Due braccia possenti l'allacciarono alla vita da dietro in una stretta dolorosa, allontanandolo rudemente, allontanandolo rudemente dal bersaglio che aveva avuto intenzione di centrare.
venne sollevato, i piedi che penzolavano come attaccati a dei fili, poi sbattuto contro un corpo duro come il ferro. Delle dita gli torsero il polso, mordendogli la carne, finché la spada non gli scivolò dalla mano e cadde al suolo con un clangore metallico. Facendo oscillare le gambe, George scalciò furiosamente contro gli stinchi del suo invisibile avversario, spingendo giù con forza le braccia che lo imprigionavano.
"Smettetela, ragazzo, se sapete cosa è meglio per voi!". Una voce orrendamente familiare parve perforargli l'orecchio. No, non lui, non il danese che lo aveva liberato dal fango! George raddoppio gli sforzi per divincolarsi, ansioso di sfuggire alla sua stretta micidiale.
Notando i suoi vani tentativi, Eirik scoppiò in una risata, un suono beffardo.
"Vorrei poter applaudire la vostra determinazione, ragazzo. Tuttavia. ci vuole ben più di una spada cosi corta per eliminare uno come me." Alzando lo sguardo al di sopra della sua testa, lo portò sull'uomo che lo tratteneva. "Ti devo un favore Ragnar" Sorrise. "... Benché non sia affatto sicuro che la mia vita fosse in pericolo."
Abbassò lo sguardo sulla lama che brillava sul lastrico, e il sorriso gli si cancellò dalle labbra.
"Accertati che venga punito per ciò che ha fatto." Girando sui tacchi, prese il braccio del uomo che gli stava accanto. "Andiamo, stiamo perdendo del tempo prezioso che potremmo impiegare bevendo. Ragnar si occuperà del ragazzo."
Ragnar. Dunque era così che si chiamava l'alfa che lo imprigionava. Lo stesso alfa che lo aveva tirato fuori dal fango. Pur essendo un nome rude, si addiceva ai suoi occhi lampeggianti, ai tratti marcati del suo viso, all'alto corpo muscoloso che faceva pensare al mare aperto, e terre inesplorate: un animo inquieto.
Mentre George seguiva con lo sguardo gli uomini che si stavano allontanando, lui gli premette il petto contro la spina dorsale, avviluppandolo con il sentore che emanava, un misto di cuoio, e prorompente vitalità.
George chiuse gli occhi, un intenso rossore che gli imporporava le guance. Il fiato gli si mozzò in gola, poi emerse in brevi ansiti per l'intimità della situazione in cui si trovava. Le cosce di lui erano modellate sui suoi fianchi, anzi, li circondavano. Il suo braccio gli sfiorava il petto. Buon Dio, non era mai stato così vicino a un alfa.
E dopo ciò che era accaduto a lui e a suo fratello, aveva giurato di tenersi per sempre alla larga da tutti gli uomini alfa. Ma adesso? Adesso un bruciante calore lo stava pervadendo, diramandosi in ogni parte del suo corpo, erorrando il sangue nelle sue parti basse dove la sue erezione si risveglio, facendolo sentire in imbarazzo per la situazione. Mentre il cuore gli scoppiava.
"Lasciatemi andare." gracchiò. La sua mente turbinava in modo caotico mentre tentava di stabilire cosa avrebbe dovuto aggiungere. I suoi pensieri, però, erano diventati inafferrabili, incostanti ed effimeri.
Intorno alla sua vita il braccio gigantesco allentò un tantino la stretta, consentendo ai suoi piedi di toccare il suolo. Due mani gli afferrarono le spalle, facendolo girare su se stesso. Il mento di lui, accuratamente rasato, si trovava all'altezza della sommità del suo capo, le infossature poco profonde ai lati della bocca generosa che incorniciavano la mascella.
Rovesciando la testa all'indietro. George incontrò i suoi occhi.
"Quegli uomini hanno il denaro di mio padre." Un'ondata di spossatezza gli si rovesciò adesso, inducendolo a vacillare. "Devo inseguirli. Devo recuperarlo." La stanchezza gli incrinò la voce, privandolo di ogni convinzione.
"Non è necessario." ribatté Ragnar con la massima calma. "Non lo hanno loro."
George fece ruotare una spalla sotto la sua mano. Se solo se ne fosse andato e lo avesse lasciato in pace! Se non altro, sarebbe stato in grado di riflettere con un minimo di lucidità. I suo sguardo diretto lo gettava in confusione, rammollendogli il cervello.
"Cosa state facendo qui, in ogni modo?" proferì in tono arcigno. "Non dovreste trovarvi alla locanda a bere con gli altri?" Era talmente vicino a lui che la sua coscia gli aderiva al fianco. Terribilmente infastidito, si ritirò di scatto, urtando contro di lui.