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Una Divina Tragedia

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Trafiletto

Beatrice Mancini è una giovane donna intrappolata in una routine soffocante. Ogni giorno si sveglia per affrontare un lavoro senza via d'uscita presso una casa editrice, dove i suoi sogni sembrano sempre più lontani. Il suo capo, un uomo autoritario, affascinante e carismatico, la sovrasta con le sue richieste incessanti, alimentando la sensazione di essere schiacciata da aspettative irraggiungibili. A complicare tutto, c'è il vuoto lasciato da una madre emotivamente distante, che la fa sentire sola anche nei momenti più difficili.

Per sopravvivere, Beatrice si rifugia nell'unico mondo che le offre un po' di pace: la lettura. Tra le pagine dei libri, riesce a evadere, trovando conforto e ispirazione. Ma sarà proprio questo mondo di parole e storie a trasformarsi in qualcosa di inaspettato. Un giorno, mentre si perde nell’ennesimo romanzo, scopre una porta nascosta tra le righe, un passaggio che la condurrà non solo a vivere le storie che ha sempre letto, ma a scriverle, dando vita alla scrittrice che ha sempre sognato di diventare.

Il viaggio di Beatrice, però, non sarà semplice. Attraverso un percorso tanto magico quanto imprevedibile, tra realtà e finzione, dovrà affrontare le sue paure, confrontarsi con il suo capo – che si rivela ben più complesso di quanto avesse immaginato – e soprattutto trovare la propria voce. Ma riuscirà davvero a spezzare il loop che la tiene prigioniera e riscrivere il suo destino?

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Capitolo I : Beatrice
Uno squillo, un piccolo trillo, un rumore che ormai era diventato il mio peggior incubo. Tolsi gli occhiali e li posai sulla scrivania tempestata di documenti e manoscritti, strinsi gli occhi e portai le mani tra i capelli per cercare di lenire il mio mal di testa. Potevo farcela, erano già le sei e tra poco meno di un’ora mi sarei ritrovata accovacciata sul mio comodo divano a sorseggiare vino e a godere del mio riposo. Un altro squillo… “ De Luca Editori, come posso esserle utile?” sforzai la voce, in que l momento avrei voluto fare tutto ma non fingere di essere affabile e gentile dopo ore di lavoro sfiancante. “ Beatrice , possibile che ancora non riconosci il numero interno?” alzai gli occhi al cielo, avrei voluto dirgli di chiudere il becco insieme ad una miriade di parole poco educate ma strinsi i denti e mantenni il mio solito contegno . “ Mi perdoni direttore non ho…” “Bando alle ciance Mancini, vieni nel mio ufficio e porta tutti i manoscritti di oggi” Riattaccò senza aspettare risposta. Pensai a tutte le ragioni che non mi permettevano di licenziarmi, sbuffai, posai gli occhiali sul mio naso e presi con me i cinque malloppi che Matilde, una delle stagiste, mi aveva gentilmente portato quella mattina. Percorsi in silenzio il piccolo corridoio che mi separava dall’ufficio , sguardo basso e mente offuscata dalla stanchezza, sentivo solo il ticchettio dei miei tacchi sul parquet. Mi chiesi come mai riuscissi a sentire i miei passi, ma sorrisi per la sciocchezza dei miei pensieri. Era Sabato e gli unici due individui in quell’enorme gabbia di vetro eravamo io e lui. Pochi minuti, pochi istanti ancora e anche io sarei stata libera. La porta era semi aperta, lui mi aspettava dentro e da quanto urlava era evidente fosse coinvolto in una conversazione animata, ma anche quello per me non era una novità. Non mi disturbai a bussare, spinsi la porta con la “spalla tenendo ben saldi i fogli tra le braccia; De Luca camminava avanti e indietro per la stanza sembrava un leone in gabbia pronto ad azzannare chiunque ci fosse stato all’altro capo del telefono. Mi diressi alla sua scrivania dove posai gli ultimi manoscritti della giornata per poi voltarmi incrociando le braccia al petto. Lui voleva parlarmi e io dovevo attendere che finisse la chiamata in silenzio, com e una brava assistente. Profittai di quei momenti per esaminare lo spazio circostante, non era la prima volta che entravo in quella stanza, anzi direi che potesse essere considerata più casa mia quell’ufficio che l’appartamento in cui vivevo. Non mi piaceva il colore alle pareti, era asettico privo di vita e non lo consideravo nemmeno un colore; era un misto tra bianco e giallo che non tendeva né verso l’uno né verso l’atro , era solo un risultato pessimo di un opera mediocre. Un movimento mi destò, De Luca si era appena stravaccato sul divano facendo cadere decine di fogli sul pavimento. Possibile che un uomo come lui potesse essere così disordinato? Il suo ufficio era un macello, libri, documenti e manoscritti erano sparsi per tutta la stanza e non si curava “nemmeno di raccoglierli quando cadevano per terra . Pretendeva che lo facessi io, pretendeva tutto da me, che rispondessi al telefono, che sistemassi la sua agenda che prenotassi viaggi, hotel e qualunque cosa di bislacco gli venisse in mente. Quando per la prima volta misi piede alla De Luca Editori, avevo degli obbiettivi precisi, avrei lavorato sodo per farmi notare e al momento opportuno avrei presentato il mio manoscritto. Mi chiedevo tutti i giorni cosa ne fosse stato del sogno di quella ragazza. Erano passati tre anni e in quell’istante il mio unico obiettivo era far tacere quel buzzurro e uscire di lì . “Beatrice se hai finito di sognare ad occhi aperti, dovresti aggiornarmi sulle ultime date di uscita” scossi la testa e tornai alla realtà . “Potrebbe quantomeno rivolgersi con più garbo?” inarcai un sopracciglio e attesi la sua risposta . “ I tuoi modi di fare stanno davvero cominciando a darmi sui nervi”, lui si alzò dal divano chiudendo il bottone della sua giacca e si avvicinò a me . “Potrebbe sempre rivolgersi alle risorse umane” mi guardò torvo e io azzardai un sorrisetto . “ Sei qui perché sei utile anche se poco a modo. ” L’utilità di cui parlava si riferiva al fatto che prima di me ogni assistente faceva le valigie in meno di un mese. “Mi ha chiamato per degli aggiornamenti, giusto?” cambiai discorso, e misi su la mia solita espressione austera e professionale. Anche lui notò il cambiamento, per questo fece un passo indietro e si ricompose. “ Sì Beatrice , ho bisogno delle date di uscita della prossima settimana, inoltre dovresti leggere questi manoscritti. ” Seguii con lo sguardo i suoi movimenti, raggiunse con poche falcate la libreria in mogano in fondo alla stanza. Ho sempre pensato che quell’ufficio fosse troppo grande per una sola persona eppure per De Luca anche quello spazio sembrava stretto. Lo stile moderno ed eccentrico dominava l’ambiente, perfino la scrivania di vetro aveva una forma così strana da non poter neppure essere descritta. Solo quella libreria confinata al fondo tra il divano di pelle bianca e la porta “d’ingresso stonava completamente. A mio parere era il pezzo più bello dell’arredamento, una libreria antica con venature così scure da sembrare tinte di nero. Confinata in quell’angolo essa esprimeva la sua maestosità con grazia aspettando che qualcuno raccontasse la sua storia. “ Beatrice potresti ascoltarmi?!” scossi la testa e riportai lo sguardo su di lui che a giudicare dal suo cipiglio non era affatto contento. “ Se solo non fosse così poco ordinato si sarebbe accorto che le date di uscita sono sulla sua scrivania da questa mattina” mi voltai e ancheggiando raggiunsi l’ammasso di fogli accumulati. Conoscevo bene le abitudini del mio capo per questo avevo messo il post-it con le date nell’unico luogo in cui non c’era rischio di perdita . “ Lo hai attaccato sullo schienale della sedia?” mi venne da sorridere , forse per la sua espressione contrita o forse per il fatto di averlo sorpreso. Feci spallucce e gli porsi il biglietto. “ Come cazzo ti è venuto in mente?! Potevano perdersi accidenti!” Alzai gli occhi al cielo, Ah! gli uomini dannato chi li ha inventati! “ Se li avessi accuratamente stampati e messi tra i documenti a quest’ora staremmo cercando quel foglio per tutto l’ufficio. ” “ Mi reputi davvero così stupido?” Incrociò le braccia al petto e il tessuto della camicia si strinse attorno ai suoi muscoli. Il Signor De Luca aveva di certo un bell’aspetto, nel suo fiore degli anni quell’uomo incarnava il prototipo di principe azzurro delle favole, alto, posato, occhi azzurri e schifosamente biondo. Peccato però che in questa storia il principe azzurro in realtà era il cattivo e piuttosto che salvare principesse le mangia a colazione. L’unica donna capace di domare quel suo carattere infernale era la sua Elisa, una dolce e tenera bimba dagli occhi smeraldo che ti fa ceva sciogliere con un solo sguardo. “ No Signore, la reputo solo abitudinario, lei preferisce lavorare sul divano e su quella sedia poggia il sedere solo in presenza di clienti. Oggi non aveva nessun appuntamento per cui, quello lì era l’unico luogo incolume dal tornado che colpisce il suo ufficio ogni giorno. ” Sgranò gli occhi dallo stupore, anche io ero stupita da me stessa, non ero mai troppo sfacciata con lui, preferivo sfogare le mie ire a casa con il mio coinquilino o con il mio povero gatto. Le fauci del mio c apo tornarono presto al loro posto, lasciando quel sorrisetto da stronzo che lo caratterizzava. “ D’accordo, allora non ti resta che leggere i manoscritti e portarmeli entro lunedì con la prima correzione” vidi la pila di fogli che mi porgeva e cominciai a sudare freddo, il mio tanto agognato weekend sarebbe trascorso su quei dannati manoscritti! “ Non crede che anche a me tocchi un fine settimana libero ogni tanto?” Stava davvero superando i limiti. “ Io ti pago per lavorare, o lo hai dimenticato ?” “ Lei mi paga dal lunedì al venerdì” sottolineai quasi ringhiando dalla rabbia. “ Sappiamo entrambi che non hai di meglio da fare che leggere quei libri.” Strinsi i pugni lungo i fianchi e cercai di tenere a bada i miei impulsi omicidi. “ Non credo che lei possa sapere cosa faccio durante i miei weekend e ad ogni modo la mia vita privata non è affare suo.” Gettai i manoscritti sulla scrivania dietro di me e mi diressi a passo svelto alla porta. Prima di uscire decisi di dedicare due ultime paroline al mio capo : “ Le auguro un weekend rilassante Signor De Luca, le assicuro che io mi godrò il mio” feci un sorrisetto e girai i tacchi. Entrai in casa sbuffando, ero contenta di aver messo in riga quello stronzo borioso ma ero anche incazzata perché quello che mi aveva detto era la verità. Io non avevo davvero di meglio da fare… il mio piano era quello di crogiolarmi in un bel romanzo con pizza e coperta in pile, un vero spasso eh? “ Bibi! Sei tornata!” vidi sbucare dal corridoio il mio coinquilino con un sorriso a trentadue denti pronto a stritolarmi in uno dei suoi abbracci. Lui era un tipo da manifestazioni d’affetto in grande stile mentre io…non proprio. “ Dovresti smetterla di chiamarmi Bibi “ lui si portò una mano sul cuore inscenando una smorfia oltraggiata che mi fece ridere. “ Vedi tesoro, io non posso smettere di chiamarti Bibi” alzai gli occhi al cielo e raggiunsi la mia stanza . “ E sentiamo perché non puoi smettere?” “ Perché non ci sarebbero più Stef e Bibi senza Bibi non pensi?” infilai la maxi felpa e con ancora i capelli davanti gli occhi gli feci il dito medio facendolo ridere. Non aveva poi così tanto torto, noi eravamo Stef e Bibi, migliori amici dal liceo inseparabili come gemelli. Stefano era il mio migliore amico, l’unico che avesse mai avuto il coraggio di difendermi davanti mia madre. “ Sembravi nera quando sei entrata, tutto bene a lavoro?” feci una smorfia, per un momento avevo dimenticato quel dannato uomo e adesso, rieccolo. “ Quell’uomo è un vero diavolo!” Prima che potessi raccontare la mia avventura del giorno il mio telefono iniziò a squillare e sullo schermo vidi il nome: mamma. Dal mio cipiglio Stefano capì chi fosse il mittente. “ Ah! Aproposito di diavoli...” si dileguò dalla stanza prima che potessi rispondere, Stefano odiava mia madre e di sicuro non gli si poteva dare torto. “ Pronto, mamma” “Beatrice ma dove diavolo ti eri cacciata? Ti ho chiamata per tutta la mattina! ” “Ero a lavoro, dovresti sapere che non rispondo alle chiamate personali. ” “Tu e quello stupido lavoro! Dovresti trovarti un uomo piuttosto e per farlo dovresti perdere quei fianchi che ti ritrovi. ” Ormai gli insulti di mia madre non facevano più effetto, ero finalmente in pace con il mio corpo e nemmeno lei avrebbe potuto scalfire quell’equilibrio. “Non ho bisogno di un uomo mamma, ma di lavorare e guadagnarmi da vivere da sola” “Se sposassi Roberto non avresti bisogno di lavorare. ” Bleah! Mia madre cercava di rifilarmi quel verme viscido da quando compii diciotto anni! “Senti mamma, perché non vai a raccontare queste idiozie alle tue amiche del brunch? Io ho da fare. ” “Beatrice Mancini non ti azzardare ad attaccare il telefono altrim… ” chiusi la conversazione non provando nessun rimpianto per aver attaccato in quel modo. Tirai un sospiro e andai in cucina dove il mio coinquilino era già intento a preparare la cena. La nostra casa non era una reggia ma ci accontentavamo, in fondo l’affitto era buono e avevamo tutto il necessario per vivere bene. La piccola cucina si separava dall’ingresso da un arco in pietra e dalla parte opposta un piccolo corridoio conduceva alle camere da letto entrambe dotate di bagno in camera. Mi stravaccai sulla sedia poggiando la testa sul tavolo stanca e adirata. “Quella donna non ha un briciolo di rispetto, non so come il mio povero padre possa averla sposata. ” Mio padre era un brav’uomo, un poliziotto che ha dato la vita per il suo lavoro lasciando una bambina di appena cinque anni sotto la tutela di una madre che non l’ha mai apprezzata. Sollevai il capo e vidi lo sguardo di Stefano carico di comprensione. “ Sono un fallimento Stef.” Lui mi raggiunse al tavolo sedendosi di fronte a me . “ Tua madre dice solo stronzate Bibi e tu dovresti saperlo. ” Mi morsi il labbro, mia madre era una stronza ma De Luca? “ Ho litigato con De Luca oggi…” “ Oh! Finalmente hai detto a quello stronzo come ci si comporta?” “ Mi ha praticamente detto che sono un fallimento e che non ho vita sociale” sbuffai e presi a giocherellare con una ciocca dei miei ricci. “ E la cosa che più ti scoccia sarebbe?” “ CHE HA RAGIONE! Cazzo Stef, mi voleva rifilare dei manoscritti perché sapeva che non avrei avuto di meglio da fare di venerdì sera!” “ Bibi, hai concesso a quell’uomo di sfruttarti per anni! Non hai praticamente altra vita fuori da quell’ufficio. ” “ Ah grazie, tu si che sei di conforto!” rimisi il capo sul tavolo sbuffando, sapevo che Stef avesse ragione ma cosa potevo farci? Se mi fossi licenziata avrei perso quell’ultimo briciolo di speranza di diventare scrittrice. “ Adesso basta Bi! Stasera usciamo con i ragazzi e non rifilarmi le solite stronzate da nonnetta perché ti porto fuori a forza. ” “ Non se ne parla Stef, conosco le tue fantomatiche uscite con i ragazzi e so che non finiscono mai bene.” “ Mi dispiace cara la mia Bibi ma tu stasera esci con me ” “ Bene perfetto! Ma non ho intenzione di mettermi in ghingheri. ” Uscii dalla stanza più incazzata di prima e cosciente del sorrisetto malizioso del mio coinquilino che aveva decisamente vinto la battaglia. Quando raggiunsi l’ingresso per prendere il cappotto e la borsa mi accorsi dello sguardo di Stef. “ Mi spieghi che fine ha fatto il tuo non ho intenzione di mettermi in ghingheri? ” Guardai in basso i miei sandali argentati e lisciai il mio vestito cremisi , non avevo intenzione di esagerare ma ripensando al fatto che non uscivo da secoli pensai che potessi osare un po’. “ Dici che è troppo?” Mi sentivo in imbarazzo sotto lo sguardo inquisitore di Stefano. “ Stai scherzando? Bibi dovrò tenere tutti lontani da te stasera” Risi alzando il capo e incontrando i suoi occhi color miele, non mi ero accorta di quanto stesse bene con quella camicia in lino bianco. “ Sei molto sexy con quella camicia sai?” I suoi occhi brillarono e mi rivolse il suo sorriso più sincero . “ Stai cercando di portarmi a letto per caso?” alzai gli occhi al cielo e gli colpii la spalla con la borsetta. Nessuna ragazza avrebbe rifiutato un invito celato come quello ma io ero intenzionata a farlo; tra noi due non avrebbe mai funzionato e nonostante ci avessimo provato una volta non era scattata la scintilla giusta. “ Stavo cercando di essere gentile, ma tu sei il solito stronzo donnaiolo quindi hai perso il mio unico momento di affetto e benevolenza nei tuoi confronti” “ Ah che peccato! Mi sarebbe piaciuto togliere quel pezzetto di stoffa che a mala pena ti copre il culo.” Lo colpii ancora ma questa volta con molta più enfasi.” “ Esci di qui prima che ti faccia un occhio nero!” Lui alzò le mani in segno di resa e uscì dalla porta dirigendosi verso l’auto. Allacciai la cintura di sicurezza mentre Stef accendeva una sigaretta prima di ingranare la marcia . “ Non potresti evitare di fumare in auto?” “ Mia l’auto, mie le regole e qui si fuma!” “ Sei davvero un bambino Stef. ” “ E tu una rompipalle tesoro, ma ti voglio bene lo stesso. ” Passai il resto del tragitto guardando fuori dal finestrino, quando ero bambina giocavo sempre ad immaginare storie buffe sui passanti. Lo faccio anche adesso, ma non sono più storielle divertenti, ora immagino semplicemente la loro vita. Quel tizio lì con il cane, aveva il viso corrucciato e camminava velocemente, probabilmente era stato strappato via dalla sua comoda poltrona dalle urla di una moglie arrabbiata. Quei due ragazzi appena usciti dal cinema, si stavano baciando, sembravano felici della loro serata ed era probabile che lui la invitasse a casa sua per un drink per poi fare l’amore tutta la notte. Una voce interruppe i mei pensieri. “ Bibi siamo arrivati” Scesi dall’auto e venni travolta da due braccia possenti. “ Bea! Santo cielo allora sei viva! Non ti vedo da una vita!” Sorrisi riconoscendo la voce di quello scimmione che non aveva avuto alcun rispetto dei miei spazi vitali . “ Sono viva Luigi, ma mi stai stritolando!” Lui mollò la presa e i miei polmoni si espansero. “Scusa Bea ma sono troppo felice che tu sia qui.” Arrossii per quelle parole, Luigi era un caro amico di Stef e si era sempre dimostrato gentile con me. Salutai anche Luca e Marco che mi accolsero con calore e poi ci avviammo verso il locale che distava qualche metro dal parcheggio. La musica assordante si sentiva dall’esterno, i ragazzi mi dissero che si trattava di un nuovo locale e quella sera si festeggiava l’inaugurazione , per questo non pagammo un solo centesimo all’ingresso.” “ Andiamo a prendere da bere?!” mi avvicinai a Stefano per evitare di perderlo tra la folla, non mi piacevano molto i locali come quello, preferivo di gran lunga qualcosa di più semplice come un libro e un bicchiere di vino. Adesso basta Bi! Sei qui per bere e divertirti. La mia coscienza aveva ragione, ero lì per divertirmi e godermi finalmente una serata come una qualunque venticinquenne. “ Ehi Stef io vado a ballare vieni con me?” Il mio amico fece un segno negativo con la testa lasciandomi sola. La musica mi piaceva e l’alcool in corpo era quello giusto quindi decisi di andare da sola in pista. Mi muovevo sinuosamente a ritmo di musica fin quando due mani si posarono sui miei fianchi facendomi sussultare. “ Scusa, non volevo spaventarti!” la sua voce cercava di contrastare la musica mentre io ero completamente affascinata dai suoi occhi che mi fissavano. Il colore giallo delle iridi spiccava per fino nel buio del locale, non avrei mai pensato che un colore del genere potesse esistere geneticamente. “ Ehm…non preoccuparti!” accennai un sorriso e feci per allontanarmi da lui “ Aspetta! vuoi ballare?” guardai la sua mano tesa verso di me e riflettei, tutto ciò a cui riuscivo a pensare era pericolo ma tutto ciò che volevo era lasciarmi andare per una sola volta. Studiai quel ragazzo, non poteva avere più di trent’anni ed aveva un bell’aspetto. Esitai ancora un po’ poi gli tesi la mano e accettai il suo invito. *** Un suono assordante cercava di distruggere i miei timpani, prima o poi smetterà pensai ma dopo minuti che sembrarono ore non avevo più altre chance. Aprii gli occhi in uno stato confusionale, cercai il telefono ma mi resi ben presto conto che non era quella la fonte di rumore. Gettai lo sguardo alla mia destra e sgranai gli occhi quando vidi un ragazzo mezzo nudo sdraiato sul mio letto. Non ricordavo molto della sera precedente, come diavolo c’era arrivato quello, lì? Il campanello non cessava di suonare peggiorando il mio mal di testa infernale. Raggiunsi l’ingresso in poche falcate pronta ad aggredire chiunque avesse il coraggio di presentarsi qui di Sabato alle otto del mattino. Non appena aprii la porta per la foga persi l’equilibrio finendo sul petto di un uomo. “ Beatrice, mi chiedevo proprio quando avresti deciso di aprire la porta.” Mi si gelò il sangue, quella voce io la conoscevo bene, era il mio peggior incubo. Velocemente mi rimisi eretta e incontrai gli occhi azzurri del Signor De luca, era in perfetta forma ma la sua camicia era stropicciata come se qualcuno gli fosse finito addosso… io per l’appunto. I suoi occhi si abbassarono per un attimo poi alzò un sopracciglio incrociando le braccia al petto, fu in quel momento che capii il motivo della sua espressione; stavo sull’uscio della porta con di fronte il mio datore di lavoro e indossavo solo la biancheria intima. “ Bibi mi dici chi cazzo è a quest’ora?” pensavo che non potesse andare peggio ma rettificai i miei pensieri quando il mio coinquilino si presentò alla porta con i capelli scarmigliati indossando solo dei boxer. Notai subito l’espressione di De Luca, un misto tra il sorpreso e incazzato? “ Tesoro va tutto bene?” il secondo uomo in casa fece la sua comparsa poggiando le sue mani sulle mie spalle con fare possessivo. Me lo scrollai di dosso e cercai di recuperare la situazione, per quanto potessi. “ Non è come crede! Io posso spiegare…” “ Non è necessario Signorina Mancini, avrei dovuto chiamare. Ci vediamo lunedì. ” “ No! Aspetti! Io non… loro non sono…” Non mi diede il tempo di dire altro perché salì sulla sua auto e sfrecciò via. “ Bibi mi spieghi cosa cazzo è successo?” Mi girai verso Stef ancora confuso e lo scansai chiudendomi in camera mia . Se De Luca pensava non avessi una vita adesso chissà cosa starà pensando di me, accidenti! Come farò a guardarlo in faccia Lunedì? Sono fottuta.

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