Cercò di restare da sola tutta la mattina. Si sentiva uno schifo, e non solo per i postumi della sbornia.
La lezione di incantesimi sembrò interminabile, e all'uscita, mentre si recava verso la sala grande per pranzare, incrociò Ginny.
"Hermione!" disse lei, sorridente. Purtroppo il viso di Hermione non era rilassato quanto il suo.
"Ciao Ginny." si sforzò di essere cordiale, cercando di non guardarla in faccia.
Le parole di Malfoy l'avevano seguita tutta la mattina, e purtroppo non poteva non riconoscergli di avere ragione: non riusciva a mentire ai suoi migliori amici, non riusciva nemmeno a guardarsi allo specchio senza vergognarsi di sé stessa.
"Cosa c'è che non va?" chiese l'amica, cercando di incrociare il suo sguardo. Quando finalmente ci riuscì, anche il suo viso seguì la piega corrugata di quello di Hermione.
"È per Ron? O hai avuto un altro incubo? Stai bene?" si preoccupò, facendola sentire ancora peggio.
"No, ho solo dormito poco, tranquilla. Stavo giusto andando a prendere un boccone per poi riposare."
"Ma oggi inizia il campionato!" rispose Ginny.
"Oh, hai ragione, non so come abbia fatto a dimenticarlo..." pensò Hermione ad alta voce.
"Per caso hai visto Harry? Non lo vedo da ieri sera, non vorrei stesse male..." chiese la sua amica.
"No, non l'ho visto. Mangiamo insieme?" cercò di cambiare discorso repentinamente.
Ginny annuì sorridendole.
Hermione sentiva un brivido lungo la schiena ogni volta che qualcuno le rivolgeva la parola, o anche solo se si sentiva osservata. Come poteva vivere in un tale stato di paura?
All'ingresso della sala, scorse subito le figure dei suoi due amici.
Si prese il suo solito posto, vicino a Ron, di fronte a Ginny. Nel farlo incrociò lo sguardo di Malfoy, che le stava rivolgendo il suo solito, sinistro sorriso.
Di nuovo quel brivido. Distolse subito lo sguardo per volgerlo timidamente ad Harry, che le sorrise sinceramente: "Ciao."
Lei sorrise lievemente, sentendosi più sollevata nell'avere l'appoggio dell'amico. La sensazione durò però molto poco: appena ebbe il tempo di ricordare cosa avevano fatto, il suo sorriso scomparve, e spostò lo sguardo verso il basso.
"Ciao Hermione..." disse Ron. Lei arrossì visibilmente, si sentiva bruciare.
Ricambiò il saluto, per poi mangiare in silenzio.
Il suo pasto si stava consumando quasi pacificamente, quando notò delle figure avanzare verso il loro tavolo.
"Ciao Potter." pronunciò Draco, toccandogli amichevolmente la spalla. Dietro di lui Blaise e Tiger, che, come sempre, tacevano in attesa di un qualche suo ordine. Hermione sgranò gli occhi, spaventata. Quel ragazzo era una bomba ad orologeria, non gli importava niente di nessuno, e non si sarebbe fatto problemi a distruggere la sua vita, se fosse rientrato nei suoi comodi.
"Malfoy." disse lui, senza guardarlo.
"Che ci fai qui?" chiese Ron, rivolgendogli uno dei suoi sguardi più irosi.
"Non è evidente? Sono venuto a farti gli auguri per la partita!" rispose lui.
Hermione si agitava sempre di più, cercando disperatamente lo sguardo di Harry, che continuava a leggere la sua gazzetta del profeta, come se niente stesse accadendo.
Tutto il loro astio era davvero svanito?
"Non mi servono i tuoi auguri, anzi-" provò a ribattere Ron, che fu però interrotto da Draco.
"Non vorrei mai che tu ci rimanessi male... speriamo che la partita sia leale. Sappiamo tutti quanto odi i sotterfugi." concluse senza staccare gli occhi di dosso ad Hermione che si sentiva tremendamente in imbarazzo, ma allo stesso tempo troppo orgogliosa per distogliere lo sguardo.
Se ne andò prima che Ron potesse esprime la sua confusione a riguardo.
"Ma che gli prende? Ultimamente sembra che si stia drogando!" commentò, facendo ridere la sorella.
Harry non rise. Guardò Hermione, prima di alzarsi in piedi per prepararsi per la partita.
I compagni lo seguirono.
"Hey, Hermione." la fermò Ron, toccandole dolcemente il braccio: "Voglio chiederti scusa per come ti ho trattata in questo ultimo periodo... So che te l'ho promesso molte volte, ma voglio davvero impegnarmi. Voglio che le cose tra di noi vadano bene, e che tu sia felice."
Lei rimase lì, come fosse imbalsamata, senza parole. Molte cose si aspettava da quella giornata, ma di certo non un altro tentativo di ricongiungimento da parte di Ronald.
"Quindi... è un sì?" chiese lui, con un sorriso speranzoso. Lei annuì, senza nemmeno pensare alle sue parole, troppo concentrata sui suoi stessi turbamenti per calcolare i capricci del suo ragazzo.
Prima che si potesse rendere conto di ciò a cui aveva appena acconsentito, lui la abbracciò: "Grazie." sussurrò tra i suoi capelli.
Le sorrise, per poi seguire la stessa direzione intrapresa da Harry e Ginny.
Ancora una volta rimase ferma, rendendosi conto di quanto quel momento fosse epifanico: se ne stava lì in piedi, a vivere una vita che non era la sua. A fare tutto quello che gli altri decidevano per lei, auto convincendosi, non proprio volutamente, che tutte le sue scelte le appartenessero, quando in realtà non erano altro che frutto della sua stessa accondiscendenza.
Cosa ne sarebbe stato di lei? Come poteva sentirsi più leggera se ciò che la imprigionava non era altro che la sua stessa personalità?