La donna che ci accompagnava si rese conto del nostro stupore e si arrestò dicendo: «Benvenute ad Elitas… Uno dei regni sotterranei più potenti…» Non avrei mai immaginato che esistessero regni sotterranei. Claudia ripresasi dallo stupore iniziale commentò: «Siamo addirittura finite sottoterra sicuramente non faremo più ritorno a Roma…» La nostra accompagnatrice la interruppe dicendo di muoverci perché avevamo ancora parecchia strada da percorrere prima di raggiungere la nostra meta, attraversammo una grande distesa d’erba arricchita da fiori stupendi multicolori e ci addentrammo in un villaggio di abitazioni colorate, il tutto illuminato dai raggi del sole che sembrava di stare in superficie, non riuscivo a capacitarmi di come il sole potesse illuminare e riscaldare quel luogo e mi sembrava di vivere dentro un sogno ma ero consapevole che tutto ciò era reale. Gli abitanti del villaggio erano molto incuriositi da noi e qualsiasi cosa stessero facendo la interrompevano per osservare il nostro passaggio. Gli uomini che incontravamo erano vestiti normalmente con tuniche corte fino al ginocchio e non erano di certo guerrieri perché non indossavano armature e non avevano spade. Le donne fisicamente erano somiglianti alla nostra accompagnatrice con i capelli di quello strano colore che si avvicinava al bianco. Entrammo in un’altra galleria sempre illuminata da torce ardenti e anche questa non era molto lunga così la percorremmo velocemente. L’uscita era bloccata da due guerrieri armati che al nostro arrivo si fecero da parte per farci passare. Il paesaggio che ci si mostrava davanti era sempre stupendo, in cima ad un colle c'era un imponente palazzo che lo faceva sembrare un affresco era colorato di un azzurro intenso con molti piccoli tetti che terminavano a punta e mi dava l’impressione che fosse un palazzo regale. Sicuramente apparteneva al signore della zona data la raffinatezza con cui era costruito, illuminato dal sole i suoi raggi in alcuni punti contrastavano l’azzurro e gli facevano assumere un colore verde smeraldo, questi giochi di colori lo rendevano unico alla mia vista. Mi venne da pensare che forse quel luogo era la nostra meta. Mentre ci dirigevamo in prossimità del palazzo notai che il sentiero che percorrevamo aveva ai lati dei giardini a forma di cerchio e al loro interno vi erano quattro cerchi sempre più piccoli che si contenevano a vicenda dal più grande fino al più piccolo ed erano formati da fiori colorati che iniziavano con l’azzurro poi il verde, il bianco, ed infine al centro il rosa. Mi domandavo chi mai potesse creare quello splendore di certo qualcuno con un’intelligenza molto avanzata. Valeria si era bloccata ne era rimasta incantata, la nostra accompagnatrice le disse di muoversi che avrebbe avuto tempo per osservarli in seguito. Giunte davanti all’ingresso del palazzo due uomini di guardia ci fecero entrare, l’interno era di una raffinatezza unica, ogni corridoio che percorrevamo aveva il pavimento azzurro lucido, le pareti erano arricchite da pitture che rappresentavano ritratti di uomini; le porte venivano spalancate al nostro passaggio dalle guardie che erano ai loro lati, l'ultima porta che varcammo era quella che conduceva alla nostra meta. Entrammo nel grande salone e sopra di un pianerottolo sopraelevato c’era un uomo anziano con barba e capelli bianchi che probabilmente ci stava aspettando, era seduto su quello che sembrava un trono dorato rappresentante la figura del sole. La nostra accompagnatrice si prostrò a terra appena gli fu dinanzi, noi rimanemmo immobili non sapendo come comportarci ci guardavamo l’una con l’altra perplesse sul da farsi, nel frattempo si aprì una porta situata ai lati del trono e fecero il loro prorompente ingresso Vegard e gli altri cinque guerrieri. Mi venne un tuffo al cuore appena lo vidi ma egli non volgeva mai lo sguardo verso di me chissà forse provava vergogna per ciò che era accaduto la notte precedente. Era molto bello, indossava una tunica corta di colore azzurro e, teneva i suoi lisci capelli pettinati dietro le orecchie. Sopra la tunica indossava un mantello blu dello stesso colore dei sandali con lacci incrociati che gli arrivavano fino alle ginocchia; un’enorme spada era attaccata al cinturone che gli scendeva lento in vita, il suo abbigliamento lo distingueva dagli altri che indossavano gli stessi abiti di sempre, ero più che certa che appartenesse ad una casta sociale molto elevata. Continuavo a fissarlo insistentemente, finché si arrese e rivolse il suo sguardo verso di me, l’amore che nutrivamo l’uno per l’altra si manifestò in tutta la sua potenza nelle sensazioni sconvolgenti che provavamo in quell’istante. Lo sguardo che ci univa era un mare di emozioni e capimmo entrambi in quell’istante che il nostro amore era unico.