La rivelazione di Sergio non fu pronunciata, ma espirata nel silenzio sacro della libreria, come un vapore caldo sulla pelle.
«Sono un medium.»
Le parole non suonarono come una dichiarazione, ma come una confessione intima, un'ammissione di una vicinanza pericolosa al mondo che Daniele aveva sempre solo sfiorato. E quando Sergio spiegò di percepire le energie degli oggetti, la sua voce non era quella di un ciarlatano, ma di un amante che enumera i nei sul corpo dell'amato. Conosceva ogni cicatrice, ogni fremito di memoria impresso nel legno e nell'argento.
«Sono solo suggestioni,» tentò di opporre Daniele, ma la sua voce gli tremò lieve in gola. Era una bugia così trasparente, così patetica. Era come negare di essere stato baciato mentre le labbra gli bruciavano ancora.
«Non sono storie,» ribatté Sergio, e il suo sguardo era un abisso verde in cui Daniele sentì di precipitare. «Sono cicatrici. Dolore, rimorso, desiderio... tutto resta impresso.»
Poi, il colpo di grazia. Una verità che Daniele aveva sempre saputo, ma mai osato formulare.
«E lei... si sta nutrendo di queste energie senza rendersene conto.»
Quella frase lo trafisse più profondamente di qualsiasi lama. Era la conferma della sua simbiosi segreta, della sua fame oscura. Daniele rise, un suono strozzato e nervoso, la sua ultima, debole difesa.
«Lei vuol farmi credere che sono circondato da... forze oscure?»
«Le energie negative esistono,» spiegò Sergio, con una pacatezza che era più spaventosa di qualsiasi dramma. «Non sono demoni da romanzo, ma pesi.»
E poi, il tocco.
La mano di Sergio si posò sul suo petto, sopra il cuore. Non fu una violazione, ma un'incarnazione. Un sigillo. In quel contatto, Daniele sentì—veramente sentì—il peso di cui parlava Sergio. Non una presenza estranea, ma un vuoto dentro di lui che si era riempito di echi e ombre, un'oscurità che aveva scambiato per calore.
Rimasero così, sospesi. Il mondo esterno, con la sua pioggia incessante, svanì. Esistevano solo loro due in quel santuario di memorie, e i sussurri degli oggetti non erano più minacciosi, ma eccitati, come se stessero assistendo a un incontro predestinato.
Per la prima volta, Daniele non si sentì solo con i suoi fantasmi. Si sentì visto. Non il collezionista impeccabile, il custode distaccato, ma l'uomo affamato che bramava il tocco del passato per sentirsi vivo. E in quello sguardo che lo decifrava completamente, si sentì stranamente, terribilmente, meravigliosamente vulnerabile. Era la nudità che precede non uno svelamento, ma una possessione.