Chiesi a Domitia notizie di Claudia e Creola. Mi riferì che Claudia si era trasferita in Grecia, aveva superato abbastanza bene ciò che le era accaduto e stava per sposarsi con un ricco mercante di quel paese. Creola si era ricongiunta con i figli e il marito, prima di salutarla e partire anche lei per la Grecia, le aveva confessato che stava cercando di dimenticare la brutta storia del rapimento ma non le era facile farlo. Per noi era diverso, eravamo perdutamente innamorate dei nostri rapitori ed io aspettavo persino un figlio da uno di loro. Quel giorno Domitia rimase fino a sera nella mia casa, nei giorni seguenti venne spesso a farmi visita. Trascorsero alcuni mesi che passai quasi sempre a casa, non avevo una gran voglia di uscire ed ero molto triste per la lontananza da Vegard. Le visite di Domitia mi aiutavano molto a superare la mia angoscia, mi riferiva tutti i pettegolezzi riguardanti i nostri conoscenti, a volte anche molto buffi. Un giorno me la trovai dinanzi che rideva a crepapelle, mi riferì che Tullio Cassio, un vecchio amico di mio padre andava spifferando in giro che ero stata messa incinta da uno degli Dei dell’Olimpo. Scoppiai in una grande risata, fortunatamente c’era lei che ogni tanto mi distoglieva dal mio pensiero fisso, VEGARD. I giorni trascorrevano tutti uguali ciò che cambiava continuamente era il mio corpo, la mia pancia era cresciuta notevolmente. Si stava avvicinando il tempo del parto, sentivo il bimbo muoversi continuamente nel mio grembo. I sentimenti che nutrivo per lui erano di un amore immenso anche se ancora non lo conoscevo e non avevo la minima idea di come fosse. Il pensiero di partorire senza avere il padre vicino mi metteva in uno stato d’ansia e di paura, se fossi morta per una complicazione del parto non avrei più rivisto Vegard. Mi incuteva terrore la sorte che sarebbe toccata al bimbo, un orfano senza madre e con un padre lontano. Mi sentivo così sola anche se mio padre era sempre accanto a me colmandomi di attenzioni e d’amore, ma non era sufficiente quel vuoto solo Vegard lo poteva riempire. Stranamente pensai che anche Barek avrebbe potuto farlo. Quella sera mi coricai molto presto mi sentivo molto stanca, a notte fonda fui svegliata da dei dolori lancinanti all’addome. Le mie urla di dolore fecero accorrere mio padre che, resosi conto che avevo le doglie, mandò a chiamare due donne esperte nell’aiutare a partorire. Nelle ore che seguirono soffrii moltissimo, il bimbo non si decideva a nascere e i dolori erano insopportabili, poi vidi quella creatura così piccola e indifesa che strillava a squarciagola, impaurita dal nuovo mondo in cui era venuta alla luce. «È una bambina!!!» disse una delle donne, e la mise tra le mie braccia. Mentre la tenevo stretta a me ero molto emozionata, avevo già dimenticato i terribili dolori del parto. La osservavo incantata ed era bellissima, aveva la carnagione e gli occhi chiari era indissolubilmente un’elitiana a tutti gli effetti, finalmente avevo di nuovo con me una parte di Vegard e anche di Barek. Entrò nella stanza mio padre che si commosse alla vista di quella fragile creaturina. Sorridendo gli dissi: «Padre, ti presento LIVIA ho scelto questo nome in tuo onore, Romolo Livio Cicerone»