XXVII. Non posso dipingere la mia disperazione; nessuna parola dell’umana favella esprimerebbe i miei sentimenti. Io era sepolto vivo, colla prospettiva di morire fra le torture della fame e della sete. Palpai macchinalmente colle mani ardenti il terreno. Come mi parve disseccato! Ma come avevo io fatto ad abbandonare il corso del ruscello ? Poichè insomma esso non era più là! Compresi allora la ragione di quel silenzio strano, quando tesi l’ultima volta l’orecchio per ascoltare se non mi giungesse qualche richiamo de’ miei compagni. Di tal guisa, al momento in cui posi il primo passo nella via imprudente, non m’avvidi dell’assenza del ruscello, E certo a quel punto una biforcazione della galleria si aprì innanzi a me, mentre l’Hans-Bach, obbediente ai capricci d’un altro pendio, se ne