"Eppure uno pensa sempre di aver dimenticato, ma i ricordi ci conoscono meglio di noi."
Alex Pov
Quante cose erano cambiate nell'arco di un anno.
Partendo dal fatto che quell incidente oltre ad avermi lasciato cicatrici permanenti, ha lasciato dentro di me un grande vuoto, una sorta di buco nero nel mio cervello.
Ogni notte mi addormentavo con la consapevolezza che mi mancava qualcosa o per meglio dire qualcuno.
Era sempre lo stesso sogno, sempre gli stessi occhi come due zaffiri mi richiamavo, ma non riuscivo mai a capire chi fosse quell angelo travestito da donna.
Le cose erano cambiate, non c'era ombra di dubbio, i miei genitori si separarono.
Mia madre andò a stare negli Hamptons e invece mio padre rimase a casa lasciato solo alla disperazione.
L'incidente aveva cambiato parecchio non solo me, ma anche le persone che mi circondavano.
Dodici mesi, qualche tatuaggio in più e le solite pessime abitudini.
Mi trasferì nell'Upper east Side, d'altronde metà della città ormai apparteneva a me, ero così ricco da poter far invidia a metà popolazione americana.
Così pieno di soldi da non aver bisogno di andare alla Columbia, però lo volevo lo stesso, dopotutto avrei conosciuto tante ragazze e sicuramente avrei fatto parte di qualche confraternita così da garantirmi le miglior "fighette" in circolazione, non avevo messo in conto che però avrei conosciuto qualcuno che mi avesse sconvolto la vita o forse solamente rincontrato.
Dopo il corso di letteratura il mio primo giorno di college decisi di marinare le altre lezioni rimanenti.
Non che fossi entusiasmante il resto dei corsi, ma ero troppo turbato per affrontare altre tre ore di chiacchiere effimere.
Andai nella parte più remota dell'immenso giardino che circondava tutto l'edificio e mi accesi una sigaretta.
"Quella streghetta" pensai tra me e me.
Aveva una lingua tagliente, e non ero sicuramente una delle persone più gradite per lei.
Ero stato un coglione stamattina nei suoi riguardi, mi ricordavo bene il suo nome, come poterlo dimenticare.
Megan così si chiamava, qualche mese prima ero stato con lei, fu la notte migliore della mia vita.
Sembrava mi conoscesse da una vita, come le sue labbra si univano con me mie, come il mio e il suo corpo reagivano ai tocchi l'uno e dell'altra.
Mi aveva destabilizzato vederla andare via piangendo, dopotutto non avevo neanche aperto bocca per cacciarla via come tutte le altre che se ne andò lei quando mi disse di amarmi.
Non sapevo cosa rispondere, non la conoscevo o forse sì?
Scossi la testa cercando di scacciarmela dalla mente, non era niente ne ero sicuro, dovevo lasciar perdere sarà solo stato un caso quello di oggi.
I brividi che provai toccandola stamattina però non erano semplici brividi, ne ero sicuro.
Girovagai per il campo un'altro po' fino ad imbattermi in qualcuno.
Anzi fu questa persona a venirmi addosso facendo cadere per terra la lattina di Red Bull che avevo preso poco prima.
Alzai gli occhi e mi ritrovai una mora, occhi azzurri e tutta gambe chilometriche.
> disse in modo sgarbato raccogliendo le poche cose che le erano cadute.
> risposi di rimando.
Come alzò lo sguardo verso di me, da un espressione frustrata si trasformò in una di apprezzamento iniziando a squadrarmi da testa a piedi.
> chiesi ammiccando al suo stato di shock nello scrutarmi.
Si alzò e si sistemò il vestito e sorrise.
Avrà avuto giusto qualche anno più di me, non ero mai stato con una più grande, forse avrei dovuto iniziare.
Sorrisi in modo furbo fissandola negli occhi, quando lo facevo le ragazze impazzivano, volevo vedere se era la stessa cosa con lei.
> chiesi con un ghigno.
> rispose sulla difensiva.
> risposi ridendo.
Rimase qualche secondo davanti a me a fissarmi senza dire una parola.
> chiesi.
> rispose.
In quel momento ero sicuro di aver fatto colpo.
> dissi ghignando soddisfatto.
Mezz'ora dopo ci trovammo in una delle stanze del mio hotel, da bravo ragazzo che ero le offrí un caffè e lei in cambio si offrí a me senza pensarci due volte.
Ci feci sesso tutta la mattina e poi se ne andò lasciandomi il suo numero.
> disse chiudendosi la porta alle spalle.
Dovevo dire che nonostante il tempo trascorso senza farmi qualcuna non influì sulle mie prestazioni.
Quella piccola strega fu l'ultima ragazza prima di Stella con cui lo feci, dopo di lei non riuscivo a farlo più. Vedevo i suoi occhi riflessi su quelli delle altre ragazze, neanche Kendal sapeva di tutto ciò.
Non volevo dirglielo o mi avrebbe preso per il culo probabilmente o forse semplicemente non capivo che strano sortilegio mi avesse fatto quella ragazza.
Per fortuna Stella aveva risvegliato l'animale che era in me, forse per i suoi occhi simili a quelli di lei, o forse perché sapeva usare bene quella lingua.
Presi dell'erba che tenevo nascosta in una piccola fessura del portafoglio e mi ci rollai una canna.
Era l'erba delle evenienze particolari, e questa situazione mi sembrava una di quelle.
Proprio nel momento in cui iniziai a rilassarmi e a svuotare la mente il mio telefono iniziò a squillare.
> strillò dall'altro capo del telefono Kendal.
Roteai gli occhi al cielo prima di rispondere con calma.
> dissi assuefatto ormai.
> disse furioso.
Anche Kendal nell'ultimo anno era cambiato, dopo la crisi con Sofia.
Scoprii qualche settimana dopo il coma che i miei due migliori amici erano fidanzati, a quanto pare mi ero perso un gran pezzo non solo della mia vita, ma anche degli altri.
Fu gran parte colpa mia la causa della loro quasi rottura, litigavano spesso su cose assurde, su verità che non capivo, su ricordi che mi mancavano e su una presunta fidanzata.
Ma niente, io non ricordavo un cazzo e dovevano farsene una ragione ormai.
Finii di rispondere al mio amico che dopo avergli detto dove mi trovavo precisamente minacciò di venire a rompermi le ossa e di portarmi insieme a lui ad una festa.
Oh si, il college prometteva già bene.
Una festa di confraternita, ci saremmo riuniti tutti per la prima volta dopo settimane e ci sarebbe stata anche quella strega a quanto avevo capito, visto che abitava con Sofia.
Non vedevo l'ora che arrivasse stasera, non vedevo l'ora di infastidirla e portarla al punto di odiarmi pur di togliermela dalla testa.
Dovevo riprovare le sue labbra per capire se finalmente potevo sbarazzarmi di quella sua faccia impertinente da angelo caduto dal cielo.