SECONDA PARTE: DI NUOVO A ROMA.
Il viaggio di ritorno fu abbastanza confortevole e breve, viaggiammo poco più di un giorno, attraversammo lunghe gallerie sotterranee e scorciatoie che ci permisero di abbreviare di molto il nostro tragitto. Il mio pensiero era sempre rivolto a Vegard, soffrivo maledettamente al pensiero di non rivederlo forse mai più. Mi attanagliava l’angoscia che avevo per quella creaturina che portavo in grembo e a quanto fosse sfortunato ancor prima di venire al mondo. Mi rattristava molto il modo in cui era stato concepito non avendo neanche la certezza di chi fosse il padre. I miei tristi pensieri vennero distolti da Svein quando disse che eravamo giunti a destinazione e che ci trovavamo proprio sotto Roma. Svein ordinò all’altro guerriero di badare ai cavalli e di aspettare lì il suo ritorno perché mi avrebbe accompagnata a casa da mio padre. Scendendo dal calesse mi resi conto della grande emozione che provavo, il solo pensiero che presto avrei potuto riabbracciare mio padre mi faceva talmente tremare le gambe che quasi non riuscivo a muovermi. Svein si accorse della mia difficoltà con le sue braccia possenti mi afferrò e mi aiutò a scendere. Mi domandò se stavo bene e gli dissi di non preoccuparsi che andava tutto bene, mi chiese di seguirlo presso una salita che conduceva in superficie, l’uscita era nascosta da un cespuglio di rovi, Svein a mani nude vi aprì un piccolo varco per permettermi di uscire. Non riuscivo ancora a crederci… Ero a Roma nella mia amatissima città, ci trovavamo in un boschetto situato lungo la via Appia che riconobbi all’istante, era una strada lunghissima con magnifiche ville che la costeggiavano esse appartenevano a ricchi patrizi romani e tra queste c’era anche la mia casa, che già intravedevo. Circondata da alte mura ricoperte di edera, era la più bella di tutte. Per un attimo dimenticai tutte le mie sventure, non stavo più nella pelle ero felice perché tra poco avrei riabbracciato mio padre.