È cambiato tutto in un attimo. Prima di quella notte ero un ragazzo normale, con una vita pianificata nei minimi dettagli: l'università che avrei frequentato, il lavoro che avrei svolto, persino quanti figli avrei avuto. Ma in una sola sera, quando meno me lo aspettavo, ho perso tutto ciò che conoscevo.
Ora non sono più la persona che ero. Quel ragazzo si è dissolto nella realtà che mi avvolge. Non sono più Roberto Marino, ma Robin Lightwood Bane. Tutti mi conoscono come il figlio della magia. Questa è la storia che voglio raccontarvi. Spero che resterete con me in questo viaggio, sospeso tra sogno e realtà, dove tutto ciò che pensavo fosse impossibile esiste da secoli.
Un anno prima
Era una serata afosa, insolita per gli inizi di giugno. Da un locale si spalancò una porta e ne uscirono tre ragazzi, reduci dai festeggiamenti per il loro diploma. Uno di loro barcollava, ridendo scioccamente, finché perse l'equilibrio e cadde a terra, mentre gli altri scoppiavano a ridere.
"Aiutatemi ad alzarmi invece di ridere di me!" sbottò, spazientito.
Uno dei due si avvicinò, gli afferrò un braccio e lo sollevò con facilità, ignorando le risate dell'altro. "Grazie, Roberto, almeno tu mi hai aiutato."
"Forse perché non sono ubriaco come voi," replicò lui con un sorriso sarcastico.
Roberto conosceva i suoi amici fin dalle elementari. Erano ragazzi a cui piaceva divertirsi, anche se a volte esageravano. Tra loro, lui era il più serio: aveva sempre programmato tutto, proprio come i suoi genitori gli avevano insegnato. Sua madre lo aveva spinto a fare danza classica, ma, non amandola, era passato al pattinaggio artistico. Un infortunio aveva interrotto la sua promettente carriera. Suo padre, invece, era fissato con i film d'azione e lo aveva iscritto a karate per insegnargli a difendersi. Roberto era diventato cintura nera e aveva sviluppato una passione per le armi, in particolare l’arco e la spada.
Mentre era perso nei suoi pensieri, un rumore insolito proveniente da un vicolo attirò la sua attenzione. Voltandosi, vide tre uomini vestiti di nero che stavano prendendo a calci quello che, da lontano, sembrava un bambino. Senza pensarci due volte, si precipitò verso di loro, gridando:
"Smettetela! Lasciate stare quel bambino!"
I tre uomini si fermarono e, notandolo, scoppiarono a ridere. Uno di loro, un uomo alto e biondo, ricoperto di strani tatuaggi simili a rune, gli rivolse uno sguardo sprezzante.
"Pensi davvero di poterci fermare, scricciolo?"
Quando l’uomo si avvicinò per colpire Roberto, lui evitò il pugno con un rapido movimento e, sfruttando lo slancio, gli torse il braccio, scaraventandolo a terra. Gli altri due rimasero stupiti nel vedere un ragazzo così minuto abbattere il loro compagno, alto almeno un metro e ottanta.
Approfittando del loro shock, Roberto afferrò il braccio del bambino, lo sollevò e iniziò a correre. Il piccolo faceva fatica a stargli dietro, mentre gli uomini, ripresisi dalla sorpresa, si lanciarono all’inseguimento.
Superando di corsa i suoi amici, Roberto udì uno di loro gridare: "Chiama la polizia! Potrebbero fargli davvero del male!"
Le loro voci si persero nella notte mentre lui correva verso il fiume. Vide una piccola spiaggia sotto la strada e cercò di scavalcare la ringhiera. Aveva già un piede dall’altra parte quando un dolore lancinante lo colpì alla schiena: una freccia. Perso l’equilibrio, cadde in acqua. Mentre la coscienza lo abbandonava, pensò solo che non avrebbe più rivisto le persone che amava.
Poi, nel buio, una donna apparve davanti a lui. Non sapeva se fosse un sogno o un’allucinazione. Era avanti con gli anni, ma ancora affascinante.
"Ascoltami, Roberto. Il mio nome è Sofia. Quando ti troverai in pericolo, allunga la mano e potrai fuggire. Ricorda, qualunque cosa accada, credi in te stesso."
Roberto si svegliò di colpo. In un primo momento pensò di essere ancora in fondo al fiume. Poi si rese conto di trovarsi in una stanza piena di fiori, simile a una serra. Il letto su cui giaceva era fatto di petali. Notò di essere stato cambiato: indossava dei pantaloni fiorali ed era a petto nudo. Fece una smorfia. Lui, amante dell’heavy metal, vestito così? Era surreale.
Barcollando, si avvicinò alla porta. Un riflesso nello specchio lo fece sobbalzare: il suo corpo era ricoperto di rune, e i suoi occhi erano dorati, simili a quelli di un gatto. Spaventato, corse fuori dalla stanza, convinto di stare sognando.
Nel corridoio, una bambina gli sbarrò la strada. Davanti ai suoi occhi, si trasformò in una ragazza dai capelli lunghi ornati di fiori.
"Vedo che ti sei svegliato," disse. "Benvenuto nel nostro mondo. Io sono la regina dei Seelie, e tu sei la nostra arma contro gli Shandowhunters. Sei metà Nephilim e metà demone. Sei l’unico sopravvissuto all’incantesimo. Con il tuo aiuto, vinceremo la guerra."
Roberto la guardò con sdegno. "Non voglio combattere nessuna guerra. Voglio solo tornare alla mia vita."
"La tua vita passata è finita." Fece cenno ai suoi uomini di bloccarlo.
Ma Roberto reagì con rapidità: un calcio volante, poi una capriola per atterrare il secondo uomo. Si ricordò le parole di Sofia. Allungò la mano e davanti a lui si aprì un varco luminoso. Senza pensarci, vi si tuffò dentro, lasciandosi alle spalle le urla furiose della regina.
Quando riemerse, si ritrovò in un vicolo sconosciuto. La pioggia cadeva a dirotto. Confuso e infreddolito, cercò riparo sotto una pensilina dell’autobus e si rannicchiò su sé stesso, tremante.
…
Magnus Bane e Alexander Lightwood stavano tornando da una serata al loro bar preferito. Avevano giocato a biliardo, bevuto e riso come facevano ormai da cinque anni. Il loro amore era sempre saldo.
"Che ti succede, Mags? Sei pensieroso," chiese Alec.
"Ripensavo a ciò che ci ha detto Sofia settimane fa..."
Alec sorrise. "Mags, siamo due uomini. Come potremmo mai avere un figlio?"
Magnus rise, ma il suo sguardo fu attratto da qualcosa. Un ragazzo rannicchiato sotto la pensilina, fradicio e febbricitante. Fece un cenno ad Alec, che si avvicinò con lui.
Quel ragazzo... sembrava familiare.