Capitolo 12

701 Parole
 Alex POV Non feci in tempo quella sera ad avere una risposta a tutte le mie domande che il telefono iniziò a squillare imperterrito. "Solo un attimo" dissi guardandola negli occhi. "Si che c'è" risposi al telefono scocciato. "Alex devi tornare a casa, tuo padre ha avuto un incidente" rispose in modo brusco mio nonno Alan. Lui non era solito chiamarmi se non per affari, eredità o cose di questo genere, perciò ormai chiamava ben poco. " Di che incidente parli Alan?" Risposi freddo. Vidi la faccia di Megan cambiare espressione nello stesso momento in cui pronuncia il nome di mio nonno, ormai per me era solamente un altro uomo che voleva mettermi le redini e decidere del mio futuro, e purtroppo per me ci stava riuscendo nonostante mi opposi in qualsiasi modo, cercando di dare qualsiasi scandalo prima di essere segregato nella sua attività, nel suo impero. "Prendo il primo aereo per Los Angeles e arrivo." Risposi riattaccando. " Tutto ok?" Mi chiese guardandomi perplessa. "Si, ti riporto a casa" risposi dirigendomi verso l'auto. Entrammo in macchina e calò il gelo, la mia testa era in totale confusione, volevo sapere la verità, ma volevo anche capire cosa stesse succedendo a Los Angels.  Da quando me ne andai per venire qui a New York le cose cambiarono radicalmente, il rapporto con i miei genitori non era mai stato semplice, ma l'incidente e il trasferimento resero ancora tutto più una merda. Soprattutto mio padre ubriaco anche alle quattro del pomeriggio intento a far conversazione con me dicendo cose assurde come "dove rivelarti un segreto" " è tutta colpa mia", accompagnato tra un sorso di brandy e una risata isterica. Una sera più ubriaco del solito ricevette in risposta un mio cazzotto sul naso, quella fu l'ultima volta che lo vidi e che provammo a parlare. Avevo dimenticato tante cose con l'incidente, ma non lo stronzo che fosse. Arrivai davanti all appartamento di di lei e Sofia e l'unica cosa che mi uscì dalla bocca in quel momento fu " non è finita qui, quando torno mi dirai tutto" quasi in tono minaccioso, anche se l'unica cosa che avrei voluto fare in quel momento per placare quel moto di rabbia e confusione che sovrastava il mio cervello era entrare nelle sue mutande.  Sapeva placare i miei demoni, ne fu la prova il locale l'altra sera.  " Ti prego stai attento" rispose toccandomi la mano per poi scendere senza girarsi. Aspettai che entrasse dalla porta e partii sgommando. Chiamai l'hotel dando indicazioni di farmi preparare un borsone e prenotarmi il primo volo per tornare a casa.  Due ore dopo mi trovai sull"aereo diretto a Los Angeles. "Chissà che cazzo hai combinato questa volta" pensai buttando fuori l'aria che riempiva i miei polmoni. Throwback  6 ore prima. "Devi smetterla di piagnucolare come una femminuccia, che razza di figlio ho messo al mondo" rispose. "Non saresti dovuto mai nascere, lo dicevo a tua madre, sei un fallito, l'unica cosa buona che hai fatto è quel ragazzo, che non ti assomiglia per niente per fortuna" aggiunse. " È mio figlio! Non posso sopportare più questo peso Alan! Tu sei solo un mostro, lo diceva anche tua moglie, non hai mai avuto niente a che fare con noi!" Risposi assalito dalla rabbia. "Josh, se parli sai già come finirà, non sarà mai come te, non crederà mai a un padre alcolizzato" mi guardò negli occhi come in segno di sfida.  " Sai come finirà" aggiunse. " Tanto non ti è mai fregato un cazzo di me, figurati di tuo nipote, per te è solo un burattino, colui che farà proseguire la tua fama, il tuo nome, perché lo sappiamo bene entrambi che quando morirai in mano mia, il tuo impero morirà con te." Risposi sfidandolo a mia volta. "Sarà un incidente, avrei voluto altro per te" disse allontanandosi mentre fece segno ai due bestioni che lo accompagnavano ovunque.  "Meglio morto che come te" risposi, e furono le ultime parole che mi uscirono di bocca, mentre venivo pestato a sangue una lacrima cadde dalla mia guancia, prima di svenire a terra qualche minuto dopo con il volto tumefatto sospirai le mie ultime parole.  "Avrei voluto altro per te Alex".
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