Capitolo 13

1237 Parole
Teo stava ancora tenendo la mano di Riccardo, mentre lo guardava disteso sul letto, immobile. Erano passate delle ore e la preoccupazione non lo abbandonava. Sperava che in qualche modo Riccardo riuscisse a trovare la forza per reagire, ma il ricordo di ciò che era accaduto non smetteva di tormentarlo. Era stato tutto così rapido e intenso, eppure, ogni dettaglio rimaneva vivo nella sua mente. Sei ore prima Riccardo era caduto a terra, svenuto. Teo era corso subito a prenderlo tra le braccia, mentre il comandante Smith, vedendo la scena, aveva afferrato la pistola che sua sorella aveva fatto cadere, puntandola verso Teo, che era di spalle, abbracciando Riccardo. L'intento di Smith era chiaro: uccidere Teo e poi portare via Riccardo. Non gli importava della morte di sua sorella, non l’aveva mai sopportata. Nella sua famiglia, l'unica cosa che contava era la forza, non gli affetti; l’amore per lui era solo un ostacolo che distruggeva la determinazione. Ma quando si trattava di Riccardo, il desiderio che provava lo rendeva determinato ad ottenerlo a ogni costo. La pistola sparò, ma Jared, che aveva intuito ciò che stava per succedere, si lanciò nella traiettoria del proiettile. Con un gesto rapido, allungò le mani, da cui sprigionò una luce rossa che avvolse il proiettile, fermandolo prima che cadesse a terra. Si avvicinò al fratello, lo colpì in pieno volto e, poi, rivolgendosi a Teo, gli disse: “Prendi Riccardo e andiamo, prima che l’esercito arrivi a salvare il loro comandante.” Teo, stringendo Riccardo tra le braccia ancora svenuto, si avvicinò agli altri, mentre Sofia apriva un varco tra gli specchi. Vittorio si occupò del corpo di Carlo, staccandolo dalle braccia di Maria, la quale, ancora in lacrime, si alzò e si unì al gruppo. Il comandante Smith, con il sangue che gli colava dal naso, si rivolse a suo fratello: “Jared, per ora ti lascio andare, ma la prossima volta che ci incontreremo, solo uno di noi uscirà vivo.” Jared, con una calma glaciale, gli rispose: “Non vedo l’ora.” Sofia aprì finalmente il portale e tutti attraversarono il varco, arrivando in una dimensione fatta di specchi di ogni forma e dimensione. La luce era scarsa e l’ambiente sembrava irreale, ma Sofia si diresse con sicurezza verso uno specchio di un colore rosso acceso. Quando attraversarono lo specchio, si ritrovarono nel rifugio degli speciali, dove furono accolti da Luca. Luca, vedendo il corpo senza vita di Carlo, si avvicinò a Teo, che teneva ancora Riccardo tra le braccia, e lo abbracciò. “Mi dispiace molto, Teo.” Teo si staccò dall’abbraccio, ringraziò Luca e disse: “Grazie, ma ora dobbiamo portare Riccardo da qualche parte. Non è ancora cosciente.” “Okay, seguimi,” rispose Luca, e cominciò a camminare. Lo seguivano attraverso un corridoio fino a una stanza spaziosa, arredate con mobili pregiati in legno. Luca disse che quella era la sua stanza. Teo adagiò delicatamente Riccardo sul letto e si sedette accanto a lui, non volendo lasciarlo solo nemmeno un istante. Sei ore dopo Teo sentì un rumore e alzò gli occhi. Riccardo si stava svegliando. Teo si avvicinò subito, preoccupato. “Finalmente ti sei svegliato, stai bene?” Riccardo annuì, ma poi il suo viso impallidì, un ricordo agghiacciante affiorò nella sua mente. Non riusciva a credere di aver ucciso una persona. Era un assassino. Teo, vedendo la sua reazione, la guardò con occhi pieni di preoccupazione. “Cosa succede, Riccardo? Stai bene?” Riccardo, con le lacrime agli occhi, rispose: “Teo, dimmi che è stato solo un sogno, non posso aver fatto quello che ho fatto. Ho ucciso una persona, io che piango anche quando schiaccio una mosca…” Teo, visibilmente turbato, prese il suo viso tra le mani e disse con dolcezza: “Non sei un mostro, hai perso il controllo. Karen aveva appena ucciso nostro padre. Non pensarti un mostro per questo.” Riccardo, in lacrime, rispose: “Se dovessi perdere di nuovo il controllo dei miei poteri… potrei uccidere tante altre persone.” Teo la guardò con fermezza e le disse: “Non ti preoccupare, tua nonna ti insegnerà a controllare i tuoi poteri, anche quando sarai arrabbiato.” “Lo spero,” mormorò Riccardo, mettendo la sua mano su quella di Teo, ancora appoggiata sulla sua guancia. In un gesto di protezione e affetto, Teo si avvicinò e lo baciò sulle labbra. Riccardo, rispondendo al bacio, si lasciò andare. Ma, quando Teo iniziò ad accarezzarlo, Riccardo si ritrasse, visibilmente confuso. “Teo, non possiamo. Ho un appuntamento con mia nonna per l’addestramento.” Teo, deluso ma comprendendo la situazione, appoggiò la sua testa sulla sua spalla e disse: “Hai ragione, anch’io ho l’addestramento con Raul.” Riccardo, sorridendo, lo baciò sulle labbra e disse: “Abbiamo sempre stanotte.” Teo scoppiò a ridere e la abbracciò. “Va bene, va bene. Però, mi raccomando, non fare tardi.” Riccardo si preparò a lasciare la stanza, seguito da Teo, che si affrettò a raggiungere Raul. Mentre Riccardo camminava per raggiungere sua nonna, si scontrò con un uomo biondo. Il contatto quasi la fece cadere, ma si aggrappò istintivamente a lui. Quando alzò lo sguardo, si trovò di fronte un uomo bellissimo che gli chiese, preoccupato: “Va tutto bene?” “Si, tutto bene,” rispose Riccardo, ma stava per allontanarsi quando l'uomo la fermò dicendo: “Tu sei Riccardo Salvati?” Riccardo, incuriosito, annuì. “Sì, sono io.” “Io sono Jared Smith.” Riccardo gli strinse la mano, poi, con uno sguardo serio, gli chiese: “Sei parente del generale Smith?” “Si, è mio fratello.” Gli occhi chiari di Riccardo si oscurarono per un attimo. Poi, con un'espressione di colpa, disse: “Scusami, se Karen è morta, è colpa mia. Se vuoi, puoi odiarmi.” Jared si avvicinò e rispose con calma: “Non t'incolpare. Probabilmente avrei fatto lo stesso se fosse stata una persona che amavo.” Riccardo, sorpreso, gli sorrise, e poi disse: “Adesso devo andare. Ci vediamo in giro, a presto.” “A presto,” rispose Jared, mentre Riccardo si allontanava. Sofia stava aspettando suo nipote. Aveva passato tutta la notte a consolare la figlia, che finalmente si era addormentata a notte inoltrata. Mentre rifletteva, sentì un rumore dietro di sé. Si girò, sperando fosse Riccardo, ma trovò invece sua figlia Maria che, con un’espressione decisa, le disse: “Voglio addestrarmi anch'io. Non voglio che il sacrificio di mio marito sia vano. Ho dei poteri anche io e ora voglio usarli, per il bene dei miei figli.” Sofia si avvicinò alla figlia, orgogliosa della sua decisione, ma con una punta di preoccupazione. “Non lo fare per vendetta, Maria. I tuoi poteri possono essere pericolosi se non li controlli.” “Non ti preoccupare, mamma. Non lo faccio per vendetta. Lo faccio per i miei figli e per il futuro di tutti noi. Dobbiamo fermare quei mostri.” Le due donne si abbracciarono, quando finalmente Riccardo arrivò. In quella sala, c’erano tre persone che rappresentavano simbolicamente il passato, il presente e il futuro. Sofia, la madre che aveva sempre combattuto per chi amava, rappresentava il passato; Maria, la figlia che incertezze e speranza portava con sé, rappresentava il presente. E Riccardo, il ragazzo che, sebbene incerto e pieno di dubbi, era pronto a fare tutto il possibile per cambiare il futuro, rappresentava il futuro stesso.
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