2-Brava piccola

1636 Words
Ethan «Calmati, coglione!»-Ian lancia una rapida occhiata alle mie mani strette in due pugni, mentre le mie noche diventano bianche e pronte a spaccare la porta che mi ritrovo di fronte. Non poteva che vivere in una fottuta villa lussuosa che solo la figlia di un dottore può permettersi. Persino l'aria che circonda questa casa mi fa venire voglia di vomitare, ma il mio amico ha ragione. Ho un passato che farebbe paura persino al diavolo e posso sopportare tutto questo lusso, ma non so se riuscirò a sopportare lei. Alzo la testa di scatto non appena il portone si spalanca, ma il mio respiro inizia a diventare irregolare, tanto che Ian se ne accorge e mi tira una gomitata prima che la donna di fronte a noi spalanchi la porta. Abbasso le spalle e corrugo la fronte quando mi accorgo che non è lei, ma una dai capelli scuri e lisci, che sposta più volte gli occhi tra me e il mio amico. «Salve, siamo qui per il colloquio.»-l'uomo al mio fianco prende la parola prima che la ragazza possa iniziare a parlare, mentre la mia smorfia diventa sempre più infastidita. Dov'è lei?! So ogni particolare di quella donna come se la conoscessi da una vita, ma non sapevo che vivesse in compagnia di qualcuno. La riconoscerei tra mille facce, per quanto ho studiato il suo volto in questi giorni: conosco ogni difetto del suo corpo, a partire dai suoi ridicoli ricci infuocati. 14. Ha 14 nèi sparsi in tutto il corpo e il più grande lo mette sempre in mostra, scoprendosi il collo con i suoi vestiti striminziti, che non lasciano niente all'immaginazione. Ma non è l'unica cosa che odio di lei, e persino quelle poche virtù che ha la rendono disprezzabile. «Oh.»-la mora si sposta di lato, abbassando la testa per farci entrare, ma mentre si allontana all'interno per farsi seguire, ne approfitto per rivolgermi al mio amico: «Questa chi cazzo è?»-sussurro con un tono furioso, accorgendomi di essermi perso qualcosa, ma lui si limita a seguirla con gli occhi: «Meredith Ramsey.»-sospira, per poi lanciarmi una rapida occhiata:«Vivono insieme.» Serro la mascella alle sue parole. Non va affatto bene. La donna di fronte a me si posiziona sul divano, invitandoci con gli occhi a fare lo stesso, mentre io inizio a studiarla per capire se può complicare le cose, anche se non sembra affatto pericolosa. Non ha nemmeno il coraggio di guardarmi negli occhi per più di cinque minuti, concentrandosi più su Ian, il che mi fa capire che ci sarà da divertirsi. Mi è sempre piaciuto giocare con le ragazze timidi e scommetto che anche questa si lascerà andare come le altre. Almeno avrò un giocattolo con cui sfogarmi. Uno dei tanti. Inizio a guardarmi intorno per analizzare l'interno della casa, chiedendomi perchè abbia deciso di condividere la villa con due coinquilini. «Siamo interessati a questa casa.»-Ian inizia a parlare con la solita faccia da schiaffi, anche se, odio ammetterlo, non finge ed è davvero un uomo per bene, tanto che ha cercato di convincermi di lasciar perdere la mia vendetta, ma non si è ritirato e ha deciso lo stesso di aiutarmi. Mi aiuterà a umiliare quella donna per avere quello che si merita. Lei e suo padre. «Capisco.»-la mora annuisce alle par di Ian, per poi lanciare una rapida occhiata nella mia direzione, ma non ho modo di fiatare per metterla in imbarazzo, che il rumore del portone che si apre echeggia in soggiorno, facendomi alzare il mento all'istante, non appena una voce stridula mi fa assumere una smorfia di fastidio: «Eccomi!»-il suo tono arriva dritto alle mie orecchie facendo ribollire il sangue nelle mie vene. È lei. Valerie Cooper. Figlia di Hardin Edward Cooper. Stringo i denti senza girarmi dalla sua parte, mentre il rumore assordante delle sue scarpe inizia a darmi suoi nervi. La sento avvicinarsi sempre di più alle mie spalle per fare il giro del divano, mentre un odore dolce inizia a riempire le mie narici. «Scusate il ritardo... »- mantengo la testa bassa, tenendo davvero di farle del male solo guardandola, per poi poggiare i gomiti sulle ginocchia e passare una mano tra le ciocche di capelli per portarli indietro. I miei battiti rallentano quando si ferma all'improvviso di fronte a me: «Ma siete...»-inizia a balbettare, costringendomi a trattenere la voglia di uscire da questa casa all'improvviso:«... uomini.»-dal tono sembra assai perplessa, ma Ian si affretta a intervenire. Cosa si aspettava? Che due ragazze della sua età fossero disposte a pagare quattro mila dollari al mese di affitto? Oltre a essere viziata è anche irritante, il che non mi aiuterà affatto nel mio intento. «Siamo,»-il mio amico si schiarisce la voce, per poi continuare imbarazzato: «siamo interessati a questa casa.» Approfitto del fatto che sta parlando a Ian per alzare la testa lentamente, stringendo le dita di nuovo in due pugni per mascherare la rabbia, ma non appena lo faccio mi accorgo che i suoi occhi non sono rivolti all'uomo al mio fianco. Non appena incrocio i suoi occhi verdi con uno sguardo severo, la becco fissarmi dall'alto incuriosita, ma sobbalza quando i miei occhi finiscono nei suoi, dilatando leggermente le palpebre per lo stupore. Quando mi accorgo che forse la sto intimorendo, distolgo gli occhi per farli scivolare lungo il suo corpo, notando che indossa una delle solite gonne aderenti e una banale camicia infilata sotto di essa, che mette in risalto il suo seno appena pronunciato. È un disastro dalla testa ai piedi e cerca di nascondersi dietro ad abiti che costano più di questa villa. «Sentiamo.»-la vedo scuotere lentamente la testa, per poi riportare gli occhi su Ian, incrociando le braccia al petto dopo aver lanciato sul divano la banale valigetta da avvocato. Alzo un sopracciglio al suo tono sfidante, guardandola sedersi affianco alla mora con un'espressione orgogliosa: «Perchè dovrei condividere casa con due uomini che non conosco?»-chiede senza scrupoli, ma non appena il mio amico fa per spiegarle gentilmente lo interrompo e mi intrometto, senza riuscire a trattenere l'odio: «Perchè tuo padre ha smesso di pararti il culo e non riesci a rinunciare alla manicure...»-non riesco a finire che Ian mi tira una forte gomitata, ma i miei occhi non lasciano quelli della rossa, che spalanca la bocca e gonfia le guance in una smorfia offesa. «No, ascolta.»-il mio amico cerca di intervenire, ma lei prende di nuovo la parola: «Come cazzo ti permetti!»-si alza in piedi, seguita dall'amica che cerca di calmarla e farla sedere. Mantengo un'espressione scocciata, raddrizzando la schiena quando la vedo avvicinarsi nella mia direzione a passo felpato, rischiando persino di cadere prima di piegarsi alla mia altezza, puntandomi l'indice contro mentre sussurra a pochi centimetri di distanza dal mio viso con un tono severo: «Tu.»-soffia sul mio viso, mentre un odore di frutti di bosco inonda le mie narici:«Non mi conosci.»-scandisce bene ogni lettera, provando a minacciarmi con una smorfia così arrabbiata che il suo naso diventa più rosso delle ciocche ricce che solleticano la mia fronte. Se non facesse parte del mio piano farla soffrire, ora direi che è quasi adorabile, mentre cerca di tirare fuori le unghia, pur sapendo meglio di me che è una cazzo di figlia di papà. Non smetto di trafiggerla con gli occhi, mentre mi alzo in piedi per guardarla dall'alto. Alza la testa lentamente, accorgendosi di essere troppo bassa in confronto a me, anche se indossa dei tacchi che la elevano di mezzo metro dal pavimento, ma cerca di non farlo notare e alza il mento con fare arrogante, senza muoversi di un millimetro e aspettando la mia reazione. Sollevo un braccio all'altezza del suo viso, mentre lei segue il mio gesto con la coda dell'occhio e senza fiatare. Guardo attentamente ogni particolare del suo viso, iniziando a contare le piccole macchie marroni quasi per assicurarmi che siano tutte lì, anche se è diverso avere la sua faccia a due millimetri dalla mia, piuttosto che una sua foto. Afferro un riccio ribelle dalla sua chioma disordinata tra l'indice il medio, allungando quella specie di molla che si ritrova tra le mie dita, per poi lasciarla ritirare e ritornare al posto suo, mentre i suoi occhi si mantengono fissi nei miei, guardandomi dal basso con una finta espressione severa. «Non siamo più interessati a questa casa.»-affermo con così tanta calma che mi stupisco persino delle mie capacità di recitare. «Cosa?»-Ian mi affianca all'istante, alzandosi in piedi come la mora di fronte a lui, che rimane leggermente perplessa e si affretta a prendere per il braccio la rossa e tirarla leggermente presso di sé, ma la donna di fronte a me non si muove di un millimetro, analizzando le mie parole mentalmente, probabilmente capendo che non può fare a meno di me e del mio amico. Decido di non darle abbastanza tempo per riflettere o trovare un'altra soluzione, quindi la sorpasso e la lascio perplessa in mezzo al soggiorno. Se credevo che avrei avuto a che fare con una ragazzina timida e innocente, mi devo ricredere, dato che è una bimba viziata e più stronza di quanto avrei pensato Inizio ad allontanarmi senza essere seguito da Ian, come se avesse capito che è solo una sceneggiata, mentre aspetto che quella donna richiami la mia attenzione da un momento all'altro. Il silenzio che inizia a regnare in soggiorno comincia a preoccuparmi, mentre alzo gli occhi sulla porta di legno, ormai a pochi metri di distanza . Dai, cazzo! Passo una mano tra i capelli per scompigliarli, mentre riconosco i passi di Ian alle spalle. Più che frustrato, serro la mascella e afferro con una mano la maniglia del portone, ma proprio nel momento in cui inizio a perdere le speranze la sua voce fastidiosa mi interrompe: «Aspettate!» Alzo un angolo della bocca e stringo i denti soddisfatto alla sua esclamazione: Brava, piccola.
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