L'appartamento di Stefano si trovava al quinto piano di un palazzo del XVI secolo nel cuore di Trastevere, nascosto dietro una facciata anonima che non tradiva la ricchezza e l'eleganza degli interni. Quando Lorenzo varcò la soglia, il respiro gli si bloccò in gola. Era come entrare in un museo privato: dipinti rinascimentali alle pareti, mobili d'epoca perfettamente conservati, scaffali che salivano fino al soffitto affrescato carichi di libri antichi e manoscritti rari.
"Tre secoli di collezione," disse Stefano, notando lo stupore negli occhi grigi di Lorenzo. "Quando hai l'eternità, tendi ad accumulare ricordi."
Lorenzo si girò lentamente, assorbendo ogni dettaglio. Un ritratto di una donna dai capelli scuri e gli occhi gentili lo colpì particolarmente. "Chi è?"
"Mia sorelle, Isabella." La voce di Stefano si fece sommessa. "È morta di febbre tre giorni dopo la mia trasformazione. Non ho mai saputo se Aurelius l'abbia uccisa di proposito o se sia stata solo... sfortuna."
"Mi dispiace." Lorenzo si avvicinò al ritratto, vedendo la somiglianza nei lineamenti delicati, negli occhi scuri pieni di calore. "Era bellissima."
"Come tua sorella." Stefano gli si avvicinò da dietro, le mani che si posarono gentilmente sulle sue spalle. "Ho visto la sua foto nel tuo portafoglio, quella notte in biblioteca. Francesca aveva la stessa luce negli occhi."
Lorenzo si appoggiò contro il petto di Stefano, il calore del suo corpo che contrastava con la freddezza vampirica in un modo che ora non gli sembrava più alieno, ma perfetto. "Voleva salvare il mondo. Stupida, coraggiosa Francesca. Pensava sempre che bastasse amare abbastanza forte per guarire qualsiasi ferita."
"Forse aveva ragione." Stefano chinò la testa, il respiro che sfiorò l'orecchio di Lorenzo. "Forse l'amore può guarire anche i mostri."
Lorenzo si voltò tra le sue braccia, le mani che si posarono sul petto di Stefano, sentendo il battito lento e irregolare del suo cuore. "Non sei un mostro."
"Ho ucciso dei bambini innocenti, Lorenzo. Ho strappato la vita a persone che non avevano fatto nulla di male, se non trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato". Gli occhi di Stefano erano straziati, colmi di un dolore che tre secoli non erano riusciti a lenire. «Come puoi dire che non sono un mostro?»
"Perché il mostro che mi sta parlando ora non sarebbe devastato da quei ricordi." Lorenzo alzò una mano, le dita che tracciarono la linea della mascella di Stefano. "Il mostro non avrebbe passato duecentocinquanta anni a cercare la redenzione. Il mostro non avrebbe ucciso il proprio creatore per proteggere uno sconosciuto."
"Tu non sei uno sconosciuto." Le parole uscirono come una confessione. "Non sei mai stato uno sconosciuto."
"Cosa vuoi dire?"
Stefano esitò, poi lo prese per mano e lo guidò verso una scrivania di mogano coperta di carte e documenti. Tra questi, Lorenzo riconobbe immediatamente alcuni ritagli di giornale. Ritagli che parlavano dell'omicidio di sua sorella.
"Li hai presi dai giornali?" chiese, confuso.
"No." Stefano aprì un cassetto e ne estrasse una cartellina di pelle consumata. "Li ho presi dal mio archivio personale. Lorenzo, io... io stavo già seguendo il caso di tua sorella prima che tu arrivassi in biblioteca."
Il sangue di Lorenzo si gelò nelle vene. "Cosa?"
"Dopo la sua morte, ho iniziato a indagare. Il modus operandi, il tipo di ferite, il modo in cui il corpo è stato lasciato... tutto puntava ad Aurelius. Sapevo che era tornato, sapevo che stava cacciando di nuovo." Stefano aprì la cartellina, rivelando foto, mappe, annotazioni scritte in una calligrafia elegante. "E sapevo che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a cercare vendetta."
Lorenzo fissò i documenti con orrore crescente. "Tu sapevi che sarei venuto."
"Speravo che saresti venuto." La voce di Stefano era appena un sussurro. "Speravo che qualcuno, da qualche parte, si sarebbe rifiutato di lasciare che l'omicidio di Francesca rimanesse impunito."
"E così hai aspettato." Lorenzo si allontanò, la collera che iniziava a bollire nel suo petto. "Hai aspettato nella tua biblioteca, sapendo che prima o poi sarei arrivato io o qualcun altro come me, e hai preparato la tua trappola perfetta."
"Non era una trappola!"
"No?" Lorenzo si voltò di scatto, gli occhi che lampeggiavano di rabbia. "Allora cos'era? Hai usato la morte di mia sorella per attirare un cacciatore che ti aiutasse a risolvere i tuoi problemi familiari?"
"Lorenzo, non è così..."
"ALLORA COM’È?" Il grido echeggiò nell'appartamento elegante, carico di dolore e senso di tradimento. "Dimmi com’è, Stefano! Dimmi che non hai orchestrato tutto questo! Dimmi che quello che è successo tra noi è reale e non solo parte del tuo piano per liberarti di Aurelius!"
Il silenzio che seguì fu assordante. Stefano rimase immobile, il viso pallido come la cera, gli occhi pieni di una disperazione che Lorenzo non aveva mai visto prima.
"Hai ragione," disse infine, la voce spezzata. "All'inizio era esattamente quello che pensavi. Sapevo che Aurelius aveva ucciso tua sorella per provocarmi. Sapevo che qualcuno sarebbe venuto a cercare vendetta. E sì, ho pensato di poter usare quel qualcuno per risolvere un problema che mi tormentava da tre secoli."
Ogni parola colpì Lorenzo come un pugno al petto. "Bastardo."
"Ma poi ti ho conosciuto." Stefano fece un passo avanti, le mani tese in un gesto di supplica. "Ti ho visto leggere quei libri con tale determinazione, tale dolore negli occhi. Ti ho sentito parlare di tua sorella, ho visto quanto la amavi. E ho capito che non eri solo un cacciatore. Eri un uomo spezzato dal dolore, esattamente come lo ero io."
"Smettila." Lorenzo si girò verso la finestra, le spalle tese. "Non importa cosa hai sentito dopo. Quello che importa è che hai mentito. Hai mentito dal primo momento in cui ci siamo incontrati."
"Sì." La confessione uscì come un sospiro rotto. "Ho mentito. E me ne odio per questo."
"Non abbastanza da dirmi la verità prima che finissi a letto con te."
Le parole erano come acido, progettate per ferire. E ferirono. Stefano si fermò a metà del movimento verso Lorenzo, come se fosse stato fisicamente colpito.
«È questo quello che pensi?» sussurrò. "Che tutto quello che è successo tra noi fosse una menzogna?"
Lorenzo non rispose immediatamente. Quando si voltò, i suoi occhi erano vuoti, freddi come ghiaccio. "Non lo so più. Non so più cosa è reale e cosa è stata manipolazione."
"Lorenzo, quello che provo per te..."
"È conveniente, vero?" Lorenzo si avvicinò, ogni passo che echeggiava nell'appartamento silenzioso. "Ti sei innamorato del cacciatore che poteva risolvere i tuoi problemi. Che coincidenza fortunata."
"Non è così!"
"Allora dimmi una cosa." Lorenzo si fermò a pochi centimetri da lui, così vicino che Stefano poteva vedere le scaglie d'oro nei suoi occhi grigi. "Se fossi stato un qualsiasi altro cacciatore, uno brutto, stupido, senza niente di attraente, avresti comunque provato questi sentimenti per me?"
La domanda rimase sospesa nell'aria tra loro come una lama. Stefano aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse, la verità terribile che si faceva strada nella sua mente.
Non lo sapeva. Non poteva saperlo.
"Ecco la tua risposta," disse Lorenzo, l'amarezza che tingeva ogni parola. "Nemmeno tu sai quanto è reale quello che provi."
Si diresse verso la porta, ma Stefano lo afferrò per il braccio. "Dove vai?"
"Via da qui. Via da te." Lorenzo si liberò dalla presa con un gesto brusco. "Ho bisogno di pensare. Ho bisogno di capire quanto di quello che è successo tra noi è stato vero e quanto è stato solo... convenienza."
"Lorenzo, per favore. Lascia che ti spieghi..."
"Hai avuto settimane per spiegarmi. Hai scelto di non farlo." Lorenzo aprì la porta, poi si fermò sulla soglia. "Sai qual è la cosa più triste di tutto questo?"
"Cosa?"
"Che per un momento, giù in quelle catacombe, ho davvero creduto che qualcuno potesse amarmi nonostante tutto quello che sono. Un cacciatore, un killer, un uomo ossessionato dalla vendetta." La sua voce si spezzò leggermente. "Ho creduto che tu mi amassi per quello che sono davvero, non per quello che potevo fare per te."
"Lorenzo..."
Ma la porta si chiuse con un suono secco, lasciando Stefano solo con i suoi rimpianti e la certezza devastante di aver appena perso l'unica cosa che aveva dato significato alla sua esistenza immortale.
….
I giorni che seguirono furono i più lunghi che Stefano avesse mai vissuto. Tornò alla biblioteca, recitò la parte del curatore educato e competente, catalogò libri e aiutò studiosi, ma era come se si muovesse in un sogno. O meglio, in un incubo dal quale non riusciva a svegliarsi.
Lorenzo non tornò. Non chiamò. Non diede segno di vita.
Stefano lo cercò, ovviamente. Controllò gli hotel, i bed & breakfast, i piccoli appartamenti in affitto nel centro storico. Ma Lorenzo De Angelis sembrava svanito nel nulla, come se non fosse mai esistito. Come se tutto quello che avevano condiviso fosse stato solo un'allucinazione di una mente vampirica troppo sola da troppo tempo.
Fu la terza notte che Stefano lo trovò.
O meglio, che Lorenzo trovò lui.
Stefano stava chiudendo la biblioteca quando sentì l'odore familiare: cuoio, colonia costosa, e sotto tutto questo, l'aroma inconfondibile del sangue umano. Ma non sangue ferito. Sangue vivo, caldo, che scorreva nelle vene di un uomo in perfetta salute.
Si voltò e lo vide nell'ombra di una colonna, appoggiato contro la pietra antica con quella grazia controllata che lo aveva affascinato fin dal primo momento. Indossava jeans scuri e una maglietta nera che metteva in risalto i muscoli delle braccia e del petto, e i suoi occhi grigi erano fissi su Stefano con un'intensità che bruciava.
"Lorenzo." Il nome uscì come un sospiro di sollievo.
"Non dire niente," disse Lorenzo, alzando una mano. "Sono venuto qui per dirti una cosa, e poi me ne vado. Per sempre, questa volta."
Stefano sentì il cuore fermarsi. "Cosa?"
Lorenzo si staccò dalla colonna, avvicinandosi lentamente. Ogni passo era controllato, deliberato, come se avesse provato questo momento centinaia di volte nella sua mente.
"Ho passato tre giorni a odiarti", disse con voce controllata, ma carica di emozione. "Tre giorni a convincermi che tutto quello che c'è stato tra noi era una bugia. Mi hai manipolato, usato, ingannato."
"Lorenzo..."
"Ho detto di non dire niente." Lo sguardo di Lorenzo lo mise a tacere. "Ho passato tre giorni a ricordare ogni momento che abbiamo condiviso, ogni parola che ci siamo detti, ogni sguardo, ogni tocco. Ho analizzato tutto, cercando le crepe, i segni della manipolazione."
Si fermò a pochi passi da Stefano, abbastanza vicino da vedere il dolore che si rifletteva nei suoi occhi scuri.
"E sai cosa ho scoperto?"
Stefano scosse la testa, non osando sperare.
"Che non mi importa." Le parole uscirono come una confessione strappata. "Non mi importa se all'inizio era tutto un piano. Non mi importa se hai usato la morte di mia sorella per i tuoi scopi. Non mi importa se quello che provi per me è nato dalla convenienza."
"Cosa stai dicendo?"
«Ti amo comunque.» Lorenzo fece l'ultimo passo che li separava, sollevando le mani per prendere il viso di Stefano. «Ti amo nonostante tutto. Ti amo perché, quando ti guardo vedo un uomo che ha compiuto azioni terribili e che si odia per questo. Vedo qualcuno che ha passato secoli a cercare di espiare i propri peccati. Vedo qualcuno disposto a morire per proteggere uno sconosciuto.»
"Lorenzo..."
"Vedo qualcuno che mi ama quanto io amo lui, anche se entrambi sappiamo che è follia." Le dita di Lorenzo tracciarono la linea degli zigomi di Stefano, come se volesse memorizzare ogni dettaglio del suo viso. "E sai cosa ho capito in questi tre giorni senza di te?"
"Cosa?"
"Che preferirei essere amato da te per le ragioni sbagliate piuttosto che non essere amato affatto da te."
Stefano chiuse gli occhi, sopraffatto dall'intensità dell'emozione nella voce di Lorenzo. "Non lo meriti."
"Forse no. Ma lo voglio comunque." Lorenzo si avvicinò ancora, fino a quando i loro respiri non si mescolarono nell'aria densa del portico. "La domanda è: lo vuoi anche tu?"
Stefano aprì gli occhi, incontrando lo sguardo grigio che lo aveva affascinato fin dal primo momento. Vide dolore lì, e speranza, e una vulnerabilità che Lorenzo non aveva mai mostrato prima.
"Ti amo," sussurrò, le parole che uscirono come una preghiera. "Ti amo più di quanto abbia mai amato niente nella mia esistenza. Ti amo abbastanza da lasciarti andare se è quello che vuoi."
"E se quello che voglio è restare?"
"Allora ti terrò stretto e non ti lascerò mai più andare."
Lorenzo sorrise, il primo vero sorriso che Stefano avesse visto sul suo viso da giorni. "È una promessa?"
"È un voto," disse Stefano, prendendo le mani di Lorenzo nelle sue. "Un voto che farò ogni giorno per il resto della mia esistenza immortale, se me lo permetterai."
"E in cambio?"
"In cambio?"
"Cosa vuoi da me?"
Stefano lo guardò negli occhi, vedendo l'amore e la paura che lottavano dietro il grigio tempestoso. "Solo una cosa. Che tu sia felice. Che tu trovi pace. Che tu possa perdonarti per tutto quello che hai fatto in nome della vendetta, proprio come io sto imparando a perdonare me stesso."
"E se non ci riuscissi?"
"Allora ci proveremo insieme." Stefano si chinò, sfiorando le labbra di Lorenzo con le sue in un bacio gentile come una promessa. "Per quanto tempo servirà."
Quando si separarono, entrambi avevano le lacrime agli occhi.
"Portami a casa," sussurrò Lorenzo. "E questa volta, non mentirmi mai più."
"Mai più," promise Stefano, sigillando il voto con un altro bacio. "Mai più."
Mentre camminavano insieme verso l'appartamento di Stefano, mano nella mano sotto le stelle di Roma, nessuno dei due notò la figura che li osservava dall'ombra di un vicolo. Una figura che aveva sentito ogni parola, che aveva visto ogni gesto, e che ora sorrideva con un'espressione che non prometteva niente di buono.
Aurelius era morto, ma la sua eredità di dolore non era ancora finita.
E la vera battaglia per l'anima di Stefano Rossi stava appena per iniziare.