XXVI. TERZETTOLascerò giudicare agli altri se fossi da biasimare o piuttosto da compiangere. L’astuzia, di cui mi sembra di essere abbondantemente dotato, non era però sufficiente per trattare le donne. Indubbiamente nel momento in cui svegliai Catriona stavo pensando soprattutto all’effetto che avevo fatto su Giacomo More; e ugualmente quando ritornai e ci sedemmo per la colazione, continuai a comportarmi verso la giovane donna con deferenza e rispetto; mi sembra tuttora che fosse la cosa più saggia. Suo padre aveva dubitato dell’innocenza della nostra amicizia ed era mio primo dovere dissolvere quei dubbi. C’è però una scusa anche per Catriona; una scena di tenerezza e di passione si era da poco svolta fra noi; ci eravamo scambiati baci e carezze e infine l’avevo staccata da me con la fo