Capitolo Quattro

1054 Parole
Marc uscì dal bagno avvolto in un enorme accappatoio bianco. Il tessuto spugnoso era caldo contro la pelle umida. Si alzò il colletto e infilò le mani nelle tasche. Per un istante esitò sulla porta, poi voltò la testa in direzione della voce di Khalid. “Ti senti meglio adesso?” gli chiese lui avvicinandosi e squadrandolo dalla testa ai piedi. “Mi pare di sì. Finalmente è tornato un po' di colore sul tuo viso.” Marc si sentiva a disagio con addosso il suo accappatoio, ma era l’unico indumento che aveva trovato per nascondere la sua nudità visto che Khalid, senza che se ne accorgesse, aveva portato via i suoi vestiti. A quell’esame attento sentì degli strani brividi lungo la schiena. I pantaloni e la camicia neri di lui enfatizzavano il suo fisico atletico. Con lo sguardo si soffermò sui suoi piedi nudi e trattenne il respiro. Anche i piedi erano terribilmente sexy. Quella scoperto lo colpì perché non credeva fosse possibile una cosa del genere. “Grazie, mi sento molto meglio. È incredibile come un po' d’acqua calda riesca a fare miracoli.” Farfugliò imbarazzato. Per la prima volta, da quando Khalid l’aveva trovato in mezzo alla strada, si sentiva veramente nervoso. Si inumidì le labbra secche con la lingua. “Vieni.” Gli disse lui porgendogli perentorio una mano. Marc, con sua grande sorpresa, la strinse senza alcuna esitazione. Il calore di quella stretta era confortevole. Lui lo condusse nel grand salone arredato con mobili antichi e specchi alle pareti. La stanza era illuminata dal fuoco nel camino e da lui soffuse. Il divano, collocato davanti al caminetto, aveva un aspetto confortevole con i suoi cuscini e il plaid rosso. “Siediti.” Lo invitò indicando il divano. “Ci vorrà un po' prima che i tuoi vestiti si asciughino e possa riaccompagnarti a casa. Nel frattempo hai bisogno di stare al caldo.” Marc ubbidì e si lasciò sprofondare nel divano. Sapeva che non correva pericolo di raffreddarsi grazie alla doccia calda. Il fuoco e, soprattutto, il tocco di lui. Senza di una parola, Khalid gli coprì le ginocchia, dopodiché gli passò un bicchiere di vetro inserito in una porta bicchiere in argento filigranato. Marc inspirò il profumo delicato che proveniva dalla bevanda. “Che cos’è?” “Tè dolce, in pure stile shajehani. Un rimedio perfetto in caso di shock ed esposizione a elementi avversi della natura.” Khalid era in piedi di fronte al divano con le spalle al fuoco. In quella posizione dava l’impressione di un uomo completamente padrone della situazione e sicuro di sé. Marc sentì una morsa allo stomaco e si affrettò a chinare la testa concentrandosi sulla sua bevanda. “è deliziosa.” “Sorprendente, non è vero?” “Voglio dire…” “Va tutto bene. Adesso bevi e rilassati. Torno subito.” Gli disse lui allontanandosi. Marc riprese a respirare. Aveva bisogno di stare da solo e raccogliere le idee per cercare di analizzare quelle strane emozioni che stavano emergendo in superficie con tanta rapidità. Fissò il fuoco bevendo il tè sconvolto dalla sua intensa reazione nei confronti di Khalid. Malgrado fosse di una bellezza mozzafiato restava pur sempre uno sconosciuto. Ma non era soltanto il suo incredibile aspetto fisico ad affascinarlo, bensì la sua gentilezza e il modo in cui si era occupato di lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non era abituato a un simile trattamento. Marc si era dimenticato cosa significava essere accuditi e poter far affidamento su qualcun altro. Nessuno si era mai occupato di lui così… almeno, non da quando aveva otto anni ed era tornato a casa da scuola scoprendo che sua madre se n’era andata via portando con sé la sua sorellina più piccola e non lui. A partire da quel giorno non c’era più stato calore in casa sua. Suo padre non era certo il tipo capace di dare conforto al figlio, tantomeno abbracciarlo o di rivolgergli un sorriso di incoraggiamento. Era sempre stato un uomo duro, severo, che pretendeva sempre troppo dagli altri. Nemmeno in quegli ultimi mesi della sua vita si era addolcito. “Hai bisogno di qualcos’altro?” gli chiese Khalid alle sue spalle. Marc non si era accorto che era tornato. Con suo grande orrore quella punta di preoccupazione che percepì nella sua voce diede libero sfogo a una cascata di emozioni dolorose che lo sconquassarono. Non era abituato alla commiserazione. Le labbra iniziarono a tremargli. Che cosa gli stava succedendo? Aveva scoperto che Marcus lo tradiva, e allora? Non era mica la fine del mondo. In fondo era abituato a cose ben peggiori di quella. Marc Lewis non piangeva mai e quella era una delle ragioni per cui era stato accettato velocemente in un mondo prettamente composto da maschi alfa e beta. “No, grazie.” Disse alla fine lasciando che lui gli prendesse il bicchiere dalla mano. “In tal caso sarà meglio asciugarti i capelli.” Marc aprì la bocca per obbiettare, ma lui gli aveva già messo un asciugamano sulla testa iniziando a massaggiargli il cranio con le dita. Marc sentì svanire qualsiasi residuo di resistenza e seguì con la testa il ritmo delle sue mani. Un piacere inaspettato gli si diffuse lungo la schiena e le spalle. Non si era mai sentito così bene in vita sua: quel calore, la sua compagnia, il conforto della sua presenza… Chiuse gli occhi per scacciare una terribile sensazione di perdita e solitudine. Scosse la testa sperando di allontanare il dolore e quel bisogno così poco familiare. Quella sera aveva subito uno shock. La sua autostima e le sue speranze aveva ricevuto un duro colpo, tuttavia sarebbe riuscito a superare quel momento di crisi. Quel curioso senso di fragilità era sicuramente passeggero. Era sempre stato un’omega forte che sapeva gestire le situazioni. “Non piangere, piccolo.” La voce di Khalid era poco più che un sussurro e il tocco delle sue dita sulle guance, mentre gli asciugava le lacrime, tenero. Marc tenne chiusi gli occhi. Era la seconda volta che piangeva nel giro di poche ore. Non lo aveva più fatto da quando sua madre lo aveva abbandonato quindici anni prima. E adesso, in una sola notte, la diga si era rotta. “Per favore.” Mormorò, “Non voglio restare solo.”  
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