Nei giorni seguenti in casa si respirava un’aria di piena felicità, mio padre ed io ci godevamo a tempo pieno l’arrivo di Livia. Era una bambina veramente stupenda ed anche molto calma, piangeva raramente e quando lo faceva l’attaccavo al seno e si tranquillizzava immediatamente, mangiava fin quando ne aveva voglia poi si riaddormentava pacifica. Mentre la osservavo che dormiva pensavo alla felicità che poteva dare a Vegard se solo l’avesse potuta conoscere. Neanche finii di pensarlo che entrò Marco nella stanza per annunciarmi che avevo visite, non lo feci neanche finire di parlare che già stavo correndo verso l’atrio, il mio istinto mi diceva che era Vegard colui che era venuto a farmi visita. Fui molto delusa e rattristata nel trovarmi dinanzi Svein che mi salutò e mi chiese notizie sulla mia salute e su quella della bambina, disse che era Vegard che lo voleva sapere. Gli domandai sorpresa come fosse stato al corrente Vegard del mio parto e addirittura come sapeva che era una bambina. Mi resi conto che mentiva quando mi rispose che non ne sapeva nulla, non approfondii perché conoscendolo sapevo che non gli avrei tirato fuori niente. Chiese se poteva vedere la bambina, acconsentii e lo accompagnai nella mia camera, si appoggiò sulla cesta dove dormiva Livia e rimase molto colpito dalla sua bellezza. «È molto bella vero?...Assomiglia molto alla tua gente ed è stupenda come suo padre!» Pronunciai quelle parole colme di orgoglio, fiera di esserne la madre. Continuai chiedendo: «Come sta Vegard?... Perché non viene a vedere sua figlia?... » Mi rispose che Vegard soffriva molto per il fatto di non poter stare accanto a noi, ma non c’era altra cosa da fare perché Barek in quell’ultimo periodo era decisamente nervoso e non riusciva a controllarlo in maniera appropriata. Se fosse venuto sarebbe stato molto pericoloso per noi, dato che non si poteva prevedere la sua reazione. Non avevo affatto paura di Barek, gli dissi che in questo momento così particolare della mia vita avevo bisogno di lui e mi ero stancata di aspettarlo. Doveva riferirgli, dato che non ero più incinta, se non fosse venuto lui da noi saremmo andate noi da lui e gli davo tre giorni di tempo e, alla scadenza del terzo giorno, saremmo partite per il regno degli elitiani. Svein fu molto colpito dalle mie parole e si congedò frettolosamente promettendo che sarebbe andato a riferirlo immediatamente. Nel frattempo Livia si era svegliata, la presi tra le mie braccia, sussurrandole all'orecchio dissi: «Tranquilla amore mio, tra qualche giorno farai la conoscenza di tuo padre.»