Il veliero sconosciuto.

492 Parole
 Aurelio ci faceva strada e dietro di noi avevamo i sei guerrieri, il luogo dove eravamo giunte era molto grande; in fondo ad esso c’era una specie di cucina con un grande tavolo e delle panche; dalla parte opposta delle pelli di animale stese a terra. Aurelio disse di sederci e restare in silenzio, non si sapeva a chi appartenesse la nave che si stava avvicinando e rischiavamo di finire in mani peggiori. Continuò dicendo che il mercantile su cui viaggiavamo non era attrezzato per affrontare un combattimento. Per un eventuale pericolo in cui potevamo incombere, avremmo potuto contare solo sui sei guerrieri. I sei uomini ci osservavano in silenzio, ognuno di loro aveva lo sguardo posizionato su una di noi; indossavano nuovamente l’armatura, la spada e la maschera le tenevano al loro fianco. Si sedettero a terra davanti a noi, il loro capo, Occhi di mare, non mi toglieva lo sguardo di dosso, questo mi rendeva molto nervosa e, per evitare di fare incrociare i miei occhi con i suoi osservavo continuamente i miei piedi. Appena alzavo lo sguardo i suoi occhi erano pronti a magnetizzarmi ed io lo riabbassavo nuovamente. Stanca di tutto ciò lo affrontai, dissi ad Aurelio di chiedergli che cosa volesse da me. Aurelio mi tradusse ciò che aveva risposto. Non voleva nulla, la mia persona lo affascinava non aveva mai incontrato una donna con i capelli del mio colore e con una carnagione come la mia. Non risposi, mi venne da pensare che le loro donne fossero talmente brutte che erano costretti a rapire le donne di Roma; mentre gli uomini, se fossero stati tutti come loro, non erano poi così male… Intuii, da come ci tenevano sotto controllo, che ognuno di loro aveva stabilito quella di noi che doveva proteggere. Occhi di mare chiese ad Aurelio se potevamo dire i nostri nomi. Mi rivolsi a lui con tono stizzito. I nostri nomi non dovevano interessare loro. Dovevano solo sapere che eravamo patrizie romane, che molto presto il grande esercito di Roma sarebbe venuto a salvarci; logicamente stavo bleffando dato che nessun romano sapeva dove fossimo. Aurelio riferì tutto e gli uomini scoppiarono in una gran risata, offesa e furibonda della loro presa in giro mi alzai cercando di allontanarmi. Un grosso scossone della nave mi fece perdere l’equilibrio e caddi proprio sopra di lui che mi trattenne con le sue braccia, per impedire che mi facessi male; i nostri visi erano così vicini che quasi si toccavano. L’emozione era per entrambi molto forte, riprovavo nuovamente tutte le sensazioni forti che mi facevano stare male. I nostri sguardi si scrutavamo intensamente e non riuscivamo a muoverci da quella posizione, quando un secondo scossone ci unì ancora di più. Avevo il viso poggiato sul suo torace e le sue braccia mi avvolgevano in un tenero abbraccio. Sarei rimasta così per sempre, tanto ero estasiata… Che cosa mi stava accadendo? Mi stavo forse innamorando di questo perfetto sconosciuto?
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