CAPITOLO 2 Il Cacciatore Nella Biblioteca

1589 Parole
Erano trascorse due notti da quell'incontro di sguardi sotto la pioggia. Due notti in cui Stefano aveva finto di immergersi nei suoi libri, ma ogni suo senso soprannaturale era teso come una corda d'arco, in attesa. Aveva sfogliato trattati di alchimia medievale senza riuscire a leggere le parole, aveva riordinato scaffali già perfettamente in ordine e aveva persino provato a nutrirsi con una delle sue riserve private, ma il sangue conservato gli era sembrato insipido, privo della vita pulsante che solo la passione poteva donare. Il martedì sera, quando l'orologio della biblioteca rintoccò le nove, Stefano lo sentì arrivare prima ancora di vederlo. L'odore di pioggia fresca e acciaio temperato si insinuò nell'aria viziata della biblioteca come un richiamo primitivo. Il battito di un cuore forte, accelerato dall'adrenalina, echeggiò nelle sue orecchie sensibili. E sotto tutto questo, persistente e tagliente come una lama, il profumo metallico dell'argento. I passi risuonarono sull'antico pavimento di marmo del corridoio principale. Fermi, decisi, senza esitazione. Chi stava arrivando conosceva la strada, aveva studiato la pianta dell'edificio, pianificato ogni mossa. Un vero predatore non lasciava nulla al caso. Stefano non alzò gli occhi dal volume di poesie barocche che teneva aperto davanti a sé, ma ogni fibra del suo essere era elettrizzata dalla vicinanza. Poteva percepire ogni dettaglio: i jeans di denim pesante che sfregavano contro le cosce muscolose, il cuoio della giacca che scricchiolava a ogni movimento del petto, il metallo freddo nascosto nella tasca interna. Una pistola, senza dubbio. Modificata, benedetta, letale per la sua specie. La porta della sala lettura si aprì cigolando leggermente. Stefano contò mentalmente i passi, sette, prima di sollevare lo sguardo con studiata lentezza, come se fosse davvero assorto nella lettura. L'uomo che si trovò di fronte superava ogni sua fantasia. Alla luce calda delle lampade della biblioteca, senza il cappuccio a nasconderne i lineamenti, era una visione che toglieva il respiro anche a un morto. I capelli scuri, ancora umidi per la pioggia autunnale, si arricciavano leggermente sulla nuca abbronzata. Gli occhi grigi che lo avevano tormentato per due notti erano ancora più penetranti da vicino, ombreggiati da ciglia folte che davano al suo sguardo un'intensità felina. La giacca di pelle nera, consumata nei punti giusti, fasciava spalle larghe e un petto che prometteva forza e calore. Ma ciò che colpì di più Stefano fu l'espressione del suo volto. Non c'era sorpresa, né incertezza. Solo la fredda determinazione di chi è venuto per portare a termine un compito. E qualcos'altro, nascosto dietro quella maschera di controllo: una fame che rispecchiava la sua, un desiderio pericoloso che lottava per essere contenuto. "Posso aiutarla?" La voce di Stefano scivolò nell'aria come seta nera, apparentemente calma ma carica di correnti sotterranee. Chiuse il libro con un gesto elegante e si alzò dalla scrivania, ogni movimento una dimostrazione inconsapevole della grazia soprannaturale che tre secoli gli avevano donato. L'uomo si liberò della giacca di pelle con gesti sicuri, appendendola alla sedia più vicina. Sotto indossava un maglione nero a girocollo che aderiva al torso come una seconda pelle, mettendo in risalto la muscolatura definita di chi si allena non per vanità, ma per necessità. I jeans scuri seguivano le linee delle sue gambe lunghe e potenti e, quando si mosse verso il bancone, Stefano notò l'andatura controllata di un combattente. "Cerco informazioni su creature della notte," disse, e la sua voce era un contrasto affascinante: roca come whisky invecchiato, ma con un lieve accento meridionale che la rendeva calda come miele selvatico. "Leggende, miti antichi, avvistamenti documentati." «Studioso di folklore?» Stefano sollevò un sopracciglio, mantenendo un'espressione di cortese interesse. Internamente, ogni istinto gli urlava di fuggire o attaccare. Questo uomo era pericolo incarnato, la morte che camminava su due gambe. Eppure, non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle labbra che pronunciavano parole di distruzione con la sensualità di una carezza. "Qualcosa del genere." L'uomo si avvicinò al bancone, e il suo profumo - una miscela di pioggia, cuoio e qualcosa di indefinibilmente mascolino - invase i sensi ipersensibili di Stefano come una droga. "Mi hanno detto che qui c'è una sezione... particolare. Riservata a chi sa cosa cercare." La distanza tra loro si era ridotta a pochi metri, abbastanza perché Stefano potesse vedere le piccole cicatrici che segnavano le mani dell'uomo. Battaglia. Quelle non erano le mani di uno studioso, ma di un guerriero che aveva affrontato cose che la maggior parte degli esseri umani non poteva nemmeno immaginare. "Dipende da cosa intende per 'riservato'," rispose Stefano, appoggiando le mani sul marmo freddo del bancone. "Non tutti i visitatori hanno le... qualifiche necessarie per accedere a certi materiali." Un passo ancora. L'uomo ora era così vicino che Stefano poteva contare le sfumature di grigio nei suoi occhi, vedere il modo in cui la luce delle lampade si rifletteva sulla pelle olivastra del collo. Una catenina d'argento brillava contro la base della gola, mezza nascosta dal colletto del maglione. Argento puro, lo sentiva bruciare nell'aria come un piccolo sole ostile. "Vampiri." La parola cadde tra loro come una pietra in uno stagno, creando onde di tensione che si propagarono in tutta la sala. "Tutto quello che avete sui vampiri." Stefano non batté ciglio, anche se una lama di ghiaccio gli percorse la spina dorsale. Tre secoli di recitazione gli permettevano di mantenere un'espressione perfettamente neutra, ma dentro di lui qualcosa urlava. Questo era il momento della verità, il punto di non ritorno. "Argomento affascinante," disse con voce levigata come vetro antico. "Posso chiederle il motivo di questo... interesse specifico?" Gli occhi grigi si fecero più penetranti, studiando ogni micro-espressione sul volto di Stefano come se stessero leggendo un libro aperto. "Ricerca personale. Ho avuto degli... incontri ravvicinati di recente." "Davvero?" Stefano si chinò leggermente in avanti, fingendo curiosità accademica mentre ogni muscolo si preparava a scattare. "E come sono andati questi incontri?" Il sorriso che curvò le labbra dell'uomo fu affilato come una lama. Non raggiunse gli occhi, che rimasero freddi e calcolatori. "Bene. Per me, almeno." Il silenzio che seguì fu denso, elettrico. Stefano sentiva la tensione crescere tra loro come una corda che si tendeva fino al punto di rottura. Questo non era un ricercatore qualunque. Era qualcuno che aveva fatto del dolore la sua professione, qualcuno che conosceva i segreti delle tenebre e sapeva come distruggerli. Eppure, dietro quella maschera di pericolo controllato, Stefano percepiva altro. La leggera accelerazione del battito cardiaco quando i loro sguardi si incrociavano. Il modo in cui la mano dell'uomo si stringeva impercettibilmente quando lui si muoveva. Il profumo di adrenalina che non era solo paura o aggressività, ma qualcosa di più complesso, più primitivo. Attrazione. Impossibile, suicida, ma inequivocabile. Stefano si raddrizzò, e il movimento fluido della sua grazia soprannaturale non passò inosservato. Vide l'uomo irrigidirsi quasi impercettibilmente, la mano destra che si spostava verso la tasca interna della giacca in un gesto automatico. "Mi segua," disse Stefano, dirigendosi verso il corridoio che portava agli archivi. "Credo di avere esattamente quello che cerca." Si mosse con la grazia di un danzatore, ogni passo calcolato per sembrare umano pur mantenendo l'eleganza che gli era naturale. Dietro di lui, sentiva l'uomo seguirlo con la cautela di un predatore che entra nel territorio di un rivale. I passi erano silenziosi sul marmo, ma Stefano percepiva la tensione in ogni fibra del corpo che lo seguiva. Il corridoio degli archivi era illuminato da applique in ottone che creavano pozze di luce dorata alternate a ombre profonde. Le loro sagome si allungavano sui muri di pietra antica, danzando come spiriti in un rituale proibito. Stefano rallentò leggermente, permettendo all'uomo di raggiungerlo. "Non mi ha detto il suo nome," osservò, senza voltarsi. "Lorenzo." La risposta arrivò dopo una pausa appena percettibile. "Lorenzo Ferrante." Il nome si incastonò nella mente di Stefano come un pezzo di puzzle che trova finalmente il suo posto. Lorenzo. Adesso aveva un nome per quella ossessione, un suono da associare al volto che lo tormentava nei sogni. "Stefano Rossi," si presentò a sua volta, fermandosi davanti alla porta blindata degli archivi speciali. "Curatore della sezione... esoterica." Mentre estraeva la chiave antica dalla tasca del gilet, sentì Lorenzo avvicinarsi. Il calore del suo corpo era una presenza tangibile nello spazio ristretto del corridoio, il suo respiro un sussurro appena udibile nel silenzio. Per un momento, Stefano fu tentato di voltarsi, di guardare negli occhi quell'uomo che rappresentava la sua possibile distruzione e, al tempo stesso, qualcosa che non osava ancora definire. Invece aprì la porta e si fece da parte. "Prego. Il mondo delle tenebre l'aspetta." Lorenzo gli passò accanto per entrare nella stanza, e per un istante i loro corpi si sfiorarono. Il contatto durò meno di un secondo, ma fu come essere colpiti da un fulmine. Il calore vitale di Lorenzo bruciò attraverso gli abiti, scontrandosi con il freddo soprannaturale di Stefano in una scarica di pura energia. Entrambi si fermarono. I loro sguardi si incontrarono, e in quegli occhi grigi Stefano vide il riflesso della sua stessa sorpresa. Lorenzo lo aveva sentito. Il freddo, l'innaturalezza. E Stefano aveva sentito la vita che pulsava in lui, selvaggia e indomabile. Il momento si spezzò quando Lorenzo entrò nella stanza degli archivi, ma l'eco di quel contatto rimase nell'aria come una promessa. O una minaccia. Stefano lo seguì, chiudendo la porta alle loro spalle. Ora erano soli, predatore e cacciatore, in uno spazio dove i segreti più profondi dell'oscurità aspettavano di essere rivelati. E mentre osservava Lorenzo avvicinarsi agli scaffali carichi di volumi antichi, si rese conto che la vera caccia era appena iniziata.
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