Angosciata andai nella mia camera per prepararmi, Livia stava dormendo pacificamente e la baciai delicatamente sulla fronte; non avevo nessuna voglia di allontanarmi da lei. Aprii il baule in cerca di una veste adatta per l’occasione, ne trovai una molto bella che neanche ricordavo più di avere, il suo colore si avvicinava al verde delle foglie di primavera e la indossai. Aveva un’ampia scollatura che lasciava intravedere la prorompenza dei miei seni e mi donava molto, la gravidanza non aveva per niente compromesso la mia figura snella con forme morbide ed abbastanza evidenti. Lasciai i miei capelli liberi erano molto lunghi e non avevo nessuna intenzione di legarli. Svogliatamente uscii dalla stanza alla ricerca di mio padre che alla mia vista rimase stupito e mi chiese dove mi recassi, gli raccontai tutto e gli chiesi se poteva badare a Livia. Fu perplesso dell’invito fattomi da Cassio e mi avvertì di stare attenta a lui perché era un uomo molto ambizioso e pericoloso, era divenuto molto potente ed aveva fama di essere spietato e crudele. Mi poggiò ambedue le mani sopra le spalle e con tono preoccupato, disse: «Fai attenzione perché qualsiasi cosa desidera, se non gli viene concessa se la prende con prepotenza.» Capii immediatamente a cosa alludesse, lo tranquillizzai dicendo che ero solamente stata invitata ad una festa e niente di più. Nel frattempo arrivò Marco ad annunciarmi l’arrivo del calesse, salutai mio padre con un abbraccio raccomandandogli Livia e mi diressi fuori. Domitia era già lì, le sedetti accanto silenziosa e con aria triste. «Sei veramente molto bella ma con questo viso così cupo sembri proprio una strega!» Le sue parole mi fecero scoppiare in una gran risata che contagiò anche lei, dopo un breve tragitto il calesse si fermò dinanzi all’imponente villa appartenuta da sempre alla famiglia di Cassio che, conoscevo molto bene perché ci andavo a giocare da bambina. Attraversammo il lungo cortile e facemmo il nostro ingresso nella grande stanza dove si festeggiava. Antonio Aurelio e sua moglie Crispina, i genitori di Cassio, appena si accorsero della mia presenza vennero subito a darmi il benvenuto e si complimentarono per la mia bellezza. Presentai loro Domitia come una carissima amica, ci raggiunse anche Cassio che si distaccò dal gruppetto con cui colloquiava, mi prese ambedue le mani se le portò sulla bocca e le baciò. Teneva le sue labbra premute su di esse con una tale insistenza che mi mise a disagio e, indispettita dal suo atteggiamento le tirai indietro con uno strattone. Non gli fece piacere il mio gesto perché mi afferrò delicatamente per un braccio e mi condusse fuori in cortile. Chiese perché mi comportavo in quel modo che forse non mi rendevo conto di quante nobildonne romane fossero innamorate di lui. Continuò a parlarmi con tono autoritario dicendo: «Sono sempre stato innamorato di te e voglio che tu sia mia.» Nell’udire quelle parole cercai di liberare il mio braccio dalla sua presa, si arrabbiò ancor di più e pronunciò una frase che mi offese in particolar modo. «Non fare tanto la preziosa, hai anche una figlia bastarda e mi devi ringraziare dato che ho deciso di prenderti in moglie.» Lo strattonai di nuovo e liberai il mio braccio dalla sua stretta. Indignata risposi che per sposarci dovevamo essere in due ed io non avevo nessuna intenzione di farlo con lui, che non si doveva permettere mai più di mettermi le mani addosso. Conclusi dicendo che il mio cuore apparteneva ad un altro che Livia non era affatto una bastarda, ma bensì apparteneva ad una stirpe regale. Detto questo gli voltai le spalle e me ne andai, tornai da Domitia e le dissi che me ne andavo perché non mi sentivo molto bene, salii sul calesse e ordinai al soldato di ricondurmi a casa. I pettegolezzi che avevo sentito su Cassio erano realtà e anche l’avvertimento che mi aveva dato mio padre era fondato. Ora iniziavo ad avere veramente paura di lui, così decisi che sarebbe stato un bene ritornare da Vegard il più presto possibile senza attendere lo scadere dei tre giorni.