Aurelio lasciò la stanza per evitare qualsiasi altra domanda da parte nostra, subito dopo arrivò un uomo con delle vesti di stoffa pesante e degli stivali di pelle di animale, dopo averli indossati eravamo sicure di avere una totale protezione dal freddo. Sopra le vesti ci furono dati da indossare dei lunghi mantelli con un grande cappuccio contornato da pelle di animale. Non avevo mai visto delle vesti così sicuramente dovevamo recarci in un luogo freddissimo. Ci osservavamo l’una con l’altra e ci sentivamo così buffe con indosso tutta quella roba strana. Sentimmo bussare alla porta era Vegard che, rimasto sull’uscio senza entrare, mi chiese se ero in grado di muovermi. Annuii senza emettere un fiato, rassicurato della mia condizione dsse di seguirlo fuori, detti un ultimo sguardo a quella che era stata la nostra stanza in quei mesi e l’abbandonai; gli altri cinque guerrieri ci stavano aspettando appoggiati al parapetto della nave. In quel momento la mia più grande preoccupazione era la scala e la discesa che avrei dovuto affrontare nel frattempo giunse Aurelio per salutarci, abbracciò ognuna di noi con gli occhi pieni di lacrime era molto abbattuto per la nostra imminente partenza e le sue parole furono: «Coraggio! Siete donne romane e le donne romane sono forti.» Si limitò solo a pronunciare quelle parole perché era sempre sotto lo sguardo vigile di Vegard e dei suoi poi si ritirò sottocoperta senza mai voltarsi e fu l’ultima volta che lo vidi. Vegard disse che non saremmo scese con la scala visto l’incidente che era accaduto al nostro arrivo perché se qualcuna di noi fosse caduta in mare sarebbe andata incontro a morte certa, quelle acque erano gelide non vi si poteva sopravvivere, quindi per evitare fatti spiacevoli ci avrebbero fatte scendere loro. Non osavo pensare come, sembrava mi avesse letto nel pensiero così comunicò che dovevamo chiudere gli occhi perché avrebbero pensato a tutto loro. Rivolgendo il suo sguardo verso di me continuò: «…Per evitare ulteriori emozioni…» Chiusi immediatamente gli occhi sicura che per quel giorno ne avevo già viste troppe e non volevo vedere altro, le sue braccia mi presero con delicatezza, una grande folata di vento mi investì poi più nulla. Avevo il viso poggiato al suo torace e tenevo ancora gli occhi chiusi quando la sua mano mi sollevò il mento e sussurrò con le labbra appoggiate sulla mia fronte: «È tutto finito puoi aprire gli occhi.» Così feci e la prima cosa che vidi fu il suo volto vicinissimo al mio, lo sentii deglutire anch’egli evidentemente era emozionato dalla mia vicinanza dentro di me sentivo un fuoco che si era acceso e che non riuscivo più a controllare. Quel magico istante fu interrotto dalle parole euforiche di Valeria, sembrava una bambina che aveva scoperto un nuovo gioco per quanto era elettrizzata e raccontò quello che aveva visto, disse che aveva disubbidito aveva aperto gli occhi ed era sicura che avessimo volato.