William rientrò in casa e diede una rapida occhiata allo spazio circostante, trovando ogni cosa esattamente uguale a come l'aveva lasciata quella mattina. Nessuna sigaretta gettata sul pavimento, non una serie di bottiglie di alcolici (vuote ovviamente) sul tavolo e sul piano della cucina. Niente che potesse fargli pensare alla presenza della madre. Per assicurarsi della sua assenza, fece un giro generale della piccola casa, ma nulla. Avrebbe dovuto chiamare qualcuno? Rivolgersi alla polizia? Avrebbe dovuto aspettare almeno ventiquattro ore prima di chiamare per denunciare una sparizione, ma conoscendo sua madre, poteva benissimo essere sparita da qualche parte insieme a Argie? AJ? RJ? No, forse aveva a che fare con Re Artù, il nome di quell'idiota.
«Cazzo.» borbottò tra sé e sé, poggiando lo zaino sul divano e notando solo in quel momento una lettera poggiata sul tavolo. Aggrottò le sopracciglia e si avvicinò con fare guardingo, prendendola tra le mani ed esaminandola.
Era una semplice lettera bianca, nessuna scritta o un qualcosa che potesse far capire cosa contenesse. La aprì e trovò al suo interno un foglio ripiegato in varie parti, che estrasse e aprì, facendo cadere a terra due biglietti. Sbuffò maledicendosi e li raccolse, leggendo qualcuna delle scritte su questi, stupendosi nel notare fossero due biglietti del treno per Santa Monica. Prenotati giorni prima. Si accigliò e si dedicò al foglio, scoprendo che questo non conteneva altro che due parole:
DEBITO SALDATO.
Poggiò tutto sul tavolo e si sedette, non riuscendo a stare in piedi e sentendo un brutto presentimento riguardo sua madre. Era tutto troppo strano. D'accordo, era una persona terribile ma era raro che lasciasse casa propria, non ci teneva a farsi beccare dai "figli di puttana" ossia gli sbirri, e farsi prendere. In particolare, era sempre sotto l'effetto di droga e alcool, quindi perché rischiare di uscire in quelle condizioni se non l’aveva mai fatto prima? E perché due soli biglietti per Santa Monica? Aveva insistito così tanto per portare anche lui ed ora voleva fuggire con il coglione che era la sua nuova fiamma?
Sentì un fruscio fuori dalla finestra e sussultò sentendosi osservato, voltandosi ma non trovando nulla. Scosse la testa dandosi dell'idiota. Non era mica scappato, non doveva temere che qualcuno potesse fargli del male.
Sospirò e guardò i tre pezzi di carta davanti a lui, alzandosi e aprendo lo zaino poggiato sul divano, estraendo la foto che aveva preso dall'armadietto prima che le lezioni finissero, un minuto prima che Edward lo beccasse con le mani nel sacco. Voleva tenere il riccio fuori da tutto quello, ma al tempo stesso voleva parlarne con qualcuno.
James non se ne parlava, avrebbe voluto chiamare la polizia e no grazie, avrebbero arrestato sua madre (sempre se fosse tornata) e non era quella la sua intenzione. Sapeva che sarebbe finita male per lui.
Luke e Kyle l'avrebbero detto a James, di questo era sicuro al 100% quindi era anche inutile pensarci. Inoltre, loro non conoscevano la sua storia completamente, mentre Edward sì. Non tutta fino alla fine, ma la maggior parte.
Poggiò la foto accanto agli altri "reperti" e li guardò con sguardo corrucciato, grattandosi la nuca e scuotendo poi la testa, tornando a sedersi, prendendosi questa tra le mani e arruffandosi i capelli lisci. Sarebbe impazzito. Lo sentiva.
Il cellulare squillò spaventandolo e lo estrasse dalla tasca, notando il nome di Edward lampeggiare sullo schermo. Doveva rispondere? Forse era troppo agitato, ma se avesse rifiutato le sue chiamate l'altro si sarebbe preoccupato e non ci teneva a creargli altri problemi, non dopo essere sembrato un completo stronzo a causa dell'agitazione per aver trovato quella foto nel suo armadietto. Ed ora una lettera in casa? Sgranò gli occhi.
Se quella lettera era in casa sua, voleva dire che qualcuno era riuscito ad entrare. Scattò in piedi compiendo un giro su sé stesso proprio mentre il cellulare smetteva di squillare, ricominciando dopo pochi secondi e costringendolo a rispondere.
«Hey.» disse soltanto, continuando a guardarsi intorno, leggermente impaurito. Tutta quella storia lo stava distruggendo, sarebbe crollato. Tanto valeva dirlo al ragazzo.
«Hey? Tutto bene? Senti Will, non so se ho fatto qualcosa di spagliato ma è da prima che sei strano e-»
«Mi raggiungi a casa? Anzi no- niente. Ci vediamo ora al parco? È importante.» disse afferrando i vari fogli e reggendo il cellulare tra spalla e orecchio, sistemandoli nella tasca più piccola dello zaino, chiudendolo e uscendo rapidamente da casa chiudendo la porta attentamente.
Anche se Edward gli avesse detto che non potevano vedersi in quel momento, sarebbe uscito di casa. Stava sudando, aveva paura. Era tutto troppo sospetto, quella situazione era assurda ma al tempo stesso scioccante. Non ce l'avrebbe fatta da solo.
«Che succede?» ripeté Edward, con vari rumori in sottofondo subito dopo. William avrebbe scommesso che il riccio fosse appena sceso dal letto e stesse mettendo le scarpe. Poteva amarlo più di così?
Sgranò per un attimo gli occhi fermandosi nel bel mezzo delle scale. Amarlo? Andiamo, per favore! Stava chiaramente impazzendo e tutta quell'ansia gli stava dando alla testa. Fece un profondo respiro, ricordandosi poi che dall'altra parte del telefono il riccio aspettava una risposta. «Io sto-»
«Mentimi e giuro che vengo là solo per picchiarti, William.» lo interruppe con tono secco Edward. Una porta che sbatteva a coprire in parte la sua voce. Si, stava decisamente uscendo di casa. William lo adorava.
«Possiamo parlarne al parco?» chiese, uscendo dal palazzo. Sentì Edward accendere l'auto, «Non se ne parla. Dimmi l'indirizzo e passo a prenderti.» disse poi il riccio, borbottando un «Vaffanculo.» all'auto.
«Sono a casa mia. Cioè- beh quella vera.» borbottò tra sé e sé, fornendo poi l'indirizzo. «Fantastico, dammi cinque minuti e sono da te.» disse il riccio, attaccandogli il cellulare in faccia. William alzò gli occhi al cielo e si sedette sul marciapiede rimettendo il cellulare nella tasca e guardando la strada.
Non poteva fare a meno di pensare a cosa sarebbe potuto succedergli se sua madre fosse sparita. Era preoccupato per lei, ma non sapeva cosa fare e al tempo stesso, nonostante sembrasse crudele pensarlo, figuriamoci dirlo, si sentiva sollevato. Aveva sempre vissuto sotto l'ombra di sua madre, stando dietro ai suoi casini, alle sue storie d'amore finite male, alle sue sofferenze, alle sue decisioni improvvise e ai suoi sbalzi d'umore. Per non parlare del modo in cui lo trattava.
Non sapeva come sentirsi, francamente. Doveva essere dispiaciuto, triste, eppure al tempo stesso si sentiva sollevato. Che persona orribile era diventato?
Sbuffò e venne distratto dal clacson dell'auto di Edward, parcheggiata proprio davanti a lui. Si alzò dal marciapiede ripulendosi il sedere da possibili schifezze e salì in auto chiudendo lo sportello, poggiando lo zaino ai suoi piedi e facendo per mettere la cintura, ma venendo distratto dalle labbra di Edward sulle sue. Ricambiò immediatamente il bacio, lasciandosi stringere dall'altro e finendo senza neanche accorgersene sulle gambe del riccio a cavalcioni su di lui, le mani tra i ricci castani e il petto premuto contro quello del ragazzo.
Riprese a respirare (senza essersi manco accorto di aver trattenuto il respiro) solo quando Edward si scostò lasciandogli un ultimo bacio a stampo ma senza spostate le mani dai suoi fianchi.
Lo guardò interdetto, col respiro accelerato, «Questo era per?» chiese alzando un sopracciglio senza riuscire a nascondere un sorriso.
«Perché non ci siamo praticamente visti per niente oggi, mi hai ignorato per la maggior parte del tempo, mi mancavi e volevo capire se il tuo malumore avesse a che fare con me. Ma vedendo come la tua lingua-»
«Edward!» esclamò William sgranando gli occhi, «Sei un idiota.» lo apostrofò, scuotendo la testa e lasciandosi baciare nuovamente. Gli era mancato. Era mancato a qualcuno. Avrebbe potuto urlare, se solo non si fosse accorto di starsi quasi scordando il motivo per cui era così urgente vedersi. Edward gli aveva proprio fottuto il cervello.
«Mi ami.» bofonchiò Edward, con tono scherzoso, facendo comunque cadere il silenzio nell'abitacolo. William tornò sul proprio sedile e mise la cintura, «Andiamo?» chiese a disagio. Gli aveva per caso letto nel pensiero? Aveva avuto quel dannato dubbio poco prima, dannazione.
«Sì, andiamo.» disse in accordo il riccio, mettendo nuovamente in moto e partendo, concentrandosi sulla strada.
William si limitò a guardare i propri piedi. Non voleva sentire o dire quelle parole, era probabilmente l'ultima cosa a cui aspirava in quel momento.