La cella.

897 Parole
Salì sulla groppa del cavallo con me tra le braccia, lo spronò a galoppare velocemente seguito da un gruppo di suoi guerrieri, di Vegard non c’era nessuna traccia. Barek mi teneva stretta a sé per impedirmi di cadere dato che non ero in grado di reggermi per quanto ero dolorante, dopo un tempo interminabile per me giungemmo nel regno dei bestraghiani. Non fui condotta nella vecchia stanza ma in una vera e propria cella completa di sbarre. Barek mi poggiò sul letto, disse alla donna che ci aveva seguiti fin dal nostro arrivo di curarmi e di provvedere a tutto ciò di cui avessi avuto bisogno. Prima di andarsene si rivolse a me avvisandomi che se avessi rivolto una sola parola alla donna sarebbe stata immediatamente uccisa dalla guardia che era aldilà delle sbarre, incaricata di non perderci mai di vista. Dato il precedente accaduto con Giadrari non voleva che dessi confidenza a nessuna donna. Annuii non volevo che quella poveretta venisse uccisa per causa mia. Detto questo si riprese il mantello lasciandomi completamente nuda e dolorante sopra il letto. La povera donna si affrettò a coprirmi con una coperta, scoppiai in un pianto dirotto cercavo di soffocarne i singhiozzi ma non ci riuscivo. Lo vidi arrestare il passo e voltarsi verso di me, mi dava la strana impressione che gli fosse ritornata un po’di umanità sembrava volesse tornare indietro, ma non lo fece, diede un pugno sulla parete della roccia talmente potente che fece sgretolare il punto dove la sua mano aveva colpito. La donna accanto a me era terrorizzata stava tremando ed io continuavo a singhiozzare sconvolta. Barek si rese conto del nostro terrore era completamente fuori di sé e lasciò la cella ordinando all’uomo di guardia che non doveva perdermi di vista, pena la morte. Sdraiata sul letto raggomitolata su me stessa pensavo a Vegard e mi chiedevo se lo avrei mai più rivisto, poi ripensavo a Valeria e alla sua tragica morte e soffrivo terribilmente, avrei voluto porre fine alla mia vita e pregavo gli dei di farmi morire tanto era insopportabile il mio dolore. Trascorsi molto tempo in quella posizione finché sfinita dalle lacrime mi addormentai. Venni svegliata da una forte nausea iniziai a vomitare e stavo malissimo, l’uomo di guardia si preoccupò talmente tanto che andò a chiedere aiuto. Ritornò con un anziano accompagnato dalla donna che mi accudiva che si presentò come studioso del corpo. Mi fece dei controlli, stranamente con le mani si soffermava molto sul mio ventre e il suo verdetto finale fu sconvolgente. ASPETTAVO UN BAMBINO. La donna si mise una mano davanti alla bocca per trattenere un urlo, mentre io gridavo sconvolta che non era possibile; non potevo accettare quella  gravidanza non sapendo chi fosse il padre tra i due. L'uomo chinò il capo e non disse nulla, prima di andarsene disse alla donna di mettermi qualcosa addosso perché non potevo assolutamente prendere freddo. Lasciarono tutti la cella e a me sembrava d’impazzire, non riuscivo ad accettare tutto ciò ero letteralmente disperata. La guardia e la donna ritornarono in breve tempo con un grosso catino colmo di acqua calda, l’uomo mi disse di entrarvi dentro che un bagno caldo mi avrebbe fatto bene. Provai ad alzarmi ma non riuscivo a stare in piedi ancora dolorante della violenza subita da Barek, mi prese in braccio la guardia e mi mise dentro la tinozza. Mi sentivo un po’ meglio, la donna mi lavava delicatamente e stavo riprendendomi dallo shock, sarei diventata madre e sarebbe stato bellissimo se questo fosse accaduto in un altro contesto, mi chiedevo come potessi essere la madre di un bimbo che aveva due padri. Le braccia della guardia che mi sollevavano e mi rimettevano sul letto mi riportarono alla realtà. Non riuscivo neanche a stare seduta per via della violenza subita e mi rendevo sempre più conto di quanto Barek fosse un animale. Non finii neanche di pensarlo che me lo vidi comparire davanti, ordinò a tutti i presenti di lasciarci soli non se lo fecero ripetere due volte e si dileguarono velocemente. Dopo quello che era accaduto ero letteralmente terrorizzata da lui, lo supplicai tra le lacrime: «…Ti prego non farmi del male, aspetto un bambino…» Lo vidi inspirare profondamente, i suoi occhi rossi sembravano rivelare un briciolo di umanità e con un tono di voce stranamente tremolante disse: «Ne sono stato messo al corrente.» Mentre diceva questo si stava avvicinando, con un grido accompagnato dal gesto della mia mano che cercava di fermarlo dissi: «No… No non ti avvicinare, ti prego! » Era veramente sconvolto dalle mie grida di terrore, si arrestò e cercando di tranquillizzarmi mi disse che non mi avrebbe fatto del male che NON ME LO AVREBBE FATTO MAI PIÙ e continuò dicendo che ciò che mi aveva fatto lo faceva soffrire terribilmente, purtroppo quando non riusciva a dominare i suoi istinti animaleschi non aveva più il controllo della ragione. Promise che non mi avrebbe più fatta sua finché non fosse nato il bambino, quindi potevo tranquillizzarmi e, per evitare il pericolo avrebbe evitato di farmi visita fino ad allora perché non era sicuro che alla mia vista sarebbe riuscito a trattenersi, non voleva fare del male né a me né al bambino. Cntinuò dicendo che sarei rimasta in quel luogo fino al parto e poi avrebbe deciso il da farsi. Detto questo lasciò la cella scomparendo nella grotta.
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