Fu una fortuna che fosse arrivato fino a quel punto con il suo mistero, perché sentimmo la carrozza fermarsi al cancelletto del giardino, che riportava a casa mia zia e Dora. – Nemmeno una parola, ragazzo! – proseguì con un sussurro; – lasciate che tutta la colpa ricada su d**k… il semplice d**k… il matto d**k. Per del tempo ho pensato, signore, che ci stavo arrivando, e adesso ci sono. Benone! Sull’argomento il signor d**k non profferì più parola; ma durante la mezz’ora successiva si trasformò in un vero e proprio telegrafo (con grande disturbo di mia zia), per raccomandarmi la segretezza inviolabile. Con mia sorpresa, non sentii più parlarne per due o tre settimane, anche se ero piuttosto interessato ai risultati dei suoi tentativi, perché avevo scorto uno strano barlume di buon senso