Capitolo 6: Il Gioco della Casa

539 Parole
L’alba filtrava appena attraverso le tende impolverate della casa, ma il gelo della notte sembrava ancora sospeso nell’aria. Nessuno aveva dormito bene. Tutti, in un modo o nell’altro, avevano avuto esperienze inquietanti. Ma nessuno osava parlarne apertamente. Mark era il primo ad essersi alzato. Si passò una mano tra i capelli spettinati, ancora scosso dalla lettera che aveva trovato la notte prima. L’aveva riposta in un cassetto, lontano dalla vista, ma non dalla sua mente. Nel frattempo, in cucina, Ben fissava il fondo della sua tazza di caffè con aria assente, mentre Trevor accanto a lui giocava nervosamente con il bordo del tavolo. "Dobbiamo parlare di quello che sta succedendo," disse infine Mark, rompendo il silenzio. Ben alzò lo sguardo. "Cosa intendi?" Mark si appoggiò al tavolo, con il volto teso. "Sappiamo tutti che c’è qualcosa che non va in questa casa. Ieri notte ho trovato una lettera. Parlava di sussurri, ombre… e che questa casa non appartiene a nessuno." Trevor sgranò gli occhi. "Tu li hai sentiti?" Il silenzio fu la risposta. "Anche io," sussurrò Luke, entrando nella stanza con un’aria sconvolta. Aveva il volto pallido, gli occhi cerchiati di rosso. "Ho sognato la coppia, di nuovo. Ma questa volta… mi hanno toccato." "Era solo un sogno," minimizzò Ben, anche se neppure lui ne era convinto. "Non era solo un sogno," ribatté Luke, la voce tesa. "Quando mi sono svegliato… qualcuno era accanto al mio letto." Il silenzio calò nella stanza come un macigno. Jasper entrò in cucina in quel momento, seguito da Antony, entrambi ancora assonnati. "Che succede?" chiese Jasper, aggrottando le sopracciglia davanti alle espressioni tese degli altri. "Luke ha avuto una… visita notturna," spiegò Mark. Antony sbuffò. "State tutti suggestionandovi troppo. Siamo in una casa vecchia, isolata. Scricchiolii, ombre… è normale." Ma proprio in quel momento, qualcosa si mosse nella stanza accanto. Un rumore secco. Uno schianto. Tutti si voltarono di scatto. Antony fu il primo ad andare a vedere, con il solito atteggiamento scettico. "Vedrete che sarà solo una…" La frase gli morì in gola. La libreria della sala era caduta a terra, i libri sparsi ovunque. Ma quello che congelò il sangue a tutti fu il modo in cui erano disposti. Pagine aperte. Lettere sottolineate con un inchiostro che nessuno ricordava di aver mai usato. "GIOCATE CON ME" "Cos’è questa merda?" sibilò Trevor, il viso sbiancato. Mark si avvicinò ai libri, con il cuore che batteva forte nel petto. "Non è stato nessuno di noi." "Qualcuno ci sta prendendo per il culo," disse Ben, anche se la sua voce non aveva alcuna convinzione. Poi, un suono. Un lieve ticchettio, come un orologio. Tutti si voltarono verso l’angolo della stanza. Un vecchio orologio a pendolo, che fino a quel momento nessuno aveva notato, aveva ripreso a muoversi. Ma non segnava l’ora giusta. Le lancette giravano all’indietro. E poi si fermarono. Mezzanotte. Un vento gelido attraversò la stanza. E davanti agli occhi terrorizzati della band, una nuova coppia apparve. Due figure in abiti d’epoca, immobili nel centro della stanza. La donna aveva un vestito lungo, in pizzo, i capelli raccolti in una treccia elegante. L’uomo, invece, portava un abito grigio scuro, macchiato di sangue sul petto. La donna sorrise. "Benvenuti." Poi le luci si spensero.
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