La prigione.

584 Parole
Il sovrano chiese al guerriero come mai mi tenesse nelle sue braccia, risposi io al suo posto dicendo che non potevo stare in piedi perché avevo una distorsione alla caviglia. Rivolsi il mio sguardo verso Barek, dato che era sua la colpa, ma egli rimase impassibile. Il sovrano gli ordinò di condurmi nell’alloggio predisposto per me e che avrebbe mandato qualcuno per curarmi. Nell’udire quelle parole mi tranquillizzai, se mi curavano non mi avrebbero ucciso, almeno per il momento. Uscimmo dal salone e durante il tragitto notai che vi erano molti ingressi che conducevano a delle gallerie ne dedussi che quel posto era immenso. Ne imboccammo una che ci condusse in una specie di cortile rotondo dove c'erano delle aperture sulla roccia a forma di arco che erano l’accesso a delle abitazioni. Entrammo in una di esse, attraversammo un corridoio tetro ed umido e il nostro percorso terminò davanti ad una vecchia porta di legno tutta tarlata. Quello era l’ingresso della mia prigione, una stanza con le pareti rivestite di pelli di animali c’era un letto e un braciere con del fuoco ardente, l’uomo disse che lì sarei stata al caldo e mi poggiò sul letto. Presto sarebbe arrivato qualcuno a curarmi la caviglia e dicendo questo se ne andò. Stranamente senza chiudere la porta con il chiavistello, in effetti dove sarei potuta scappare con la caviglia in quelle condizioni. Finalmente ero sola e i miei pensieri erano tutti rivolti a Vegard, pensavo alla sua preoccupazione nei miei confronti e al ricatto che volevano fargli per colpa mia, poi c’era Barek, la bestia che credevo di amare quando era tutt’uno con Vegard. Mi venne in mente ciò che mi aveva detto prima di possedermi, che mi amava, ero certa di aver udito quelle parole. Fui distolta dai miei pensieri dal rumore della porta che si apriva… Era LUI. Entrò nella stanza con il passo pesante e si diresse verso di me non sapevo se dovevo temerlo o no. Si avvicinò ed iniziò ad accarezzarmi il volto, il tocco della sua mano era pesante ma aveva imparato a controllarne la forza, gradualmente, riusciva ad alleggerire la sua carezza quanto bastava per non procurarmi dolore. Le sue carezze continuarono fino a che non coprirono tutto il mio corpo, cercavo di resistergli ma non ci riuscivo perché le sensazioni meravigliose che mi procuravano le conoscevo benissimo. Nessuno dei due pronunciò una parola, eravamo attratti l'uno dall'altra in maniera smisurata; ma il pensiero di Vegard mi fece ritornare in me e cercai di fermarlo. Gli dissi che se era vero che mi amava doveva smettere perché io non avevo la forza per respingerlo. Anzi, in quel momento, desideravo fare l’amore con lui più di ogni altra cosa al mondo. Il tocco delle sue mani si fece più pesante e mi resi conto che le mie parole lo avevano contrariato, si soffermò sui miei seni e stava facendomi male così tanto da farmi emettere un grido, nell’udirmi gridare riuscì a fermarsi seppur con difficoltà. Con uno scatto tolse le mani da me e velocemente lasciò la stanza… Il fatto che se ne fosse andato non mi faceva piacere, ma non mi sembrava giusto nei confronti di Vegard cedere a lui anche se non mi era affatto facile resistergli. Ero sicura di amarlo nella stessa misura in cui amavo Vegard e mi chiedevo come fosse possibile amare due uomini contemporaneamente… Ero molto arrabbiata per ciò che mi stava accadendo… “Proprio a me doveva capitare una situazione così complicata!”
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