07. BE HONEST (first time)

1655 Parole
«Allora ho lasciato perdere, insomma, se vuole solo scopare che paghi una prostituta.» disse Kyle alzando le spalle. William lo guardò confuso e mise in bocca una patatina (rigorosamente comprata prima di entrare a scuola nell'unico Fast Food aperto alle sette e trenta del mattino) masticando mentre il castano continuava a raccontare la sua sfortunata vicenda riguardante un appuntamento andato a monte a causa dello scarso interesse della ragazza ad avere una relazione. Curioso come sembrasse strano quel racconto dato che solitamente succedeva il contrario. Non che tutti gli uomini fossero stupratori seriali, sia chiaro. «Oh Ky, non pensarci più; quella deficiente non sa cosa si perde, okay? Lasciale fare quella roba con altri.» lo consolò Luke, circondandogli le spalle con un braccio e sorridendogli rassicurante. William li guardò leggermente invidioso; a quanto aveva capito i due si conoscevano da secoli ed erano l'esatto esempio di "migliori amici" che ognuno vorrebbe. Era come se fossero una persona sola, spesso si comportavano allo stesso modo, compivano gli stessi movimenti contemporaneamente o addirittura si completavano le frasi. Quasi gli facevano paura. «Grazie Lukey.» lo ringraziò Kyle, accennando un sorriso e rivolgendo tutta l'attenzione su William quando alla domanda «E tu che hai fatto ieri, Will?» da parte di James, calò il silenzio al tavolo. William sapeva che i tre non sopportavano Edward e il suo gruppetto (fatta eccezione per Astrid da parte di Luke) ma in fondo mentire ai suoi possibili compagni durante quella tappa del suo viaggio non era proprio la soluzione migliore; quindi, alzò le spalle come per fare intendere che la bomba che stava per sganciare non fosse poi così pericolosa, per poi «Sono stato a casa di Edward per il progetto di storia.» snocciolare velocemente, tornando con lo sguardo sul suo piatto. Aveva paura di perdere anche i suoi "amici temporanei" a causa di quella situazione, ma in fondo loro sapevano che stava stringendo amicizia con Edward e se davvero fossero voluti diventare suoi amici avrebbero dovuto accettare le sue scelte lasciando da parte i pregiudizi. E chissà, magari col tempo le sue idee sul riccio si sarebbero rivelate sbagliate, ma chi poteva dirlo con certezza? «Edward? Edward Adams?» chiese James con una punta di acidità che infastidì leggermente William. James era perennemente acido o di malumore ogni volta che il suo amico veniva nominato e nonostante William cercasse di far capire al ragazzo che l'altro non fosse poi così male, il moro non si smuoveva dai suoi pregiudizi. All'ondata di antipatia si unì anche Luke che fece una smorfia, «Perché non chiedi di farti spostare con una persona decente? Io non andrei a casa sua manco sotto tortura.» aggiunse, come se William non fosse già abbastanza nervoso per la reazione del moro. Allo splendido teatrino si aggiunse anche Kyle, che «Concordo, che ansia.» borbottò con il pane in bocca. William strinse i pugni infastidito, «Che c'è di così strano in Edward Adams, porca puttana? Cosa vedete di così tanto sbagliato in lui? Ogni volta che ne parlo fate smorfie schifate, sembra quasi vi venga il vomito al solo sentire il suo nome. Ma a causa di cosa? Pregiudizi! Cazzo, odio questa situazione, io cerco di essere più aperto per creare un rapporto con voi e puntualmente mi respingete non appena si tocca l'argomento Edward. Mi sono davvero stufato di queste reazioni e di avere sempre paura di non venire accettato solo perché lo ritenete una merda quando, dal primo momento che sono arrivato in questo posto, mi ha aiutato e continua a farlo tutt'oggi. Edward Adams, per quanto poca possa conoscere di lui, si è dimostrato una persona davvero gentile e alla mano e quando sarete in grado di accettare il mio punto di vista vi prego di farmelo sapere.» sbottò facendo voltare anche qualche studente a causa del tono di voce alto in alcune parti del discorso che particolarmente lo toccavano, per poi alzarsi e gettare nella spazzatura il resto del suo pranzo, uscendo successivamente nel giardino sul retro e sedendosi sotto il primo albero disponibile, ossia l'unico che non ospitasse due intenti ad esplorarsi la gola con la lingua. «Non credo di essere mai stato difeso così da nessuno.» osservò Edward, sedendosi accanto a lui e facendolo sobbalzare. William si voltò e alzò le spalle imbarazzato nel realizzare che avesse praticamente spiattellato davanti a tutta la scuola quanto Edward stesse diventando importante per lui. E se il riccio non avesse voluto far capire che stavano stringendo amicizia o non avesse voluto avvicinarsi a lui? Era una tesi decisamente stupida, dato che era lì, seduto accanto a lui, non sembrava per niente arrabbiato e l'aveva di certo seguito non appena era uscito dalla mensa. «Mi dispiace aver urlato o detto tutte quelle cose senza il tuo consenso. Non volevo, davvero, ma ogni volta che parlo di te James, Luke o Kyle, se non tutti insieme, sbuffano o mi ignorano. Mi trovo molto bene con te, mi sei stato vicino sin da subito e sembrerà una cosa stupida, ma a furia di viaggiare cambiando casa praticamente ogni anno, non ero abituato ad avere qualcuno che si preoccupasse per me o che mi desse una mano anche nelle situazioni più stupide come aprire un armadietto.» sorrise appena portando le ginocchia al petto, poggiando su queste la testa e rivolgendosi verso il riccio che sorrise (stranamente questo sorriso sembrava normale e non il solito misto di emozioni indefinibili) e poggiò la schiena contro l'albero, «Quindi pensi davvero tutto ciò che hai detto?» chiese guardandolo curioso. William annuì sicuro, «Ogni singola parola.» affermò tanto per rafforzare il concetto. Edward tirò un filo d'erba con fare distratto e si schiarì la voce, «Che intendi con cambiare casa ogni anno?» chiese poi, guardandolo e rivolgendogli quindi tutta la sua attenzione. William nascose la testa tra le ginocchia e pensò se dire ciò che mai aveva detto a qualcuno (non che qualcuno si fosse mai preoccupato di chiedergli qualcosa riguardante la sua miserabile vita) o se tacere e dire una bugia. Poi alzò la testa nuovamente e si ritrovò gli occhi verdi di Edward a pochi centimetri dal suo naso, così senza neanche riuscire a fermare la lingua o a controllare la connessione al cervello, parlò. «In sintesi, a mia madre piace parecchio viaggiare, diciamo così. Solo che ogni suo viaggio si trasforma in tragedia quando uno dei suoi innumerevoli "amori per la vita" la lascia, quindi decide di cambiare paese. Col dire "cambio casa ogni anno" intendevo che ci trasferiamo molto spesso, ovviamente non ogni anno precisamente.» rise appena per sdrammatizzare mentre Edward annuiva sembrando parecchio concentrato sulle stupide informazioni che William gli stava rivelando, senza riuscire a fermarsi. Probabilmente gli anni passati a tacere, a discutere solo con sé stesso proponendo tesi e antitesi di varie situazioni, confrontarsi solo con le proprie opinioni e non ottenere mai un parere o un aiuto da qualcuno, l'avevano portato a sfogarsi tutto in una volta con una persona che al momento era poco meno di uno sconosciuto, anche se si sa, è più facile parlare con chi non si conosce molto spesso. «Mi dispiace, Will.» disse sinceramente Edward, circondandogli le spalle con un braccio. William rabbrividì al contatto, trovando strano come il loro rapporto stesse andando veloce. Era come se quel feeling fosse scattato all'improvviso e i vari tentativi di Edward di dargli una mano, l'avessero intensificato. William non si era mai sentito così, non aveva mai parlato in modo così aperto e sincero con qualcuno, e quel misto di emozioni e sensazioni nuove non era ancora stato classificato come cosa buona o cattiva, ma per il momento voleva godersi quella sua prima volta senza pensare alle conseguenze. Era davvero incredibile e improbabile che lui si lasciasse andare, ma sentiva di potersi fidare. «Prima o poi ti ci abitui. Ora non mi sembra neanche strano cambiare città. Non stringo amicizie, non mi preoccupo di avvicinarmi alle persone o di aprirmi con qualcuno, non serve perché vorrei risparmiarmi il dolore post abbandono, se capisci cosa intendo.» continuò, guardando un punto a caso del muro bianco davanti a loro. Edward lo strinse più a sé e gli accarezzò la spalla, «Eppure poco fa sembravi parecchio propenso a stringere amicizia con me, o meglio, a difendere la nostra amicizia.» gli fece notare mettendolo, senza saperlo, a disagio. Come doveva rispondere? Dargli false speranze su un'amicizia che sicuramente non sarebbe durata a chilometri e chilometri di distanza o illudersi per una sola volta della possibilità di avere qualcuno con cui affrontare le difficoltà che sua madre causava alla sua vita? Semplicemente, essere onesto. Ecco la risposta; non mentire per una volta nella sua vita. «Perché non mi sono mai trovato così bene con qualcuno, soprattutto in poco più di due settimane.» ammise schietto, pentendosi subito dopo di essere stato troppo sincero. Probabilmente ora Edward avrebbe creduto che avrebbe fatto l'amico appiccicoso a causa della sua solitudine e che l'avrebbe perseguitato fino al prossimo trasferimento. Al contrario delle sue ansie (sempre presenti e forti) Edward annuì accennando un sorriso, «Sappi che essere il primo a darti questa sensazione, è un onore.» confessò. E a William sembrò davvero sincero. Possibile che finalmente avesse trovato un potenziale amico? Vennero interrotti dalla campanella che portò Edward a sbuffare sonoramente e lasciare la presa su William, alzandosi in seguito e porgendo la mano all'altro. Quest'ultimo la afferrò e si tirò su sorridendogli, «Ci vediamo al lavoro?» chiese retoricamente. Era ovvio che si sarebbero visti dato che avevano ogni turno insieme. Adorava poter passare più tempo con Edward anche lì. «Ovviamente.» rise Edward, prima di baciargli la guancia e rientrare. Gesto casuale, o forse studiato, ma che fece comunque capitolare William. Si toccò la guancia reprimendo qualunque cosa gli stesse passando per la testa, cercando al tempo stesso di far sparire il rossore che di certo gli aveva invaso il viso, per poi entrare velocemente dentro la scuola, seguito dalle coppiette smielate che poco prima limonavano sotto gli alberi.
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