Scossa da quei pensieri tornai sul ponte e rimasi fuori ancora per un po’per respirare profondamente quell’aria di mare che amavo così tanto. Non vi era traccia di Vegard, sul ponte c’erano solamente gli uomini dell’equipaggio che pulivano i residui della bisboccia svoltasi la sera prima. Raggiunsi le altre che erano abbastanza serene e stavano chiacchierando tra di loro, eccetto Creola, in disparte assorta nei suoi pensieri sicuramente riguardanti figli. Valeria finalmente sorrideva, era euforica quando parlava del giovane guerriero assegnato alla sua protezione si notava che era molto colpita da lui. Le altre concordarono con lei dicendo che erano molto colpite dai modi gentili che usavano, non sembravano affatto i barbari e sanguinari assassini di cui avevano sentito parlare. Mi faceva riflettere il fatto che erano molto temuti dall’equipaggio e da Aurelio, se li temevano così tanto un motivo ci doveva essere. Aurelio interruppe le nostre chiacchiere entrando nella stanza, era venuto ad impartirci lezioni di quella strana lingua. Mi avvicinai a lui e titubante gli chiesi dove fosse stato rapito, disse che era accaduto quando era molto piccolo e di avere pochi ricordi in proposito. Ricordava solamente che era in viaggio con i suoi genitori e degli uomini lo portarono via da loro, era stato condotto in un luogo dove altri fanciulli erano nelle sue stesse condizioni e che tutti furono addestrati ad essere servitori… Da allora, non aveva più saputo nulla della sua famiglia. In seguito fu messo su questo mercantile per svolgere il compito di traduttore ed insegnante di questa lingua. Mi domandavo quanto potesse avere sofferto un bambino così piccolo strappato alla sua famiglia e caduto in quelle mani. Creola nell’ascoltare la storia di Aurelio scoppiò a piangere, ripensava alla stessa sorte che era toccata ai figli. L’uomo continuò dicendo che i primi anni di prigionia gli avevano provocato molta sofferenza soprattutto nel capire e nell’adeguarsi ai costumi di quel popolo. A poco a poco si era abituato a loro, anzi era rimasto affascinato dal loro modo di essere e dalla loro cultura da non desiderare più la libertà, se lo avessero voluto liberare sarebbe rimasto. Ero completamente scioccata da ciò che avevo udito questi uomini riuscivano a soggiogare le persone a tal punto da farle affezionare a loro? Aurelio si rese conto della nostra perplessità e cambiò discorso, evidentemente non voleva approfondire l’argomento così disse che la lezione stava per iniziare. Le lezioni continuarono per parecchi giorni e il tempo trascorreva molto velocemente. Erano trascorsi cinque mesi dal nostro imbarco, la nostra vita a bordo procedeva sempre uguale, stranamente i guerrieri si tenevano a distanza da noi, quando uscivamo sul ponte loro rientravano nelle loro cabine e li vedevamo molto poco. Ne ero sollevata perché lo stare vicina a lui e non esserne amata mi provocava parecchia sofferenza. In compenso avevamo imparato la loro lingua abbastanza bene dato che ogni giorno facevamo solo quello. Quella mattina mi svegliai all’alba e andai sul ponte faceva molto freddo dato che ci stavamo avvicinando al Nord, avevo sentito dire che era un luogo molto freddo dove era sempre inverno. Rientrai in cabina per prendere una coperta da mettermi addosso, dato che non avevo altro per ripararmi. Avvolta dalla coperta era piacevole camminare sul ponte mi affacciai per vedere se c’erano i delfini, quando vidi proprio sotto di me una barca di piccole dimensioni con degli uomini a bordo. Uno di loro aveva in mano una fune e la stava per lanciare sul parapetto per poter salire sulla nave. Prima che potessero notarmi mi tirai indietro impaurita senza pensarci due volte corsi alla cabina di Vegard e bussai, in una frazione di secondo la porta si aprì lo avevo di fronte a me ed era bellissimo. Rimase sorpreso nel vedermi, dato che parlavo abbastanza bene la sua lingua spiegai che cosa avevo visto. Lo vidi impallidire, avvisò immediatamente gli altri che in un attimo erano pronti armi in mano, si diressero al punto che avevo loro indicato e saltarono giù dal parapetto… Ero allibita… Corsi ad affacciarmi per vedere se fossero ancora vivi dopo un salto del genere. Quello che si mostrò ai miei occhi fu una scena raccapricciante, tutti gli uomini della piccola imbarcazione erano morti massacrati in un millesimo di secondo; mi chiedevo come fosse possibile non riuscivo neanche a vedere Vegard e i suoi. Non c’era nessuna traccia di loro, mi voltai per correre a chiedere aiuto credendo che fossero in acqua feriti o chissà cosa, quando me li ritrovai dinanzi… Vegard notò il mio stato e si preoccupò immediatamente per me ordinando agli altri di lasciarci soli. Sentii girarmi forte la testa sicuramente l’emozione provocata da quello che avevo appena visto mi fece perdere i sensi. Mi risvegliai tra le sue braccia riuscivo a sentire l’odore della sua pelle per quanto mi teneva stretta a sé, mi chiese se stavo bene con un filo di voce gli dissi che stavo meglio. Rimanere abbracciata a lui mi faceva star male e cercavo di divincolarmi da quella stretta… La sua resistenza nel non volermi lasciare andare era più forte così mollai ed ebbe la meglio su di me, restammo abbracciati e per me il tempo si era fermato, tenevo gli occhi chiusi assaporando quell’attimo meraviglioso la grande emozione che mi provocava tutto ciò mi faceva desiderare di rimanere così per sempre. L'arrivo di uno dei suoi uomini mi riportò alla realtà, egli comunicò a Vegard che si era saputa la notizia e non aggiunse altro data la mia presenza. Che notizia?...Dove dovevamo essere condotte?...Chi erano Vegard e i suoi uomini così invincibili?...