Capitolo 9

524 Parole
In una casa come la loro era molto difficile trovare il tempo per autocommiserarsi. Anche se spesso Kurt si era lamentato per la mancanza di privacy, l’attività senza sosta e il costante bombardamento della conversazione nella settimana che seguì, furono per lui il migliore rimedio. Soltanto nei rari momenti di solitudine risentiva una fitta acuta dentro di sé e il genere succedeva la sera, prima di coricarsi, e la mattina appena alzato, ma durante la giornata la presenza degli amici lo aiutava a dimenticare. Durante l’anno scolastico era, di norma, il primo a rientrare dal lavoro, seguito subito dopo da Seth, quindi alle cinque da Stuart, e alle cinque e mezzo da Tristan. Pur essendo quattro scapoli senza palle al piede conducevano una vita molto regolare. Erano tutti sufficientemente adulti e maturi per conoscere il valore di una vita familiare stabile, l’unica che permetta di affrontare la frenetica realtà esterna, e i doveri che ne derivavano, per mantenere tale ambiente, erano assolti con piacere. Sapevano che le uscite infrasettimanali avrebbero inciso sul loro rendimento al lavoro il mattino successivo, perciò cercavano, se possibile, di evitarle. In genere mangiavano in casa, ed era il momento in cui erano felici di ritrovarsi e di parlare tranquillamente dei loro piccoli problemi o di farsi delle confidenze. Fatto abbastanza insolito, quindi, alle sette meno un quarto. Seth non era ancora tornato a casa, mentre Kurt e Stuart stavano già aiutando Trish ad apparecchiare la tavola. “Avrebbe potuto avvertirci.” Si lamentò Tristan con aria più preoccupata che seccata. “Sai che lo fa sempre, vedrai che arriverà.” Lo difese Stuart, riempiendo d’acqua i bicchieri. “Avrà avuto qualche problema sul lavoro, o un’altra riunione sindacale.” Azzardò Kurt. “No, la riunione sindacale ci sarà soltanto giovedì.” Disse Tristan. Un’espressione di sollievo gli apparve sul viso sentendo sbattere la porta d’entrata, che lasciò però subito il posto all’irritazione. “Era ora! Stava per perdersi le migliori lasagne che io abbia mai fatto.” Si chinò a ritirare la casseruola dal forno con uno sguardo di soddisfazione quasi materna. “Salve miei splendidi ragazzi!” Seth si precipitò in cucina, buttò la giacca sulla sedia e depositò una bottiglia di Chianti sulla tavola. Aveva gli occhi eccitati mentre dichiarava: “Ho sentito il profumo di lasagne, giù in città; perciò, sapevo benissimo che tipo di vino portare.” Tristan lo guardò con sospetto. “Hai portato la bottiglia intera o te ne sei scolato metà strada facendo?” Lui rise e gli diede una pacca sul sedere, approfittando del gatto che lui aveva le mani occupate a mettere le lasagne in tavola. Poi d’impulso afferrò Stuart, che reggeva due ciotole per l’insalata, e la baciò sulle labbra. Il ragazzo, quasi scappando, concordò. “Qualcosa deve aver bevuto, non c’è dubbio.” “Raccogli quella giacca.” Lo rimproverò Kurt e si voltò per prendere i bicchieri per il vino. Seth lo prese alle spalle per coccolarlo, finché Kurt non si divincolò strillando. “Si può sapere che cosa ti prende?” Seth rise come un bambino e lo spinse da parte da occuparsi personalmente dei bicchieri.
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