Capitolo 5: Ombre nel Buio

632 Parole
La notte era pesante, soffocante. Anche se le finestre erano aperte, l'aria all'interno della casa sembrava stagnante, come se fosse intrappolata da secoli tra quelle mura. Nessuno riusciva a dormire davvero. Luke si girava e rigirava nel letto, ancora scosso dalla visione della sera prima. Quella coppia, il loro sguardo, il sussurro nella sua testa… non riusciva a toglierseli dalla mente. Sentiva il battito del proprio cuore nelle tempie, un ritmo irregolare che sembrava accordarsi con qualcosa di più grande, qualcosa di invisibile. Nel frattempo, nella stanza accanto, Ben e Trevor dormivano, o almeno ci provavano. Ben era sempre stato quello più razionale, quello che cercava di dare spiegazioni logiche anche alle cose più assurde. Ma anche lui non poteva ignorare la sensazione di essere osservato. Trevor, invece, dormiva agitato. Si muoveva, gemeva piano, come se fosse intrappolato in un incubo dal quale non riusciva a svegliarsi. All’improvviso, un tonfo ruppe il silenzio. Ben si svegliò di colpo e si tirò su sul letto, il respiro affannoso. "Trevor?" sussurrò, toccando la spalla del ragazzo accanto a lui. Ma Trevor non rispondeva. I suoi occhi erano chiusi, il suo corpo rigido, quasi come se fosse… Un altro rumore. Questa volta più vicino. Ben si voltò verso la porta. Era socchiusa, e l’oscurità del corridoio sembrava quasi espandersi all’interno della stanza. Poi lo vide. Una figura alta, ferma sulla soglia. Un’ombra, nera e densa come pece, senza volto, senza tratti umani distinguibili. Solo una sagoma. Il sangue di Ben si gelò. Cercò di parlare, ma la voce gli morì in gola. L’ombra non si mosse. Poi, lentamente, allungò una mano verso di lui. Fu allora che Trevor si svegliò di colpo, emettendo un grido soffocato. L’ombra svanì. Ben si voltò verso Trevor, che respirava pesantemente, con il sudore che gli colava dalla fronte. "L’hai vista?" Trevor annuì, gli occhi ancora pieni di terrore. "Era qui… era nella mia testa." … Nel frattempo, Mark non dormiva. Da quando erano arrivati, aveva iniziato a prendere appunti, a scrivere ogni cosa strana che accadeva nella casa. Perché sì, c’era qualcosa che non andava, e il manager della band voleva vederci chiaro. Seduto al tavolo della cucina, sfogliava vecchi documenti che aveva trovato in una credenza. Alcuni sembravano risalire a decenni prima. Alcuni erano perfino scritti a mano, con una calligrafia elegante ma inquietante. C’era una lettera in particolare che lo colpì. "A chiunque venga dopo di noi, Questa casa non appartiene al nostro tempo. Non appartiene a nessuno. Non commettete l’errore di credere di poterla controllare. Non si può domare qualcosa che è sempre esistito. Noi abbiamo provato, e ora… ora siamo qui. Ma non nel modo in cui pensate. Se sentite sussurri, se vedete ombre… non rispondete. Non guardate. Non chiedete. Se lo fate, sarete parte di essa. Buona fortuna." Il cuore di Mark iniziò a battere più forte. Loro non erano soli lì dentro. E forse, nessuno di loro sarebbe mai uscito. … Luke, dopo essersi addormentato a fatica, si ritrovò intrappolato in un sogno. Ma non era un sogno normale. Era lì, nella casa, ma tutto era diverso. Il corridoio sembrava più lungo, le pareti si deformavano come se fossero vive. C’erano sussurri ovunque, parole che non capiva, sussurri che gli accarezzavano la pelle come mani invisibili. Poi la vide di nuovo. La coppia. Questa volta, erano più vicini. L’uomo lo fissava con occhi scuri, privi di luce. La donna si avvicinò ancora di più, fino a sfiorargli il volto con dita fredde come il ghiaccio. "Vieni con noi." Luke cercò di urlare, ma non uscì alcun suono. Poi si svegliò di colpo, con il cuore che batteva all’impazzata. Ma il peggio doveva ancora venire. Perché accanto al suo letto, nell’ombra, c’era qualcuno che lo stava osservando. E stavolta… non era un sogno.
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