Le ore passarono come secoli nella stanza degli archivi. Lorenzo era immerso nella lettura, circondato da volumi aperti che formavano un cerchio di conoscenza proibita intorno alla sua figura concentrata. La luce dorata delle lampade ad olio danzava sui suoi lineamenti, creando ombre che accentuavano la determinazione feroce impressa sul suo volto. Ogni tanto mormorava qualcosa sottovoce, prendendo appunti su un taccuino di pelle consumata che teneva sempre con sé.
Stefano fingeva di riordinare alcuni manoscritti, ma in realtà ogni sua fibra era sintonizzata sull'uomo che aveva di fronte. Il modo in cui Lorenzo aggrottava la fronte quando incontrava un passaggio particolarmente oscuro, come si passava la mano tra i capelli quando era frustrato, il suono del suo respiro che si faceva più profondo quando leggeva descrizioni particolarmente vivide di uccisioni vampiriche.
Era tortura pura. E Stefano non riusciva a distogliere lo sguardo.
"Ascolta questo," disse improvvisamente Lorenzo, sollevando lo sguardo dal Chronicon Vampirum. La sua voce era roca per le ore di lettura silenziosa. "'Il vampiro maestro possedeva un fascino così potente che le sue vittime si offrivano volontariamente al suo bacio mortale, credendo di ricevere l'estasi divina invece della dannazione eterna.'"
Stefano sentì un brivido gelido attraversargli la spina dorsale. Quel passaggio parlava di Aurelius, il suo creatore. L'essere che l'aveva trascinato nell'oscurità tre secoli prima, condannandolo a un'eternità di sete e rimpianti.
"Interessante teoria," riuscì a dire, mantenendo la voce neutra.
"Teoria?" Lorenzo chiuse il libro di scatto, gli occhi grigi lampeggianti di una luce pericolosa. "Stefano, stiamo parlando di creature che uccidono per sport. Che seducono e manipolano per il puro piacere di vedere soffrire le loro vittime prima di ucciderle."
"E se non fosse così semplice?" Le parole uscirono prima che Stefano potesse fermarle. "E se... e se alcuni di loro fossero stati trasformati contro la loro volontà? Se fossero vittime quanto i loro bersagli?"
Lorenzo si alzò di scatto, la sedia che scivolò indietro con un suono stridente sul pavimento di pietra. "Vittime?" La sua voce era carica di incredulità e collera. "Mia sorella era una vittima. Quelle creature sono mostri, punto e basta."
"Ma se uno di loro avesse trovato un modo per resistere alla sua natura? Se avesse scelto di non uccidere più?" Stefano si alzò a sua volta, avvicinandosi lentamente a Lorenzo. "Se avesse passato secoli a cercare la redenzione?"
"Impossibile." Lorenzo scosse la testa con veemenza. "Un vampiro che non uccide è un vampiro morto. È nella loro natura, è quello che sono."
"E se ti sbagli?"
La domanda aleggiò nell'aria tra loro come una sfida. Lorenzo studiò il volto di Stefano con un'intensità che sembrava voler leggere ogni segreto nascosto dietro i suoi occhi scuri.
"Perché difendi creature che nemmeno conosci?" chiese infine, la voce più bassa ma non meno pericolosa.
Stefano si trovò sul filo del rasoio. Ogni istinto gli urlava di mentire, di mantenere la sua maschera, di proteggere il segreto che custodiva da tre secoli. Ma qualcosa negli occhi di Lorenzo - la sofferenza, la ricerca disperata di risposte, il bisogno di capire - lo spingeva verso una verità che poteva distruggerli entrambi.
"Perché," sussurrò, avvicinandosi ancora di più, "non tutte le storie hanno un cattivo evidente."
«Stai parlando per enigmi di nuovo.» Lorenzo non indietreggiò, ma Stefano notò la tensione nei suoi muscoli, la sua predisposizione istintiva al combattimento. «Dimmi cosa sai davvero, Stefano. Smettila di giocare con me.»
"Cosa sai tu davvero?" contrattaccò Stefano. "Cosa ti ha spinto a diventare un cacciatore? Solo la morte di tua sorella o c'è qualcos'altro?"
Gli occhi di Lorenzo si indurirono. "Non c'entra niente con..."
"C'entra tutto." Stefano allungò una mano, sfiorando appena il polso di Lorenzo. La pelle era calda, il polso accelerato. "Hai paura di qualcosa. Lo vedo nei tuoi occhi. Non è solo vendetta quello che cerchi."
Lorenzo afferrò il polso di Stefano, le dita che si chiudevano come una morsa sulla sua pelle fredda. "E tu hai paura di me. Lo sento quando mi guardi, quando ti avvicino troppo. Perché, Stefano? Cosa hai da nascondere?"
Erano così vicini ora che Stefano poteva contare ogni sfumatura di grigio negli occhi di Lorenzo, vedere le piccole cicatrici che segnavano le sue mani, sentire il calore che emanava dal suo corpo come un richiamo irresistibile. La sete si risvegliò in lui, non solo di sangue ma di qualcosa di più profondo e pericoloso.
"Hai ragione," ammise, la voce appena un sussurro. "Ho paura di te."
"Perché?"
"Potresti essere la mia salvezza o la mia dannazione. E non so quale delle due mi spaventa di più."
Il tempo si fermò. Lorenzo non mollò la presa sul suo polso, ma Stefano vide qualcosa cambiare nei suoi occhi. La collera lasciò il posto a qualcos'altro - curiosità, desiderio, una fame che non aveva niente a che fare con la vendetta.
"Chi sei davvero?" chiese Lorenzo, la voce roca.
"Qualcuno che ha vissuto troppo a lungo con i rimorsi." Stefano si avvicinò ancora, finché il loro respiro non si mescolò nell'aria densa della stanza. "Qualcuno che ha fatto cose terribili e ha passato secoli a cercare di espiare."
"Secoli?" Lorenzo sorrise, ma era un sorriso amaro. "Sempre con queste esagerazioni poetiche."
"E se non fossero esagerazioni?"
La domanda colpì Lorenzo come uno schiaffo. I suoi occhi si spalancarono, e per un momento Stefano vide la comprensione balenare nel loro grigio tempestoso. La mano che stringeva il suo polso tremò impercettibilmente.
"No," sussurrò Lorenzo. "No, è impossibile."
"Lorenzo..."
"NO!" Lorenzo lo spinse via con violenza, il petto che si alzava e abbassava in respiri convulsi. "Non è possibile. Tu sei... tu sei solo un uomo. Un bibliotecario. Non puoi essere..."
"Un mostro?" Stefano rimase fermo dove Lorenzo lo aveva spinto, le mani aperte in un gesto di resa. "È quello che pensi di me?"
Lorenzo lo fissò con occhi che erano diventati quelli di un animale braccato. La mano si mosse istintivamente verso la giacca, dove Stefano sapeva che nascondeva le sue armi. Ma non la estrasse.
"Dimmi che mi sbaglio," sussurrò Lorenzo, la voce spezzata. "Dimmi che sei solo un uomo ossessionato dai vampiri, che tutto questo è solo... solo coincidenza."
Stefano chiuse gli occhi, il peso di tre secoli di segreti che premeva sulle sue spalle come una montagna. Quando li riaprì, furono di un nero profondo e antico, non più umani ma non ancora completamente mostruosi. Gli occhi di qualcuno che aveva visto troppo, sofferto troppo, amato e perso troppo.
"Non posso," disse semplicemente.
Il silenzio che seguì fu assordante. Lorenzo rimase immobile, come una statua di marmo, mentre la verità si faceva strada nella sua mente. Stefano poteva quasi sentire il mondo di certezze di Lorenzo che crollava pezzo dopo pezzo, lasciandolo nudo e vulnerabile di fronte a una realtà che aveva cacciato ma mai davvero compreso.
"Da quanto tempo?" La voce di Lorenzo era appena un filo di suono.
"1724." Le parole uscirono come una confessione. "Avevo ventisette anni quando sono stato trasformato. Contro la mia volontà."
"Tre secoli." Lorenzo si passò una mano sul volto, come per cancellare quello che aveva appena sentito. "Hai vissuto per tre secoli."
«Sono sopravvissuto per tre secoli», lo corresse Stefano. "Vivere è tutt'altra cosa."
Lorenzo lo guardò con occhi che sembravano vedere un fantasma. "Quante persone hai ucciso?"
La domanda che Stefano aveva temuto per tutta la serata. La verità che lo tormentava ogni singola notte da due secoli e mezzo.
"Nei primi cinquant'anni... troppe." La sua voce si spezzò. "Ero giovane, affamato, disperato. Non sapevo come controllarmi. Ma poi ho imparato. Ho trovato un modo per sopravvivere senza uccidere."
"Come?"
"Sangue animale. Sangue dalle banche del sangue. Piccole quantità da donatori volontari che pensano di aiutare qualcuno con una malattia rara." Stefano si avvicinò lentamente, le mani sempre aperte. "Non ho ucciso nessuno da duecentocinquanta anni, Lorenzo. Te lo giuro sulla memoria di tutti coloro che ho amato e perso."
Lorenzo indietreggiò finché la schiena non toccò lo scaffale. "E dovrei crederti? Come faccio a sapere che non stai mentendo per salvarti la pelle?"
«Perché sono qui», rispose Stefano con semplicità. "Perché ti sto dicendo la verità, invece di fuggire o.… ucciderti per proteggere il mio segreto"
"Potresti provare." La mano di Lorenzo si mosse di nuovo verso l'arma, ma il gesto era più di riflesso che di reale intenzione.
"Potrei," ammise Stefano. "Ma non lo farò. "
"Perché?"
Stefano si fermò a pochi passi da lui, abbastanza vicino da vedere il conflitto che devastava gli occhi grigi di Lorenzo, abbastanza lontano da non rappresentare una minaccia immediata.
"Perché," sussurrò, "per la prima volta in tre secoli, qualcuno mi guarda come se fossi ancora un uomo invece che un mostro."
Le parole colpirono Lorenzo come un pugno al petto. Il suo respiro si fece irregolare, e Stefano vide la lotta interiore che si combatteva dietro i suoi occhi. Odio contro attrazione. Paura contro compassione. Istinto di cacciatore contro qualcosa di più profondo e pericoloso.
"Tu hai ucciso mia sorella?" chiese infine, la voce rotta.
"No." La risposta fu immediata e ferma. "Non ero nemmeno in Italia sei mesi fa. Ero a Londra, alla British Library, per una ricerca."
"Come faccio a crederti?"
«Perché sono ancora qui invece di essere scappato quando hai iniziato a fare domande sui vampiri?» Stefano fece un altro passo avanti, ignorando il modo in cui Lorenzo si irrigidì. «Se fossi il mostro che stai cercando, non ti avrei permesso di accedere ai miei archivi. Non ti avrei aiutato nella tua ricerca".
Lorenzo lo fissò per lunghi secondi che sembravano eternità. Poi, lentamente, la mano si allontanò dall'arma. Non completamente rilassata, ma non più pronta a colpire.
"Che cosa sei?" sussurrò.
"Qualcuno che ha sbagliato terribilmente e ha passato duecentocinquanta anni a cercare di rimediare." Stefano allungò una mano, fermandosi a pochi centimetri dal viso di Lorenzo. "Qualcuno che non ha mai smesso di sperare nella redenzione."
"E io dovrei essere la tua redenzione?" La voce di Lorenzo era amara, ma sotto l'amarezza Stefano sentì dell'altro. Dolore. Confusione. E sotto tutto questo, nascosto ma presente, il desiderio che aveva sentito crescere tra loro per tutta la serata.
"No," disse Stefano dolcemente. "Tu potresti essere la mia distruzione. E io potrei essere la tua."
Lorenzo chiuse gli occhi, come se cercasse di bloccare la vista di Stefano, di negare la realtà di quello che aveva appena scoperto. Ma quando li riaprì, c'era qualcosa di diverso in loro. Una resa dolorosa, una comprensione che andava oltre la logica.
"Non dovrei crederti," sussurrò.
"Lo so."
"Non dovrei essere qui con te."
"Lo so."
"Non dovrei provare quello che sto provando."
"Lo so."
Lorenzo alzò una mano, le dita che tremavano mentre sfioravano la guancia di Stefano. La pelle fredda del vampiro contro il calore umano di Lorenzo, come ghiaccio e fuoco che si incontravano.
"Cosa mi stai facendo?" sussurrò Lorenzo, la voce spezzata dal desiderio e dalla paura.
"Niente che tu non voglia," rispose Stefano, chiudendo gli occhi al tocco. "Niente che non stia facendo anche tu a me."
La distanza tra loro si ridusse ancora, finché Stefano non riuscì a sentire il battito accelerato del cuore di Lorenzo, il calore della sua pelle, l'odore del suo sangue che scorreva nelle vene come un richiamo irresistibile. Ma più forte di tutto questo era l'attrazione che li legava, pericolosa e inevitabile come un vortice che li trascinava verso l'abisso.
"È follia," sussurrò Lorenzo, ma non si allontanò.
"La più pura che abbia mai vissuto," confermò Stefano.
E poi, come se fossero spinti da una forza più grande di entrambi, le loro labbra si incontrarono in un bacio che sapeva di dannazione e salvezza insieme.