William entrò nel negozio del Signor Adams alle tre e trenta, tanto per essere puntuale. In realtà era letteralmente fuggito di casa tentando di ignorare sua madre, ma questi erano dettagli a cui al momento non voleva pensare. Chiuse la porta e si guardò intorno notando ci fossero solo alcune persone, sembrava essere abbastanza calmo, ma sapeva che attorno alle sette massimo sette e trenta, il posto si sarebbe sicuramente riempito molto di più.
«William!» sentì una voce profonda dietro di lui e si voltò accennando un sorriso, «Buongiorno Signor Adams.» salutò cortesemente, prima di «Scusi se mi presento in anticipo, ma volevo essere sicuro di arrivare in orario e-»
«Già ti adoro!» l'uomo sorrise cordiale e gli fece segno di seguirlo dietro il bancone, così William non se le fece ripetere due volte e gli andò dietro. Michael dette alcune direttive alla ragazza bionda che stava portando le ordinazioni ai pochi clienti presenti in sala ed entrò poi in cucina. William lo seguì a ruota, fermandosi sull'uscio quando notò Edward parlare amichevolmente con quello che doveva essere il cuoco. Proprio in quel momento, Michael richiamò il figlio, che sobbalzò e si voltò, incontrando subito lo sguardo del ragazzo, accennando un sorriso e allontanandosi dal cuoco, raggiungendo i due.
«Ho pensato di abbinare i tuoi orari a quelli di Edward dato che siete amici e non vorrei lavorassi male solo perché ti senti a disagio con gli altri collaboratori. In questo modo sono certo che ti ambienterai molto in fretta, mio figlio ha la fantastica qualità di mettere a proprio agio le persone.»
E col cazzo! Avrebbe voluto rispondere William. Se c'era una persona che lo metteva a disagio, con cui non sapeva come rapportarsi o della quale non si fidava completamente, era Edward. Ma d'altra parte era l'unico che conosceva e molto probabilmente gli sarebbe stato d'aiuto nell'instaurare rapporti coi dipendenti. Poteva farcela.
«Oh, non lo metto in dubbio! Edward è davvero...» si zittì non sapendo cosa dire, cercando un "complimento" adatto, «davvero uhm, amichevole.» esclamò, notando il riccio alzare gli occhi al cielo divertito.
Che c'era da ridere? Stava per fare una figura di merda epica.
«Lo so, lo so. Il mio bambino mi rende fiero.» affermò Michael, dando una sonora pacca sulle spalle al figlio e battendo poi le mani, «Ora vado a casa, il mio turno è finito. Edward, approfitta di questi minuti liberi prima del turno per spiegare come funziona qui a William. E con te,» guardò il ragazzo dagli occhi blu accanto al figlio, «ci vediamo domani. Stessa ora. Rendimi fiero.» diede una poderosa pacca anche a William, che lo fece trasalire, e poi se ne andò.
«Pronto per questo nuovo, esaltate, giorno di lavoro?» lo sfotté Edward e William alzò gli occhi al cielo, «Evita di prendermi in giro, ho già lavorato in posti simili ma ho come il presentimento che farò qualche cazzata, quindi si, non peggiorare la situazione.» lo avvertì, puntandogli un dito contro il petto.
Edward osservò il dito e subito dopo William, che spostò la mano sentendosi imbarazzato, profondamente imbarazzato.
«D'accordo, oggi cominciamo da qualcosa di semplice. Prendi le ordinazioni e poi portale a Jonas.» indicò l'uomo ai fornelli affiancato dal ragazzo che William aveva notato poco prima parlare con Edward, «Oppure a Leo. Okay?» concluse il riccio, indicando il moro in questione per poi uscire dalla cucina con William dietro. Gli consegnò la divisa, un blocchetto e una penna, per poi accennare il solito sorriso strano, «Puoi cambiarti nel bagno.» gli indicò una porta a destra con un cartello che recitava "Bagno del Personale" a lettere cubitali, poi sparì nuovamente in cucina.
William alzò un sopracciglio e successivamente si chiuse in bagno cambiandosi velocemente e indossando la maglia rossa con una stampa enorme gialla sulla schiena, che doveva sembrare un hamburger o qualcosa di simile; mentre davanti, sul lato destro, c'era semplicemente il nome del Fast Food sempre in giallo. Mise poi il cartellino col suo nome e allacciò il grembiule nero alla vita. Poteva andare, non gli stava così male in fondo.
Si strofinò gli occhi guardandosi allo specchio e ignorò di proposito le enormi occhiaie sotto gli occhi azzurri; tra pochi giorni sarebbero aumentate a causa del lavoro, questo era ovvio.
Uscì dal bagno e notò che la clientela era evidentemente aumentata. La bionda al bancone gli rivolse uno sguardo impaziente, «Ti vuoi muovere?» lo esortò, accennando ai tavoli. William annuì evitando di mandarla beatamente a fanculo (odiava venire trattato come uno scemo, grazie tante) e dopo aver sistemato meglio la maglia si diresse ad uno dei tavoli, prendendo le ordinazioni e ripetendo la stessa azione più volte.
Non fu difficile. Certo, c'era sempre il cliente che sparava la sua stupida ordinazione complicata (stava ancora ragionando su come trovare l'acqua fredda, ma non troppo e calda ma non tiepida – voleva che la bollisse?) ma nel complesso il posto era abbastanza tranquillo e aveva fatto amicizia col cuoco, Jonas, con cui durante qualche minuto libero faceva battute sugli strani gusti dei clienti. Leo si unì a loro e chiacchierarono per qualche minuto, fino a quando intorno alle sette e trenta non cominciò ad arrivare molta clientela.
William sfrecciò agilmente tra un tavolo e l'altro, ringraziando chiunque lassù per averlo fatto lavorare tempo prima in quel settore. Almeno sapeva portare più piatti o vassoi insieme ed era abbastanza rapido, se avesse continuato così sicuramente Michael gli avrebbe dato il lavoro. Doveva impegnarsi.
«Buonasera e benvenuti al The Judge, io sono William, cosa posso portarvi?» chiese per la millesima volta, deglutendo nel ritrovarsi un tavolo con parecchi ragazzi. Più che ragazzi, alcuni sembravano degli Dei scesi in terra.
«Amico, hai sentito?» lo richiamò sfacciatamente uno dei ragazzi, dandogli un colpetto sul fianco. Sfarfallò le ciglia cercando di tornare alla realtà; infatuarsi di qualcuno non era proprio il massimo in quel momento.
«Scusate, potreste ripetere?» chiese gentilmente, ridendo imbarazzato. Gli vennero ripetute le ordinazioni degli otto ragazzi e ringraziò sparendo subito in cucina per darli a Jonas.
«Conosci quei tipi?» chiese Edward, apparendo alle sue spalle da solo Dio sa dove. William fece un salto spaventato e si voltò maledicendo il cuoco per non averlo avvertito della presenza del riccio a pochi passi da lui, «Chi?» chiese poi, passando il biglietto con gli ordini a Jonas.
Edward lo guardò ovvio e fece un cenno con la testa verso le porte che separavano la cucina dalla sala, «Quelli con cui appena parlato?» chiese come se stesse parlando ad un bambino di due anni.
William alzò un sopracciglio, «No? Gli ho solo chiesto le ordinazioni.» ridacchiò, «Ho sbagliato qualcosa?» chiese poi confuso. Non voleva avere problemi al lavoro.
«No, ma se devi flirtare col belloccio, e pure male oltretutto, fallo fuori dall'orario lavorativo. Sono qui anche per assicurarmi che tu non faccia cazzate. Dovrò dire io a mio padre come te la cavi, quindi evita distrazioni.» lo rimproverò, per poi uscire dalla cucina.
William guardò il punto in cui il riccio era sparito, allibito, per poi alzare le spalle e borbottare un «Bah, contento tu.» tornando in seguito in sala.
Solo quando «Hey tesoro, puoi venire un momento?» si sentì chiamare, dal tavolo di poco prima, cominciò a capire cosa Edward volesse dire. Si voltò come d'istinto verso il riccio, che dalla sua postazione al bancone lo stava guardando a sua volta, prima di sospirare e raggiungere il tavolo, «Come posso aiutarti?» chiese cortese.
Il tipo in questione gli sorrise ammiccante, «Mi porteresti un bicchiere d'acqua nell'attesa?» chiese leccandosi le labbra. William annuì e fece per andarsene, ma «Oh e anche il tuo numero?» aggiunse quello, sorridendo e pregustando già chissà cosa.
William alzò gli occhi al cielo e frenò la sua lingua dal mandarlo a fanculo. Forse cominciava a capire perché non avesse un fidanzato, oltre una vita di merda anche il suo carattere non scherzava. Ma non era di certo quello il tipo di ragazzo che voleva.
«Mi dispiace ma non dispensiamo numeri di telefono, prova in qualche elenco o nella tua rubrica, troverai tanta gente pronta a soddisfarti. L'acqua la vuoi ancora o preferisci un po' di terra per sotterrarti?» lo precedette Edward. Ancora. Alle sue spalle. Che diavolo, si tele trasportava?
Il tipo rimase zitto per qualche secondo, capendo di essere stato colto in fallo, e poi si alzò, «Se hai qualche problema, possiamo parlare col direttore, spilungone.» disse convinto. Edward rise e annuì, «Direttore!» chiamò, per poi voltarsi e spalancare la bocca, «Accidenti, io sono il direttore! Esci da solo o vuoi un accompagnamento?» gli sorrise.
William notò gli altri ragazzi trattenere le risate e provò un po' di pena per lui. In fondo gli aveva solo chiesto il suo numero. In modo non tanto decente, ma non aveva comunque fatto chissà cosa.
«Si, grazie per aver fatto il mio avvocato, Edward. Ora me la cavo da solo, mh?» sussurrò, picchiettando sulla spalla del riccio, che lo guardò un secondo per poi ripuntare lo sguardo sul tipo in questione, che fece cenno agli amici ed uscì dal Fast Food seguito dai ragazzi che ridevano tra loro.
«Razza di maniaco.» borbottò il riccio tornando alla cassa. William lo guardò sempre più confuso. Non riusciva proprio a decifrare Edward Adams, non riusciva a capire il suo carattere, i suoi sorrisini strani, le sue espressioni facciali, i suoi gesti che sembravano casuali ma pian piano assumevano tutt'altro scopo ed ora questa strana voglia di tenerlo lontano da un ragazzo che ci provava.
Non capiva, e William Spencer odiava non capire.