Il risveglio fu brutale e istantaneo. Un suono metallico, come catene che si trascinano sulla pietra, strappò Stefano dal sonno profondo in cui era sprofondato dopo ore di amore con Lorenzo. I suoi sensi vampirici scattarono immediatamente in allerta, ogni fibra del suo essere che urlava pericolo.
Accanto a lui, Lorenzo si mosse irrequieto tra le lenzuola di seta, ma non si svegliò. Il cacciatore dormiva con la grazia inconsapevole di un predatore a riposo, i capelli scuri sparsi sul cuscino, il petto nudo che si alzava e abbassava con respiri regolari. Era bellissimo nella luce dorata dell'alba che filtrava dalle tende, e Stefano sentì il cuore stringersi all'idea che potesse essere l'ultima volta che lo vedeva così sereno.
Il suono si ripeté, più forte questa volta. Proveniva dal piano di sotto, dal soggiorno. Qualcuno, o qualcosa, era entrato nell'appartamento.
Stefano scivolò fuori dal letto con movimenti fluidi e silenziosi, ogni muscolo teso come una corda d'arco. Indossò i jeans che aveva lasciato cadere sul pavimento la notte prima, poi si avvicinò al comodino dove teneva una delle sue armi d'emergenza: un pugnale d'argento benedetto, gemello di quello con cui aveva ucciso Aurelius.
"Chi c'è?" La voce di Lorenzo era roca di sonno, ma all'erta. Il cacciatore si era svegliato al primo movimento di Stefano, gli istinti affinati da anni di caccia che non dormivano mai davvero.
"Non lo so," sussurrò Stefano, muovendosi verso la porta della camera. "Ma qualcuno è entrato in casa."
Lorenzo fu in piedi in un istante, la grazia letale del suo corpo nudo che si muoveva nell'ombra mentre raggiungeva i propri vestiti. In pochi secondi fu vestito e armato, la pistola carica di proiettili d'argento benedetto salda nella sua mano.
"Quanti?" chiese sottovoce.
Stefano si concentrò, facendo esplorare i suoi sensi vampirici l'appartamento sotto di loro. Odori, suoni, la sensazione di presenze che non avrebbero dovuto esserci. «Due, forse tre. E.…» si fermò, un'espressione di orrore gli attraversò il volto. «Cristo santo.»
"Cosa?"
"Uno di loro è morto da molto tempo. Secoli. Ma è ancora qui, ancora..." Stefano deglutì a fatica. "Lorenzo, pensavo di aver ucciso Aurelius."
"L'hai ucciso. L'abbiamo visto dissolversi in cenere."
"Il corpo sì. Ma alcuni vampiri antichi, quelli che hanno bevuto abbastanza sangue, accumulato abbastanza potere... possono sopravvivere alla distruzione fisica. Per un po'. Come fantasmi vendicativi."
Dal piano di sotto arrivò una voce che entrambi riconobbero, distorta ma inconfondibile: "Stefano, figlio mio. È ora di tornare a casa."
Lorenzo bestemmiò sottovoce. "Fantasma o no, possiamo ucciderlo di nuovo?"
«Non lo so. Non l'ho mai fatto prima". Stefano afferrò la mano di Lorenzo e le loro dita si intrecciarono in una presa disperata. «Ma so che, se restiamo qui, ci intrappoleranno. Dobbiamo scendere e affrontarli in campo aperto".
"Insieme?"
"Insieme."
Si mossero come una squadra perfettamente coordinata, Stefano che guidava con la sua vista soprannaturale, Lorenzo che copriva i fianchi con l'arma pronta. Scesero le scale dell'appartamento in silenzio assoluto, ogni senso all'erta, pronti all'attacco.
Il soggiorno era immerso in una penombra innaturale, come se la luce stessa rifiutasse di entrare. Al centro della stanza, seduto nella poltrona preferita di Stefano con la noncuranza di chi è a casa propria, c'era Aurelius.
O quello che restava di lui.
Il vampiro antico era diventato qualcosa di diverso, di più terrificante. La sua forma era semitrasparente, come se fosse fatto di ombra e malevolenza solidificate. Gli occhi brillavano di una luce propria, rossa come sangue coagulato, e quando sorrise, le sue zanne sembrarono assorbire la luce intorno a loro.
"Che riunione toccante," disse, la voce che echeggiava da tutte le direzioni contemporaneamente. "Il figlio prodigo e il suo... animale domestico."
"Sei morto," disse Stefano, il pugnale che tremava leggermente nella sua mano. "Ti ho ucciso. Ti ho visto morire."
"Morire?" Aurelius rise, il suono come vetro rotto che graffia il metallo. "Mio caro ragazzo, io sono molto più antico della morte. Sono esistito prima che Roma fosse fondata, ho bevuto il sangue di imperatori e santi. Pensi davvero che un piccolo pugnale benedetto possa cancellare due millenni di potere accumulato?"
Due figure emersero dalle ombre ai lati della stanza. Altri vampiri, ma questi erano diversi dai servitori che avevano incontrato nelle catacombe. Erano più antichi, più potenti, i loro occhi che brillavano della stessa luce rossa di Aurelius.
"I miei veri figli," spiegò Aurelius, notando lo sguardo di Stefano. "Marcus e Lucius. Trasformati da me stesso nei primi secoli dopo Cristo. A differenza di te, loro non mi hanno mai tradito."
Lorenzo alzò l'arma, puntandola verso il vampiro antico. "Cosa vuoi?"
"Cosa voglio?" Aurelius si alzò dalla poltrona, il movimento fluido nonostante la sua natura spettrale. "Voglio quello che ho sempre voluto. Il mio figlio prediletto al mio fianco, dove appartiene. Stefano ha vissuto troppo a lungo questa farsa di umanità. È ora che torni a essere quello che sei veramente."
"E se rifiuto?" chiese Stefano, già sapendo la risposta.
"Allora il tuo giocattolo umano morirà. Lentamente. Dolorosamente. Proprio come sua sorella." Gli occhi di Aurelius si fissarono su Lorenzo con fame predatoria. "E tu guarderai, impotente, mentre io bevo ogni goccia del suo sangue."
Lorenzo non esitò. Il primo colpo partì con un suono assordante, il proiettile d'argento benedetto che attraversò l'aria diritto verso il petto di Aurelius. Ma invece di colpire, passò attraverso la forma spettrale del vampiro, conficcandosi nella parete dietro di lui.
"Stupido bambino," sibilò Aurelius. "Le armi fisiche non possono ferire quello che è già morto."
Marcus e Lucius si mossero con velocità soprannaturale, separandosi per attaccare dai fianchi. Stefano spinse Lorenzo dietro di sé, il pugnale che scintillò nell'aria mentre parava il primo attacco. Il metallo incontrò gli artigli del vampiro antico con un suono stridente, scintille che illuminarono la penombra del soggiorno.
«Lorenzo, vattene!» gridò Stefano, bloccando un secondo attacco. "Esci da qui!"
"Non ti lascio!" Lorenzo continuò a sparare, i proiettili che trovarono il loro bersaglio nei corpi fisici di Marcus e Lucius. I vampiri urlarono di dolore, ma non caddero. L'argento benedetto li feriva, li rallentava, ma non li uccideva.
La battaglia si trasformò in un caos di violenza soprannaturale. Stefano danzava tra i suoi avversari con grazia letale, secoli di esperienza che guidavano ogni movimento, ogni parata, ogni contrattacco. Il pugnale benedetto lasciava ferite fumanti nella carne dei vampiri antichi, ma loro si rigeneravano quasi istantaneamente.
Lorenzo si mosse con l'efficienza mortale del cacciatore perfetto, rotolando, schivando, sparando con precisione chirurgica. Aveva cambiato tattica, mirando agli occhi, alle articolazioni, ai punti che anche un vampiro antico non poteva ignorare. Ogni colpo andava a segno, ogni movimento era calibrato per il massimo danno.
Ma non bastava. Erano in due contro tre, e uno dei tre era praticamente invulnerabile.
"Basta!" Il grido di Aurelius riempì l'appartamento, carico di un potere che fece tremare le fondamenta stesse dell'edificio. Marcus e Lucius si fermarono immediatamente, mentre Stefano e Lorenzo rimasero paralizzati da una forza invisibile. "Questo è diventato noioso."
Aurelius si materializzò davanti a Lorenzo con un movimento che sfidava le leggi della fisica, le mani spettrali che si chiusero intorno alla gola del cacciatore. Lorenzo non poteva muoversi, non poteva respirare, gli occhi grigi che si spalancarono per il terrore mentre la vita iniziava a lasciare il suo corpo.
"Guardalo morire, Stefano," sussurrò Aurelius, le dita che si stringevano sempre di più. "Guarda il tuo prezioso umano che muore per la tua arroganza."
"NO!" Il grido di Stefano fu quello di un animale ferito. La vista di Lorenzo che soffocava, che moriva tra le mani del suo creatore, spezzò qualcosa dentro di lui. La maschera di controllo che aveva mantenuto per duecentocinquanta anni si frantumò come vetro.
La trasformazione fu istantanea e terrificante. Gli occhi di Stefano diventarono completamente neri, non c'era più traccia di umanità in loro. Le zanne si allungarono fino a diventare armi mortali, e l'aura di potere che emanava fece indietreggiare anche Marcus e Lucius.
Ma questa volta era diverso. Non era la rabbia cieca che aveva provato nelle catacombe. Era amore trasformato in furia omicida, protezione portata al suo estremo assoluto. Era il vampiro che avrebbe potuto essere se avesse scelto diversamente, ma guidato dall'amore invece che dall'odio.
Si mosse come un fulmine, più veloce di quanto avesse mai fatto prima. Marcus non ebbe nemmeno il tempo di reagire prima che il pugnale di Stefano gli trapassasse il cuore, la lama benedetta che bruciò attraverso secoli di non-vita accumulata. Il vampiro antico esplose in una nuvola di cenere e dolore.
Lucius cercò di fuggire, ma Stefano era ovunque, una forza della natura scatenata. Il secondo pugnale - quando aveva preso il secondo pugnale? - si conficcò nella schiena del vampiro, trapassandogli il cuore da dietro. Un altro vampiro antico ridotto in cenere.
"Impressionante," disse Aurelius, ma nella sua voce c'era una nota di preoccupazione che non c'era mai stata prima. Lasciò cadere Lorenzo, che crollò a terra tossendo e ansimando. "Ma ora sei rimasto senza giocattoli, figlio mio. E io sono immortale."
Stefano si girò verso il suo creatore, e quello che Aurelius vide nei suoi occhi lo fece indietreggiare per la prima volta in due millenni. Non era più odio quello che bruciava lì. Era qualcosa di molto più pericoloso: scopo assoluto.
"Hai ragione," disse Stefano, la voce distorta dalla trasformazione ma stranamente calma. "Sei immortale. Ma io ho qualcosa che tu non hai mai avuto."
"E cosa sarebbe?"
Stefano si inginocchiò accanto a Lorenzo, aiutandolo a sedersi. Il cacciatore era pallido, aveva lividi violacei intorno alla gola, ma era vivo. I suoi occhi grigi incontrarono quelli neri di Stefano, e in essi Stefano vide tutto l'amore del mondo.
"Qualcosa per cui vale la pena morire," disse, rivolgendosi ad Aurelius senza distogliere lo sguardo da Lorenzo.
"L'amore?" Aurelius rise, ma il suono era forzato. "L'amore è debolezza, Stefano. È quello che rende vulnerabili."
"No." Stefano si alzò lentamente, le mani che brillavano di una luce propria. "L'amore è forza. È quello che mi ha permesso di resistere alla mia natura per duecentocinquanta anni. È quello che mi ha dato la volontà di uccidere te la prima volta. Ed è quello che mi permetterà di farlo di nuovo."
La luce che emanava dalle mani di Stefano si intensificò, e Aurelius indietreggiò con un'espressione di orrore crescente. "Impossibile. Non puoi... tu non hai quel potere..."
"Non l'avevo," concordò Stefano. "Ma l'amore cambia tutto. Anche i mostri come noi."
Si lanciò verso Aurelius con un grido che era preghiera e maledizione insieme. Le sue mani, ora brillanti di luce santa, si chiusero intorno alla forma spettrale del suo creatore. Aurelius urlò, un suono che fece crepare i vetri dell'appartamento, mentre la luce di Stefano iniziava a consumarlo dall'interno.
"Se muoio io, muori anche tu!" gridò Aurelius, lottando contro la presa di Stefano. "Il legame tra creatore e progenie è indissolubile!"
"Lo so," disse Stefano, sereno nonostante tutto. "Ma lui vivrà. E questo è tutto quello che importa."
Lorenzo si trascinò verso di loro, ignorando il dolore alla gola. "Stefano, no! Deve esserci un altro modo!"
"Non c'è." Stefano si voltò verso di lui, e nei suoi occhi neri Lorenzo vide una pace che non aveva mai visto prima. "Ma va bene così. Ti ho amato, Lorenzo De Angelis. Ti ho amato più della mia stessa esistenza."
"Non farlo!" Lorenzo cercò di raggiungerli, ma una barriera di energia lo respinse. "Stefano, ti prego!"
Ma era troppo tardi. La luce che emanava da Stefano raggiunse un crescendo accecante, e sia lui che Aurelius iniziarono a dissolversi, le loro forme che si frantumavano come polvere di stelle.
"Ti amo," furono le ultime parole di Stefano, sussurrate con un sorriso che era pura gioia nonostante tutto.
Poi entrambi scomparvero, lasciando Lorenzo solo nel silenzio assordante dell'appartamento devastato.
Lorenzo rimase immobile per quello che sembrarono ore, fissando il punto dove Stefano era scomparso. Il dolore nel suo petto era fisico, come se qualcuno gli avesse strappato il cuore e lo stesse spremendo fino all'ultima goccia di sangue.
Morto. Stefano era morto. L'uomo che aveva imparato ad amare nonostante tutto, che aveva trovato la redenzione attraverso l'amore, che aveva scelto di sacrificare la propria esistenza immortale per salvare un semplice umano.
"Stupido vampiro nobile," sussurrò Lorenzo, le lacrime che iniziavano a scorrere sul suo viso. "Stupido, magnifico, nobile vampiro."
Fu allora che lo sentì. Un suono appena percettibile, come un sospiro o un gemito soffocato. Lorenzo alzò la testa, i sensi all'erta, e lo vide.
Stefano era collassato contro la parete opposta, il corpo che sembrava traslucido, come se fosse a malapena ancorato alla realtà. Era vivo – se si poteva chiamare vita quella di un vampiro – ma a malapena.
"Stefano!" Lorenzo si precipitò verso di lui, le ginocchia che cedettero quando raggiunse il vampiro ferito. "Stefano, rispondimi!"
Gli occhi di Stefano si aprirono lentamente, non più neri ma del loro colore scuro normale. Erano pieni di dolore, ma anche di una sorpresa infantile. "Sono... sono ancora qui?"
"Sì, grazie a Dio, sei ancora qui." Lorenzo lo prese tra le braccia, sentendo quanto fosse freddo il suo corpo, quanto debole il suo battito. "Ma stai morendo."
"Il legame... quando Aurelius è morto definitivamente, si è spezzato. Sono libero." Stefano sorrise debolmente. "Finalmente libero."
"Ma stai morendo," ripeté Lorenzo, la disperazione che tingeva la sua voce.
"Forse. Probabilmente." Stefano alzò una mano, le dita che tremavano mentre sfioravano la guancia di Lorenzo. "Ma sono riuscito a salvarti. È tutto quello che conta."
"Non per me!" Lorenzo prese la mano di Stefano, premendola contro il proprio viso. "Non puoi morire ora. Non dopo tutto quello che abbiamo passato."
"Lorenzo..."
"No, ascoltami." Lorenzo si chinò, la fronte che si appoggiò a quella di Stefano. "Hai bisogno di sangue. Sangue umano fresco. Prendilo."
"Cosa?"
"Hai sentito bene. Bevi da me. Prendi quello che ti serve per guarire."
Stefano scosse la testa debolmente. "Non posso. Non bevo sangue umano da duecentocinquanta anni. Non inizierò ora."
"Allora morirai."
"Preferirei morire piuttosto che rovinare tutto quello che ho costruito, tutto quello che sono diventato."
Lorenzo lo guardò negli occhi, vedendo la determinazione che bruciava ancora lì nonostante la debolezza. Era l'uomo di cui si era innamorato: nobile, testardo, disposto a morire per i suoi principi.
"E se te lo offrissi liberamente?" chiese dolcemente. "Se te lo dessi per amore, non per necessità? Sarebbe comunque sbagliato?"
Stefano esitò, la lotta interiore chiaramente visibile sul suo volto. "Lorenzo..."
"Ti amo," disse Lorenzo semplicemente. "Ti amo abbastanza da condividere la mia vita con te. Letteralmente."
Senza aspettare una risposta, Lorenzo si morse il polso, abbastanza profondo da far sgorgare il sangue. Lo avvicinò alle labbra di Stefano, il liquido rosso che macchiò la sua pelle pallida.
"Per favore," sussurrò. "Vivi per me."
Stefano chiuse gli occhi, lottando contro secoli di controllo ferreo. Poi, lentamente, le sue labbra si chiusero intorno alla ferita di Lorenzo.
Il primo sorso fu esitante, quasi reverenziale. Poi, mentre il sangue caldo e dolce gli scorreva in gola, Stefano sentì la forza tornare nel suo corpo come un fiume in piena. La translucenza svanì, i colori tornarono alla sua pelle e gli occhi recuperarono la loro normale profondità.
Ma più importante di tutto, sentì l'amore. L'amore di Lorenzo che fluiva nel sangue, che lo nutriva non solo fisicamente ma spiritualmente. Era il dono più puro che avesse mai ricevuto: la vita offerta liberamente per amore.
Quando si staccò dal polso di Lorenzo, entrambi stavano piangendo.
"Come ti senti?" chiese Lorenzo, premendo un fazzoletto sulla ferita.
"Vivo," disse Stefano, e per la prima volta in tre secoli, la parola aveva significato. "Davvero vivo."
Si baciarono nel sole dell'alba che iniziava a filtrare dalle finestre rotte, due anime danneggiate che avevano trovato la guarigione l'una nelle braccia dell'altra. La battaglia era finita, i nemici erano morti, e loro erano ancora lì.
Insieme.
Vivi.
Liberi.
E innamorati più di quanto avessero mai creduto possibile.