CAPITOLO 6 Sangue e Passione

3292 Words
Le catacombe di San Callisto si estendevano nelle viscere di Roma come le vene di un gigante addormentato, chilometri di tunnel scavati nel tufo che custodivano i segreti di duemila anni di storia. L'aria era densa di umidità e del profumo dolciastro della decomposizione antica, mentre le pareti di pietra sembravano sussurrare storie di morti e resurrezioni, di fede e dannazione. Stefano guidava Lorenzo attraverso il labirinto sotterraneo con la sicurezza di chi conosceva ogni pietra, ogni svolta, ogni nicchia nascosta. La sua vista vampirica penetrava l'oscurità come se fosse pieno giorno, mentre Lorenzo si affidava alla torcia tattica che teneva salda nella mano sinistra, la destra sempre pronta sull'impugnatura della pistola caricata con proiettili d'argento benedetto. "Quanto è grande questo posto?" sussurrò Lorenzo, la voce che echeggiava appena nelle gallerie di pietra. "Venti chilometri di tunnel su quattro livelli," rispose Stefano, fermandosi davanti a una biforcazione. "Mezzo milione di sepolture. È il più grande cimitero sotterraneo del mondo cristiano." "E tu ci sei già stato." Non era una domanda. Stefano si voltò, incontrando lo sguardo grigio di Lorenzo nella luce dorata della torcia. "Sì. È qui che Aurelius mi ha trasformato, nel 1724. In una delle cappelle più profonde, lontano dagli occhi indiscreti." "Perché qui?" "Perché lui ama l'ironia." La voce di Stefano si fece amara. "Trasformare un cattolico devoto in un demone proprio nel cuore della cristianità. È il suo genere di umorismo." Lorenzo annuì, ma Stefano vide la tensione nei suoi muscoli, il modo in cui i suoi occhi scandagliavano continuamente le ombre che li circondavano. Era un predatore in territorio nemico, e ogni suo istinto gli urlava di stare attento. "Da che parte?" chiese, indicando la biforcazione. "A sinistra. Verso il livello più profondo." Stefano esitò, poi aggiunse: "Lorenzo, quando lo incontreremo... e lo incontreremo, ne sono certo... non ascoltare quello che ti dirà. Aurelius è un maestro della manipolazione. Userà ogni tua paura, ogni tuo dubbio contro di te." "Compreso te?" La domanda colpì Stefano come un pugno. "Soprattutto me." Proseguirono in silenzio, scendendo sempre più in profondità nelle viscere della terra. L'aria si fece più fredda, più densa, carica di una presenza antica e malvagia che fece drizzare i capelli sulla nuca di entrambi. Stefano sentiva la sua natura vampirica reagire alla vicinanza del suo creatore, ogni cellula del suo corpo che si preparava al confronto che aveva evitato per tre secoli. Fu quando raggiunsero il terzo livello che sentirono le voci. Stefano alzò una mano, fermando Lorenzo contro la parete di tufo. Il cacciatore spense immediatamente la torcia, immergendoli in un'oscurità totale che solo Stefano poteva penetrare. Nelle tenebre, Lorenzo era cieco e vulnerabile, dipendente completamente dalla protezione del vampiro che aveva giurato di cacciare. L'ironia non sfuggì a nessuno dei due. Le voci provenivano da una cappella a una cinquantina di metri, distorte dall'eco delle pareti di pietra ma chiaramente udibili per le orecchie soprannaturali di Stefano. Tre vampiri, forse quattro. E una voce che riconobbe immediatamente, nonostante fossero passati tre secoli dall'ultima volta che l'aveva sentita. Aurelius. "...il mio figlio prodigo ha finalmente deciso di farmi visita," stava dicendo la voce vellutata del vampiro antico, con quell'accento aristocratico che aveva conservato dai tempi in cui era stato un nobile romano. "Quanto è toccante. E ha portato con sé il piccolo cacciatore. Che adorabile." Lorenzo si irrigidì accanto a Stefano, la mano che si chiudeva sull'impugnatura dell'arma. "Ci ha sentiti arrivare," sussurrò. "Ha sentito me," corresse Stefano. "Il legame tra creatore e progenie è indissolubile. Sa sempre dove sono." "Allora perché non ti ha trovato prima?" "Perché non ha mai davvero cercato. Fino ad ora." La voce di Aurelius si fece più forte, come se si stesse avvicinando. "Stefano, mio caro ragazzo, perché non esci dalle ombre? E porta con te il tuo bell'amico. Prometto che sarò gentile... almeno all'inizio." Una risata echeggiò nelle gallerie, seguita dal suono di passi che si avvicinavano. Lorenzo alzò l'arma, ma Stefano gli afferrò il polso. "Non ancora," sussurrò. "Lascia che vengano a noi. Qui abbiamo il vantaggio del terreno." "Tre contro due. Non mi sembrano ottime probabilità." "Quattro contro due," corresse Stefano, sentendo il quarto vampiro che si muoveva silenziosamente nella galleria parallela. "Ma io conosco ogni tunnel, ogni nascondiglio. E loro sottovalutano quanto tu sia pericoloso." Lorenzo sorrise nell'oscurità, un sorriso che Stefano sentì più che vedere. "Errore fatale." I passi si fecero più vicini. Stefano sentì l'odore familiare di Aurelius - sangue antico, incenso e qualcosa che sapeva di putrefazione elegante. Con lui c'erano i suoi servitori: vampiri più giovani, probabilmente trasformati di recente, ancora affamati della violenza che Aurelius amava tanto coltivare nei suoi figli. "Stefano," chiamò di nuovo Aurelius, ora così vicino che la sua voce sembrava venire dalla galleria accanto. "Ho un regalo per te. O meglio, avevo un regalo. Una bella ragazza di Milano, medico in erba. Così giovane, così piena di vita... prima che gliela prendessi." Lorenzo si irrigidì come una corda d'arco, la collera che bruciava in lui come fuoco liquido. Stefano sentì la sua tensione, il modo in cui ogni muscolo del suo corpo si preparava all'attacco. "Controllati," sussurrò. "È quello che vuole. Vuole che perdi il controllo." "Ha ucciso mia sorella," sibilò Lorenzo tra i denti serrati. "E lo faremo pagare. Ma nel modo giusto." Una figura emerse dall'oscurità della galleria principale, alta e aristocratica, vestita in un completo impeccabile che sembrava uscito da un'altra epoca. Aurelius non era cambiato nemmeno di una virgola nei tre secoli che erano passati: capelli d'argento perfettamente curati, lineamenti che sarebbero stati belli se non fosse stato per gli occhi. Quegli occhi neri come la pece dell'inferno, antichi e crudeli, che avevano visto imperi sorgere e cadere senza perdere nemmeno una scintilla della loro malvagità. "Eccoti finalmente," disse, il sorriso che curvò le sue labbra era affilato come una lama. "Mio bel Stefano. Sei sempre stato il mio capolavoro, lo sai? Anche ora, dopo tutti questi anni di... ribellione giovanile." Stefano uscì dalle ombre, spingendo delicatamente Lorenzo dietro di sé. Nella luce soprannaturale che sembrava emanare da Aurelius stesso, il vampiro più giovane appariva come quello che era realmente: un predatore antico e letale, ogni traccia di umanità bruciata via dalla rivelazione della sua vera natura. "Aurelius," disse, la voce controllata ma vibrante di odio contenuto. "Così formale. E dopo tutto quello che abbiamo condiviso." Gli occhi del vampiro antico si spostarono su Lorenzo, studiandolo con l'interesse di un collezionista che esamina un nuovo pezzo. "E questo deve essere il fratello della bella Francesca. Che somiglianza straordinaria. Gli stessi occhi, la stessa determinazione... lo stesso sapore, immagino." Lorenzo fece per scattare in avanti, ma Stefano lo bloccò con un braccio. "Stai fermo." "Ascolta il tuo protettore, piccolo cacciatore," rise Aurelius. "Stefano sa quanto posso essere... persuasivo quando mi arrabbio." Altri due vampiri emersero dalle gallerie laterali, affiancando il loro maestro. Erano giovani, probabilmente trasformati negli ultimi decenni, con quella fame selvaggia negli occhi che Stefano ricordava troppo bene. Il quarto si materializzò alle loro spalle, bloccando la via di fuga. "Che riunione toccante," continuò Aurelius, avvicinandosi lentamente. "Il figlio prodigo, il cacciatore assetato di vendetta, e naturalmente i miei fedeli servitori. Tutti gli ingredienti per una serata memorabile." "Perché l'hai uccisa?" La voce di Lorenzo tagliò l'aria come una lama, carica di dolore e collera. «Chi, la dottoressa?» Oh, è stata deliziosa. Era così piena di vita, così determinata a salvarla fino all'ultimo secondo. Aurelius si leccò le labbra con un gesto osceno. "Ha persino pregato per suo fratello mentre moriva. Che commozione!" Il controllo di Lorenzo si spezzò. Con un grido di pura rabbia, scattò in avanti, l'arma alzata, il dito sul grilletto. Ma Aurelius era antico e veloce come il vento. In un movimento quasi sfocato, afferrò Lorenzo per la gola, sollevandolo da terra come se non pesasse nulla. "Lorenzo!" Stefano si mosse, ma gli altri vampiri lo bloccarono, circondandolo con ghigni feroci. "Ah, ah, ah", disse Aurelius, stringendo la presa sulla gola di Lorenzo. "Un movimento falso e il tuo bell'amico diventerà solo un ricordo". Lorenzo lottava contro la presa di ferro, il viso che si faceva rosso per la mancanza d'aria, ma i suoi occhi grigi rimasero fissi su quelli neri di Aurelius, pieni di una sfida che nemmeno la morte poteva spegnere. "Che spirito," mormorò Aurelius, approvazione nella sua voce. "Capisco perché Stefano è così... affezionato. Dimmi, piccolo cacciatore, hai mai chiesto al tuo protettore quante persone innocenti ha ucciso nei suoi primi anni? Quanti bambini ha trascinato nei vicoli bui di Roma per nutrirsi del loro sangue dolce?" "Basta!" Il grido di Stefano echeggiò nelle gallerie di pietra, carico di secoli di dolore e rimorso. "Oh, non gliel'hai detto?" Aurelius rise, il suono che rimbalzò sulle pareti come il pianto di anime dannate. "Non gli hai raccontato del piccolo Marco, di appena otto anni? O della bella Isabella, che ti aveva appena sorriso prima che le strappassi la gola? O dei..." "HO DETTO BASTA!" La trasformazione fu istantanea e terrificante. Gli occhi di Stefano si fecero completamente neri, le zanne si allungarono, e l'aura di potere antico che emanava fece tremare le pietre stesse delle catacombe. Per un momento, non fu più l'uomo gentile e tormentato che Lorenzo aveva conosciuto, ma il predatore che era stato tre secoli prima. Gli altri vampiri indietreggiarono istintivamente, riconoscendo la forza che dormiva nel loro simile. Ma Aurelius sorrise, soddisfatto di aver finalmente strappato la maschera di umanità dal suo figlio prediletto. "Ecco il mio vero Stefano," sussurrò con amore malato. "Ecco il mostro che ho creato." Ma invece di attaccare i servitori di Aurelius, Stefano si mosse verso il suo creatore. Il movimento fu così veloce che sembrò teletrasportarsi, e le sue mani si chiusero intorno ai polsi di Aurelius con una forza che fece scricchiolare le ossa antiche. "Lascialo andare," sibilò, la voce distorta dalla trasformazione. "O cosa?" Aurelius non mollò la presa su Lorenzo, ma nei suoi occhi Stefano vide un lampo di sorpresa. "Mi ucciderai? Tu, che hai passato due secoli e mezzo a giocare al santo?" "Se necessario." Per lunghi secondi, creatore e progenie si fissarono negli occhi, un duello di volontà che attraversava i secoli. Poi Aurelius rise e lasciò cadere Lorenzo, che crollò a terra tossendo e ansimando. "Interessante," mormorò. "Sembra che il mio piccolo santo abbia finalmente trovato qualcosa per cui vale la pena uccidere." Stefano aiutò Lorenzo a rialzarsi, senza mai distogliere lo sguardo da Aurelius. Il cacciatore era pallido ma determinato, l'arma di nuovo salda nella sua mano. "Sei venuto fin qui per questo?" chiese Stefano. "Per dimostrare che sono ancora un mostro?" "Oh no, mio caro ragazzo. Sono venuto per fare un'offerta." Aurelius si sistemò la giacca con gesti studiati. "Unisciti a me di nuovo. Torna ad essere quello che eri destinato ad essere. E in cambio, lascerò vivere il tuo cacciatore." "E se rifiuto?" Il sorriso di Aurelius si fece più affilato. "Allora lo ucciderò davanti ai tuoi occhi, lentamente e con grande dolore, proprio come ho fatto con sua sorella. E poi ti porterò a casa con me, spezzato e sottomesso come dovresti essere". Lorenzo si raddrizzò completamente, l'arma puntata verso Aurelius. "Prova a toccarmi di nuovo, bastardo, e ti metto un proiettile d'argento benedetto tra gli occhi." "Che adorabile," rise Aurelius. "Pensa davvero di potermi ferire con i suoi giocattoli." "Forse lui no," disse Stefano, facendo un passo avanti. "Ma io sì." Estrasse dalla giacca un pugnale che Lorenzo non aveva mai visto prima, la lama che brillava di una luce propria nell'oscurità delle catacombe. Era argento puro, inciso con simboli sacri, e l'impugnatura era incastonata con quello che sembrava un frammento di legno antico. "Ah," sussurrò Aurelius, e per la prima volta nella serata ci fu vera paura nella sua voce. "Vedo che hai conservato il mio regalo di addio." «Un pezzo della Vera Croce», spiegò Stefano senza distogliere lo sguardo dal suo creatore. "Me l'hai dato la notte in cui sono fuggito, ricordi?" Mi hai detto che un giorno sarei tornato a casa e che, quando Se l'avessi fatto, avrei dovuto scegliere tra la salvezza e la dannazione." "E ora è arrivato quel momento." "Sì." Stefano alzò il pugnale, la lama che sembrava tagliare l'oscurità stessa. "Ed io scelgo lui." Quello che seguì fu un'esplosione di violenza soprannaturale. I servitori di Aurelius si scagliarono contro Stefano e Lorenzo con velocità inumana, zanne e artigli scintillanti nell'aria densa delle catacombe. Lorenzo aprì il fuoco, i proiettili d'argento che fischiarono nell'aria e trovarono il loro bersaglio con precisione mortale. Uno dei vampiri esplose in una nuvola di cenere quando il proiettile benedetto lo colpì al petto, mentre un altro urlò di agonia quando l'argento gli bruciò il braccio. Ma Stefano si mosse come una forza della natura, secoli di forza repressa che esplodevano in una danza di morte elegante e terrificante. Il pugnale sacro tagliò l'aria, aprendo ferite che fumavano e bruciavano nella carne vampirica. Non era più l'uomo gentile che catalogava libri in una biblioteca; era un predatore antico che proteggeva quello che amava con ferocia primordiale. Aurelius li osservava dal centro della battaglia, gli occhi che brillavano di ammirazione malata. "Magnifico," mormorò. "Proprio come ai vecchi tempi." Lorenzo rotolò dietro una colonna di pietra per ricaricare, il cuore che batteva all'impazzata mentre guardava Stefano combattere. Era bello e terrificante insieme, ogni movimento fluido come acqua e letale come il veleno. E Lorenzo si rese conto, con un brivido che lo attraversò da capo a piedi, che non aveva mai desiderato qualcuno così disperatamente. "Stefano!" gridò quando l'ultimo servitore crollò in cenere. "Dietro di te!" Ma Aurelius era già in movimento, le mani che si chiudevano intorno alla gola di Stefano con forza soprannaturale. "Bello spettacolo, figlio mio. Ma ora basta giocare." Il pugnale scivolò dalla mano di Stefano mentre Aurelius lo sollevava da terra, le dita antiche che premevano sui punti vitali con precisione chirurgica. Stefano lottò, ma la forza del suo creatore era immensa, alimentata da secoli di sangue e potere. "Guardalo morire, piccolo cacciatore," sibilò Aurelius, girando Stefano verso Lorenzo. "Guarda il tuo mostro preferito che muore per te." Lorenzo alzò l'arma, ma non riusciva a prendere la mira senza rischiare di colpire Stefano. Il vampiro stava diventando blu, i suoi movimenti sempre più deboli. "Lascialo andare!" gridò Lorenzo. "Prenditi me invece!" "Oh, vi prenderò entrambi," rise Aurelius. "Ma prima voglio che Stefano veda quello che accadrà al suo prezioso umano." Fu in quel momento che Stefano fece qualcosa che nessuno si aspettava. Invece di continuare a lottare contro la presa di Aurelius, si rilassò completamente, il peso del suo corpo che tirò entrambi verso il basso. Aurelius, colto di sorpresa, allentò la presa per una frazione di secondo. Fu tutto quello di cui Stefano aveva bisogno. Si girò nel braccio di Aurelius, afferrò il pugnale caduto, e lo conficcò nel petto del suo creatore con tutta la forza che aveva. La lama sacra penetrò nel cuore antico come se fosse burro, e Aurelius urlò con una voce che fece tremare le fondamenta stesse di Roma. "Impossibile," ansimò, guardando il pugnale che spuntava dal suo petto. "Sono... sono il tuo creatore. Non puoi..." "Posso," disse Stefano, la voce roca per lo strangolamento ma ferma come roccia. "Per lui, posso fare qualsiasi cosa." Aurelius crollò in ginocchio, le mani che si chiudevano inutilmente intorno all'impugnatura del pugnale. "Stefano... figlio mio..." "Non sono più tuo figlio." Stefano si inginocchiò accanto a lui, gli occhi che avevano ripreso il loro colore umano ma rimanevano fissi su quelli morenti del suo creatore. "Non lo sono mai stato davvero." "Tu... tu non sai quello che hai fatto..." Aurelius tossì, sangue nero che macchiò le sue labbra pallide. "Senza di me... senza il legame... tu..." "Sarò libero," finì Stefano. "Finalmente libero." Aurelius lo guardò un'ultima volta, e nei suoi occhi Stefano vide qualcosa che non aveva mai visto prima: rimpianto. Poi il vampiro antico si dissolse in cenere, portando con sé tre secoli di tormento e schiavitù. Il silenzio che seguì fu assordante. Stefano rimase inginocchiato accanto al mucchietto di cenere che era stato il suo creatore, il corpo che tremava per lo shock di quello che aveva appena fatto. Aveva ucciso l'essere che l'aveva creato, spezzando un legame che credeva indissolubile. E si sentiva... vuoto. Libero ma vuoto, come se una parte di sé fosse morta insieme ad Aurelius. "Stefano." La voce di Lorenzo era gentile, piena di una comprensione che faceva male. "È finita." "Sì." Stefano si alzò lentamente, le gambe che tremavano sotto di lui. "È finita." Lorenzo si avvicinò, ripose le armi e aprì le mani in un gesto di pace. «Come ti senti?» "Non lo so." Stefano lo guardò, e nei suoi occhi Lorenzo vide un dolore così profondo che gli mozzò il respiro. "Ho ucciso mio padre. Il mostro che mi ha creato, ma comunque... mio padre." "Hai ucciso l'assassino di mia sorella," corresse Lorenzo gentilmente. "Hai fatto giustizia." "Ho fatto una scelta." Stefano si avvicinò, fermandosi a pochi centimetri da Lorenzo. "Ti ho scelto invece di lui. Invece della mia natura, della mia specie, di tutto quello che sono." "E io?" Lorenzo alzò una mano, le dita che sfiorarono la guancia di Stefano con tenerezza infinita. "Cosa scelgo io?" "Quello che vuoi. Sei libero di andartene, di dimenticare tutto questo, di riprendere la tua vita normale..." "E se non volessi?" "Cosa?" "E se non volessi andarmene?" Lorenzo si avvicinò ancora, finché non furono così vicini che Stefano poteva contare ogni sfumatura di grigio nei suoi occhi. "E se volessi restare qui, con te, e scoprire cosa significa amare un vampiro?" Le parole colpirono Stefano come un fulmine. "Lorenzo... tu non sai cosa stai dicendo. Io sono ancora un mostro. Sono ancora..." "Sei l'uomo che ha appena ucciso il proprio creatore per proteggermi," lo interruppe Lorenzo. "Sei l'uomo che ha scelto me invece della propria natura. Sei l'uomo di cui mi sto innamorando, nonostante tutto quello che mi dice che dovrei ucciderti." "Ti stai innamorando di me?" La voce di Stefano era appena un sussurro incredulo. "Sono già innamorato di te." Lorenzo sorrise, un sorriso che era puro sole in mezzo all'oscurità delle catacombe. "La domanda è: tu cosa provi per me?" Stefano non rispose a parole. Invece prese il viso di Lorenzo tra le mani e lo baciò con una passione che sapeva di secoli di solitudine finalmente spezzata, di redenzione trovata nelle braccia dell'uomo che avrebbe dovuto essere il suo nemico. Lorenzo rispose al bacio con eguale ferocia, le mani che si persero nei capelli di Stefano, il corpo che si premeva contro di lui come se volesse fondersi con lui. Erano sporchi di polvere e cenere, feriti dalla battaglia, circondati dai resti dei nemici morti, ma niente di tutto questo importava. Quello che importava era il calore delle labbra di Lorenzo contro le sue, il sapore della sua bocca, il modo in cui il suo corpo rispondeva al tocco di Stefano come se fosse stato creato apposta per lui. Quando si separarono, entrambi stavano respirando affannosamente. "Portami a casa," sussurrò Lorenzo contro le labbra di Stefano. "Portami a casa e amami come se fosse l'ultima notte del mondo." "E se ti facessi male? E se perdessi il controllo?" "Non lo farai." Lorenzo sorrise, e c'era una fiducia assoluta nei suoi occhi grigi. "So chi sei, Stefano Rossi. So cosa sei. E ti amo comunque." Le parole erano una promessa e una benedizione insieme. Stefano prese la mano di Lorenzo e lo guidò fuori dalle catacombe, lontano dall'oscurità e dalla morte, verso la luce dell'alba che iniziava a tingere il cielo di Roma. Verso casa. Verso l'amore. Verso una possibilità di felicità che non aveva mai osato sognare. La battaglia era finita. Ma la loro storia stava appena iniziando.
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