George lo seguì lungo la scala a chiocciola, oltrepassando la guardia addormentata e attraversando una corte lastricata. Era talmente sollevato per il fatto di aver lasciato quell'orribile prigione che non si prese nemmeno la briga di chiedere a Ragnar dove fossero diretti. La corte era deserta, silenziosa. Alcuni cani dormivano in un angolo, addossati l'uno all'altro per scaldarsi. Uno sollevò il muso e drizzò le orecchie, fiutando l'aria e osservandoli mentre gli passavano accanto. Abbassando la testa, Ragnar aprì una piccola porta e cominciò a salire un'altra scala. George si fermò in fondo, una mano posata sulla fune che fungeva da corrimano. La stanchezza gli appesantiva le palpebre. Avrebbe voluto dormire, e dormire per giorni. Tutti i suoi muscoli erano indolenziti dopo aver giaci