero, o un qualche indizio capace di rivelare la sua vera identità. Benché accadesse la stessa cosa a sua sorella Marie, che comprendeva ben poco di ciò che veniva detto intorno a lei, suo padre non aveva simili difficoltà, avendo imparato quell'idioma barbaro da bambino.   "Eh?" gracchiò la donna, spingendolo da parte. "Non sei d'accordo, ragazzo? Qualcuno se la spasserà alla grande fra le coperte, questa notte, ricorda le mie parole."   Si riferiva ai danesi, ovviamente. La loro reputazione era notoria, anche se non tutti gli amplessi avvenivano per mutuo consenso. George aveva sentito parlare degli omega sassoni che venivano trascinati a bordo delle navi, o gettati su spalle coperte da pelli di animali, urlanti e scalcianti, per essere condotti nelle terre norrene e diventare degli sposi vichinghi. George rabbrividì. Benché l'Inghilterra fosse un paese pagano, la terra da cui provenivano quei danesi doveva essere infinitamente peggiore.   "Prendete quei secchi e continuate!" ordinò ai lavoratori un uomo anziano dalla cespugliosa barba grigia. "E non illudetevi di finire prima, quest'oggi. Non smetteremo di raccogliere la salamoia finché il sole resterà in cielo." Posò lo sguardo su George, torcendo la bocca con palese riprovazione. Appariva chiaro che c'era qualcosa che non lo convinceva in lui, in quel esile, giovane omega che gli aveva chiesto un lavoro due giorni prima. Benché parlasse in modo sommesso, a capo chino, ogniqualvolta azzardava un'occhiata nella sua direzione, George scorgeva un'espressione di sfida negli occhi azzurri, Si augurava che lui non sospettasse che era di nobili natali, un omega di un rango assai più elevato, e non solo un povero contadino che aveva un disperato bisogno di denaro. Sapeva che la lentezza con cui rispondeva quando lui gli rivolgeva la parola e l'abitudine di cincischiare con il copricapo all'altezza del collo, quasi fosse stato un talismano, avrebbero potuto tradirlo, ma non era in grado di impedirselo. In definitiva era un lavoratore indefesso, e quindi era certo che non sarebbe liberato di lui.   "Ehi, tu!" l'uomo allungò il pugno nella sua direzione. "Va’ nelle paludi e aiuta i bambini a portare la salamoia che hanno prelevato dalle pentole di sale meno profonde! Dobbiamo svuotarle, prima che salga la marea."   Girando la testa, lui fissò i melmosi acquitrini che scendevano in lieve pendio verso lo stretto, impetuoso canale che fluiva al centro del greto del fiume. Un nodo gli serrò la bocca dello stomaco. L'acqua scorreva più adagio adesso, essendosi riversata nell'estuario e nel vasto Mare del Nord, scoprendo le scivolose chiazze di fango. Costellata da ciuffi di falasco, la superficie marrone e bluastra scintillava nel chiarore che precedeva il crepuscolo. Osservò i bambini che si dirigevano verso l'acqua, verso le pozze rettangolari che contenevano la preziosa salamoia. Perché quell'uomo l'aveva mandato laggiù? I bambini pesavano la metà di lui ed erano in grado di percorrere le assi di legno che congiungevano le estremità del canale senza rischiare di precipitare nell'infido pantano.   "Ma... affonderò di sicuro..." La voce gli si spense. Una lunga ciocca di capelli castano chiaro era sfuggita al copricapo e svolazzava nella brezza. Spazientito, George tornò a ficcarla sotto il tessuto.   Il sassone barbuto strinse gli occhi. Era alto e corpulento, chiaramente abituato a essere obbedito. "Ti rifiuti di andare laggiù, ragazzo?" incrociò le braccia sul petto, stropicciando il morbido cuoio del farsetto. "Se non lo fai, non riceverai una moneta, da me."   Alcuni degli altri lavoratori rallentarono i movimenti per portare lo sguardo su di lui. Un intenso rossore gli sali alle guance. L'ultima cosa che desiderava era richiamare l'attenzione su di sé.   "No, no, lo farò" ribatté, afferrando i manici di corda dei secchi. Fino ad allora aveva solo dovuto trasportare i secchi pieni di salamoia nelle baracche in cui questa veniva fatta bollire, in modo che l'acqua evaporasse, lasciando solo il preziosissimo sale. Un lavoro faticoso e tedioso, sebbene privo di pericoli. Ma adesso? Per soffocare il crescente timore alla prospettiva di recarsi nelle paludi, doveva ricordare a sé stesso il vero scopo che l'aveva indotto a chiedere quel lavoro: guadagnare denaro per pagare il passaggio che gli avrebbe consentito 
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