Capitolo Nove

1010 Parole
Ragnar aggrottò la fronte in un fiero cipiglio. Di che diavolo stava parlando, quell'omega? Il suo viso era atteggiato a un'espressione glaciale, chiaramente provocatoria, mentre attendeva che lui gli rispondesse. Che cosa si aspettava che gli dicesse? Tracciò con lo sguardo la curva del labbro superiore, la piega risoluta della bocca. Ricordò il contatto del suo petto contro il proprio. "Ehm... vi ho portato dalla palude alla spiaggia. Tutto qui." La sua pronuncia arrotata della r sembrava provenire dalle profondità del suo costato. "Che altro?" lo rimbeccò George, lasciando ricadere le braccia e chiudendo le mani a pugno contro i ciottoli. Ragnar seguì quel movimento con lo sguardo, soffocando l'impulso di scoppiare in una risata. Che cosa si proponeva di fare? Di sferrargli un pugno? Di colpirlo fino a lasciarlo incosciente? Era come se Dischiuse le labbra mentre il motivo di quell'interrogatorio appariva chiaro. Era un danese e, ovviamente, lui lo avrebbe giudicato tale. "Niente altro, ragazzo. Cosa avete immaginato? Che vi avessi violentato a metà strada fra il fiume e la spiaggia? Avete una pessima opinione di me." "Non mi sarei stupito. La vostra reputazione è notoria." "Non presso i sassoni." ribatté lui in tono brusco. "Dopotutto siamo venuti qui per aiutarli. La città ci sta accogliendo a braccia aperte." Il ragazzo ritrasse la testa come se Ragnar l'avesse schiaffeggiato e si morse il labbro, quasi si fosse reso conto dell'errore che aveva commesso. "Sì, naturalmente. Lo avevo dimenticato." Ragnar si chiese se avesse anche dimenticato di avergli parlato in francese. Non avrebbe rivelato il suo segreto ad anima viva. Non faceva alcuna differenza, per lui, se era sassone o normanno. Era solo un ragazzo che aveva avuto bisogno di aiuto. Le sue dita nervose stavano giocherellando con la frangia del copricapo ammucchiato sul suo grembo. Il tessuto bagnato dei pantaloni gli aderivano alle cosce, rivelandone la consistenza. "Posso accompagnarvi a casa?" si offrì. George gettò da parte la frangia e gli piantò in faccia o magnifici occhi blu. "No, ma... vi ringrazio per essere venuto a prendermi. Potete lasciarmi, adesso. Andatevene, vi prego." Ragnar annuì in risposta ai suoi riluttanti ringraziamenti, avvertendo il congedo nella sua voce. Non vedeva l'ora di sbarazzarsi di lui, appariva chiaro. Pensò a Eirik e al resto degli uomini che senza dubbio stavano tracannando boccali di birra nella locanda più vicina. Dovevano aver ormai iniziato a intonare i loro canti osceni. Non aveva voglia di raggiungerli. "E voi che cosa intendete fare? Rimanere seduto sulla spiaggia per tutta la notte?" "Questo non vi riguarda." ribatté lui, piegando le ginocchia e circondandole con le braccia. "Vi sto dicendo di andarvene." ripeté in tono sdegnoso. Lo stava comandando a bacchetta come se fosse stato un qualsiasi soldato! Ragnar inarcò le sopracciglia per la sua maleducazione, tornando ad accovacciarsi accanto a George, aghi e spilli cominciarono a pungergli le piante dei piedi. "E io vi sto dicendo che dovreste mostrare un po' di gratitudine. Vi ho appena salvato la pelle." Un avvertimento gli vibrò nella voce. "Un po' di umiltà non guasterebbe. Sareste morto se non fossi venuto a prendervi." George trasalì alla repentina durezza della voce di lui. "Qualcuno sarebbe venuto, prima o poi." "No. Nessuno aveva intenzione di soccorrervi. Il vostro datore di lavoro era disposto a lasciarvi affogare. Vi spiacerebbe spiegarmene il motivo?" "Non ho idea di cosa stiate parlando." appiattendo le mani sulle pietre, George si sollevò. Mentre si alzava, oscillò pericolosamente in avanti. Balzando in piedi, Ragnar gli afferrò il braccio, artigliandogli la carne per impedirgli di cadere. "Peur-ètre parce que vous etes normande?" Forse perché siete normanno?, gli bisbigliò all'orecchio. George si ritrasse sbigottito, ma lui non lo lasciò andare. "Non vi capisco." ribatté in sassone. "Che cosa state dicendo?" Descrisse un movimento circolare con il braccio per tentare di liberarsi dalla sua stretta micidiale. Ragnar però aveva letto il terrore nel suo sguardo. Lo tirò rudemente, costringendolo ad avvicinarsi ulteriormente, il viso e soltanto un paio di pollici dal proprio. La sua pelle aveva la tonalità dell'avorio, la lucentezza della seta. "Mi capite." continuò, circondato dal suo delizioso profumo. "Mi capite perfettamente. Cosa ci fa qui un'omega normanno in mezza a tutti questi sassoni? Non vi rendete conto che vi ucciderebbero se sospettassero chi siete?" .. Dio del cielo, cos'aveva fatto, nella palude? Cosa aveva detto? George avrebbe voluto mettersi a piangere per la propria stupidità. Come aveva fatto a tradirmi con tanta facilità, a rivelare il proprio segreto a quell'uomo? A quell'alto danese dalle spalle larghe, i folti capelli dorati e gli occhi verdi che era venuto per aiutare i sassoni. L'avrebbe ucciso? "Lasciatemi andare!" strillò, dibattendosi nella sua stretta. "Altrimenti io" La voce gli si spense nel rendersi conto della futilità di ciò che era stato in procinto di dire. Il furore defluì da lui, lasciandolo esausto. "... altrimenti mi prenderete a pugni?" Il tono di lui era sarcastico, urtante. "E vi sarà molto utile, non è vero? Poiché sappiamo entrambi che non verrà nessuno. e ne conosciamo anche la ragione." George curvò le spalle, come se quelle parole gli avessero inferto un colpo fisico. Smise di dibattersi, accasciando il corpo. "Lasciatemi andare. Vi prego" mormorò. Lui lo percorse con lo sguardo, privandolo del suo coraggio, lasciandolo esposto come se i suoi più intimi pensieri fossero stesi al suolo, in piena vista. "nono sono importante, per voi." Aveva ragione. Non era importante, per Ragnar e nondimeno lo incuriosiva. Ragnar sapeva che, se si fosse trattato di qualsiasi altra persona, se ne sarebbe andato. Tuttavia, una piccola parte di lui lo spronava a restargli accanto. "Vi accompagnerò dove vivete." Gli propose. "La città non è sicura." "Se lo dite voi." replicò George in tono ironico. "Ma credete sul serio che qualcuno si prenderebbe la briga di degnare di una seconda occhiata uno come me? Devo limitarmi a percorrere quel vicolo." aggiunse, indicando una scura apertura in lontananza. "E la mia famiglia mi starà aspettando." Lasciandogli andare il braccio, il danese gli diede una piccola spinta. "Andate, allora." gli ordinò in tono aspro. "Fate ciò che desiderate."
Lettura gratuita per i nuovi utenti
Scansiona per scaricare l'app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Scrittore
  • chap_listIndice
  • likeAGGIUNGI