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668 Parole
La cella era silenziosa, solo il vento della notte fischiava negli angoli degli anditi pieni di spifferi. Malcolm Randwick si era piegato attorno al ragazzo ossuto con il quale era stato portato là. Ad Alexander quella parve una posizione davvero scomoda, per lo spazio che c'era tra loro. Notò come le mani dell'omega fosse sbiancate nello sforzo di protendersi il più possibile verso sinistra. "Alzatevi." Alexander entrò non appena venne aperta la serratura. Fece alzare il giovane, gli fece scivolare il plaid da dosso e con un movimento veloce lo girò verso la luce per vedere la cicatrice di cui Quinlan gli aveva parlato. Una raffinata croce d'oro lo sorprese. lo accarezzò un attimo prima di volgere di nuovo la mente alla cicatrice. "Chi vi ha marchiato in questo modo?" Malcolm era pietrificato dalla paura. "Liam Williamson, il conte di Harrington." "Siete suo?" "Sì" il cuore gli martellò in petto e la goal gli si seccò. Malcolm lo vide tenere il coltello in mano, poi lo sentì incidergli la cute e, quando abbassò lo sguardo, video il sangue colare dal petto dive aveva aperto un taglio superficiale. Si allontanò con le mani macchiate dal suo sangue. "Ora siete un prigioniero di guerra sulla quale il vostro fidanzato non ha più diritti. Liberalo, Quinlan, e portalo nella stanza accanto al solario." "Vuoi...?" "Subito." Alexander impartì quell'ordine a denti stretti e i soldati lo eseguirono senza indugi. Malcolm sentì le loro mani ruvide prendersi delle libertà sul suo corpo e sapeva anche che il loro signore li vedeva e, questa volta, li lasciava fare. Dopo averlo posato su un grande letto che dominava la stanza, i soldati si disposero tutt'attorno nella stanza, proprio come se fosse loro intenzione restare a guardare quello che sarebbe successo. Uno solo di loro, Quinlan, era alquanto agitato. "è un'omega, Alex." "è la sgualdrina di Harrington." "No, non è vero" Con una mano lui gli chiuse la bocca. "Ancora una parola e vi ucciderò." Alex lo lasciò solo quando lo vide annuire. La ferita e il sangue sul petto gli diedero la sensazione di poter venir meno da un momento all'altro, gli fecero venire i brividi e il voltastomaco fino a quando Malcolm rovesciò sul pavimento il pasto frugale del mattino. Pensò che fosse giunto il suo momento. Ora sarebbe morto. Alzò lo sguardo, si pulì la bocca con uno scialle preso in prestito e si rassegnò al proprio destino: morte o stupro. In fondo, per lui non faceva alcuna differenza se non lo avesse fatto il capo degli Ullyot, ci avrebbe pensato Liam Williamson senza aspettare troppo. E poi Malcolm era stanco di stare sempre sul chi vive, assillarsi, combattere giorno dopo giorno per sopravvivere senza poter sperare in una vita migliore. Facciamola finita qui, pensò e rimase in piedi con aria di sfida. Poi però perse l'equilibrio e crollò sulla pedana. Alex inveì, mentre i capelli rossi di Malcolm si spargevano sui suoi stivali; la sua pelle lucida e bianca ora era sporca di sangue e chiazzata di lividi. Era giocane, ostile e stranamente vulnerabile. Chinandosi gli sfiorò la massa di riccioli di seta rosso fuoco. Perdere i sensi aveva spazzato via la sua paura, che si era trasformata in qualcosa di diverso. Lui lasciò cadere lo sguardo lungo la linea del collo e l'espressione del suo viso lo colse di sorpresa. Si voltò dall'altra parte: non poteva più tollerare che gli si facesse violenza così, in mezzo a tutti quei soldati. "Sistematelo in una camera ai piani superiori e conducete il suo giovane paggio da lui." ordinò , mentre gli occhi gli scivolavano sulla ferita con la quale gli aveva marchiato il petto. D'un tratto sentì il desiderio forte di coprirlo, ma sapeva che quel gesto avrebbe attirato i commenti dei suoi uomini. Prendendo una torcia dal muro, si avviò verso la porta, mandò via le sentinelle con un ordine secco e fu contento di poter affidare l'omega a un uomo d'onore come Quinlan con il quale lui lo sapeva al sicuro.
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