La voce gli fece lo stesso effetto di una pugnalata al petto. Un aspro, gutturale odine in sassone, che George si sforzò di capire. Lasciando ricadere le mani dal viso, per lo sbigottimento sgranò gli occhi. Un uomo enorme si ergeva di fronte a lui, la mano tesa al di sopra dell'acqua.
Un ultimo raggio di sole si rifletteva sui suoi capelli, conferendo loro la tonalità del bronzo fuso. Un'aureola dorata che gli circondava la testa. Come un angelo, pensò scioccamente George, la mente annebbiata. Un angelo era venuto a salvarlo? Un inebriante sentore di cuoio e di fumo di legna emanava da lui, mescolandosi all'odore di salsedine proveniente dal mare. Si trattava di un'illusione, di un frutto della sua estenuata immaginazione, prodotto dalla sua disperata situazione?
Accigliandosi, lo studiò con maggior attenzione. No, non era un angelo. L'uomo torreggiava su di lui, le gambe divaricate per contrastare l'impeto della marea. Con indosso una tunica di cuoio senza maniche, i due lembi anteriori tenuti insieme da lacci incrociati, aveva l'aspetto di un barbaro, di un barbaro contrariato a causa di una mancanza di reazione da parte sua. Fissato da una spilla tempestata di gemme, un lembo di tessuto di lana gli avvolgeva le spalle larghe come un mantello, delle brache di lana gli fasciavano le gambe possenti. La luce del crepuscolo metteva in evidenza il suo viso, i lineamenti scolpiti come quelli di una statua, la mascella quadrata e le guance incavate sotto gli zigomi prominenti.
Il cuore gli accelerò i battiti. Sebbene non gli accadesse spesso di indulgere in futili fantasticherie, la sua immaginazione si era indubbiamente sbagliato, in quell'occasione. La paura di affogare, di essere in procinto di morire, aveva costretto la sua mente a evocare quell'immagine di perfetta mascolinità alfa. Incrociò le braccia e serrò le labbra in una linea dura, sfidando la visione a svanire. Un'apparizione suscitata dalla sua mente offuscata dal terrore e dalla mancanza di cibo. Quell'uomo non esisteva. Se lo avesse fissato abbastanza a lungo, sarebbe scomparso. George inclinò la testa da un lato e aspettò.
"Che cosa vi prende?" ruggì lui in sassone, la bocca sensuale distorta in una smorfia di frustrazione. "Mi capite? Datemi la mano?" L'acqua gli accarezzò l'orlo della camicia che pendeva da sotto la tunica più corta. aggrottando la fronte, George si sforzò di stabilire la sua identità. Con quella massa di capelli biondi sembrava piuttosto un dio norreno dell'antichità. Una risata gli gorgogliò nel petto. Cos'altro avrebbe inventato la sua mente confusa, adesso?
Qualcosa gli afferrò una spalla, scrollandolo con violenza. Poi una mano premette contro la sua guancia, le dita calde e callose, il pollice conficcato nel suo mento. George si ritrasse, a quel contatto, ma le dita rafforzarono la stretta, tirandolo in avanti. Due sfavillanti occhi verdi apparvero al centro del suo campo visivo.
"Guardatemi!" gli ordinò l'uomo, la voce aspra che scandiva le vocali sassoni. "Dovete aiutarmi, altrimenti affogherete. Ve ne redente conto? allacciatemi le braccia intorno al collo, e vi tirerò fuori da lì."
Mentre si sporgeva, le mani affondate intimamente sotto le sue ascelle, che gli artigliavano la carne attraverso gli strati di tessuto, George sobbalzò, e un intenso calore gli si rovesciò addosso allorché i pollici di lui gli sfiorarono il petto.
Ma non sta accadendo sul serio, si disse vagamente mentre emetteva uno squittio di protesta per la maniera brutale in cui lui lo stava trattando. Piegandosi in due, l'uomo si sporse dall'asse, il legno bianco a stento visibile sotto l'acqua, e tirò ripetutamente, estraendolo lentamente, inesorabilmente, dalla melma vischiosa.
"Allacciatemi le braccia intorno al collo!" ripeté, ringhiandogli nell'orecchio. costretto a obbedire dal suo tono imperioso, George sollevò le braccia e gli intrecciò le dita sulla nuca. La sua pelle era calda, le estremità dei suoi capelli gli sfioravano le mani. George si accigliò, tentando freneticamente di dare un senso a quella situazione paradossale. Quell'uomo lo stava davvero tirando fuori da quel maledetto fango?
L'aria gli investì le membra gelate mentre il fango allentava la stretta crudele intorno alle sue gambe. I suoi piedi penzolarono nel vuoto mentre due braccia muscolose lo sollevavano, sbattendo la sua esile figura contro un solido corpo maschile, petto contro petto. L'uomo gli insinuò un braccio intorno alla vita, sollevandogli ulteriormente le gambe. I pantaloni bagnati aderivano alle cosce, alle curve arrotondate dei fianchi.
Un intenso calore tornò a pervaderlo, una miriade di deliziose sensazioni che penetrarono attraverso il suo stato di semi coscienza. La vicinanza di lui parve scuoterlo, simile a uno schiaffo sulla guancia che restituì al suo corpo una piena consapevolezza. Il fiato gli si impigliò nei polmoni. Fu come se il tocco gli avesse strappato gli abiti di dosso, esponendo la sua nudità in modo che tutti potessero vederlo. Si sentì in mostra, terribilmente vulnerabile. Rifiutandosi di aggrapparsi a lui per sorreggersi.
"Allacciatemi di nuovo le braccia intorno al collo, altrimenti cadremo entrambi nell'acqua?" L'uomo cominciò a portarlo verso la riva, sballottandolo deliberatamente per costringerlo ad aggrapparsi al suo collo, alle sue spalle. Alzando il viso sui marcati lineamenti che si stagliavano su di lui nella semioscurità, George liberò una mano per fargli scorrere le dita lungo la mascella, un tocco lieve come l'ala di una farfalla, in preda a un senso di meraviglia.
"Etes- vous vrai?" domandò in francese, usando inconsciamente la propria lingua natale. Siete reale?
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Ragnar vacillò per la sorpresa, rischiando di perdere l'equilibrio sull'asse. La voce del ragazzo era dolce, armoniosa, e il tipico accento francese fece vibrare le sue corde più profonde. Non gli capitava spesso di udire quell'idioma ad alta voce, ma lo comprendeva, dato che sua madre gli aveva parlato nella sua lingua natale fin dalla nascita, anche se unicamente quando erano soli per non incorrere nelle ire del marito. Suo padre detestava qualunque cosa gli ricordasse come aveva rapito la moglie in Francia, nonostante il loro attuale, felice matrimonio. Ragnar osservò la pallida luminescenza del volto del ragazzo. Come mai, in nome di Thor, si trovava lì?
"Je le suis" rispose alla sua domanda.
"Dieu, merci." mormorò il ragazzo con palese sollievo. Grazie a Dio. Il suo corpo minuto si accasciò contro di lui, e un istante più tardi precipitò nell'oblio.