Samuel
Beatrice… Beatrice…
Sentivo solo il suo nome nella mia testa, il ricordo del suo profumo mi faceva girare la testa o forse era solo l’effetto del quarto bicchiere di Whisky. Quella sera mio fratello avrebbe dovuto badare ai bambini perche la sua dolce moglie aveva il turno di notte in ospedale per questo mi aveva abbandonato al mio destino. Non sapevo da quanto tempo fossi seduto in quello sgabello e non sapevo quanto alcool ancora necessitassi per eliminare quella ragazza dalla mia testa. Era diventata il mio tormento. Vidi una donna avvicinarsi a me con fare lascivo, la squadrai e le sue gambe nude per il vestito corto si rivelarono molto interessanti.
“ Sei qui tutto solo, è da un po’ che ti osservo”
Voleva scopare e io ero fottutamente ubriaco.
“ Scommetto che sei qui perché vuoi farmi compagnia vero?” lei sorrise ammiccante e io scolai quello che rimaneva del liquido scuro.
***
Quella mattina mi sentivo in forma, il vero me stesso era tornato al suo equilibrio e nulla e nessuno avrebbe potuto rovinare quella giornata o così credevo fino a quando quella maledetta lettera non giunse tra le mie mani.
Beatrice
Scrissi la mia lettera di dimissioni e mi preoccupai che Liliana la facesse trovare sulla scrivania di De Luca. Non mi chiese perché lo stessi facendo, si limitò a darmi conforto come una vera amica.
Mi isolai in casa spegnendo ogni contatto con il mondo esterno, solo Stef sapeva cosa fosse successo quella notte e cosa avessi deciso di fare della mia vita.
Presi il computer e sulla pagina bianca cominciai a scrivere quella che fino a quel momento era stata la mia vita.
Non risparmiai nessun dettaglio, ciò che era dolore o felicità lo misi nero su bianco e per la prima volta dopo tempo tornò in me la sensazione di benessere.
Un tonfo alla porta mi distolse dal mio mondo immaginario, scossi la testa e cercai di non darvi peso. Non avrei voluto vedere nessuno e non mi preoccupai fosse Stef dato che come inquilino era dotato di chiavi.
Non feci tempo ad immergermi che un altro tonfo invase i miei timpani
“ BEATRICE! Apri questa dannata porta!” la sua inconfondibile voce mi fece allarmare. Non sapevo perché fosse dietro la mia porta di casa ma sospettai si trattasse delle mie dimissioni. Rimasi in silenzio, sperando che tornasse sui suoi passi lasciandomi in pace.
“ So che sei dentro quindi apri questa porta!” i rumori crebbero e mi fiondai alla porta temendo la sfondasse. Quando la aprii trovai Samael, la personificazione del demonio pronto a riprendere la mia anima perduta.
“ Cosa cazzo è questa?” gettò in aria le mie dimissioni e io lo tirai dentro casa prima che i vicini si preoccupassero delle urla sul pianerottolo.
“ Mi sembra evidente” misi le mani ai fianchi in attesa che mi dicesse cosa volesse da me
“ Non puoi andartene. Sei Emilia, o lo hai dimenticato?”
“ Potrò continuare ad essere lei mentre lavoro per Gabriel” mi tappai la bocca con la mano per il terribile errore commesso.
Samuel in risposta scagliò al muro il primo oggetto che gli capitò a tiro facendolo in mille pezzi.
“ Sei diventato matto?!” lo spintonai cercando di farlo tornare in se
“ Non puoi andare a lavorare per lui!” lo derisi amaramente
“ È ovvio che io possa farlo e tu non puoi impedirmelo”
“ Nel tuo contratto c’è una clausola di non concorrenza non puoi andare da nessuna parte”
“ Ho letto bene quel contratto e non esiste nessuna clausola”
“ È stata aggiunta di recente” le mie narici si allargarono e gettai un urlo isterico in preda alla rabbia
“Sei un maledetto!” cominciai a colpirlo sul petto mentre lui assorbiva i colpi come fossero carezze.
“ Mi hai sempre disprezzato non ti è mai piaciuto nulla che io facessi!” continuai il mio sfogo agguerrita
“ Lasciami volare via Akbar” citai le parole di Sherazad la cui vita ormai si confondeva con la mia. Mi accasciai sul suo petto poggiandovi la testa, esausta dalla mia lotta unilaterale.
Le sue mani circondarono il mio corpo stanco e attesi le sue parole.
“ Tu sei la mia rosa Sherazad e la mia mano sanguina per le tue spine”
mi scostai dal suo petto e guardai i suoi occhi lucenti. Mi specchiai in essi e riconobbi me stessa. Mi resi conto di non essere mai stata la Beatrice di Dante o la Simonetta di Botticelli, donne mistificate dall’amore impossibile di un uomo. In quegli occhi cielo vidi una donna reale capace di bruciare di passione per il proibito, vidi Sherazad bloccata nel limbo della ribellione e vidi Elizabeth Bennet troppo accecata dai suoi pregiudizi per lasciarsi andare.
Mi sollevai sulle punte dei piedi e circondai il collo di Samuel con le braccia cercando il contatto con le sue labbra. Dopo lo stupore iniziale la sua bocca si aprì alla mia per una danza passionale che ci avrebbe condotto all’inferno.
I nostri corpi ancora ansanti dall’amplesso, si stesero esausti sul letto. I mei occhi si chiusero assaporando ancora il gusto dolce delle sue labbra. Per un solo istante riuscii ad immaginare che tutto fosse reale. Immaginai Samuel stringermi tra le sue braccia sussurrando parole dolci. Immaginai di svegliarmi accanto a lui e fare colazione insieme.
Mi tornarono in mente i gemiti di quella donna e la realtà mi piombò addosso come un macigno. Il mio cuore si indurì e i mei sentimenti mutarono in apatia.
Mi alzai ricoprendo il mio corpo con la vestaglia poggiata sulla sedia accanto al letto.
“ Devi andare via” non arrivò una risposta per cui mi ripetei
“ Devi andare via Samuel” lui si levò dal letto mostrando il suo corpo nudo mentre si rivestiva con tutta calma.
Lo accompagnai alla porta ma prima di lasciarmi mi guardò con dispiacere.
“ Perché stai facendo tutto questo?” mi allontanai prima che la mano raggiungesse la mia guancia.
“ Mi hai chiesto cosa io sia disposta a fare” lui aggrottò le sopracciglia
“ Cosa c’entra con tutto questo?”
“ Sei entrato in casa mia e abbiamo scopato nonostante ti abbia sentito questa mattina in ufficio “ Samuel sgranò gli occhi e il suo colorito perse un tono. Cercò di balbettare qualche scusa pessima ma lo fermai.
“ Ecco cosa sono disposta a fare Samael, ho riconosciuto la mia essenza. Adesso sparisci dalla mia vista” lo spinsi via e solo quando richiusi la porta mi lasciai trasportare da lacrime disperate. Mi sentii sporca e in bilico tra il dolore e la follia.
***
Come Samuel aveva accuratamente specificato la clausola di non concorrenza mi limitava per un anno e anche se avessi voluto tanto andare via non mi sarei potuta permettere di non lavorare per tutto quel tempo. Gabriel di certo non la prese bene, maledisse in ogni modo possibile De Luca e mi invitò ad un pranzo che io gentilmente declinai. Era da una settimana che Samuel ed io non avevamo una vera conversazione. A lavoro limitavamo gli incontri quanto meno possibile mentre io mi sentivo un automa incapace di provare altro che tristezza e vergogna per me stessa. Avevo riconosciuto di essere una debole e adesso ne pagavo il prezzo.
“ Mamma” risposi al telefono dopo la quindicesima chiamata. Nonostante sapesse che non prendevo chiamate personali a lavoro quella donna non sentiva ragioni.
“ Beatrice! Finalmente ti sei decisa” sbuffai ma non persi tempo a spiegarle il motivo della mia reticenza alle sue chiamate.
“ Cosa vuoi questa volta?” la mia insolita apatia la colpì dato il suo silenzio
“ Va tutto bene tesoro?” quasi mi vennero le lacrime agli occhi, per tanto tempo una domanda come quella mi avrebbe fatto battere il cuore ma in quel momento , non riuscivo a sentire più nulla.
“ Certo, come sempre”
“ Vorrei che tu venissi alla festa di questa settimana” Mia madre era una donna mondana al quarto matrimonio e l’ultimo era stato un acquisto molto fruttuoso. Della sua vita precedente non era rimasto nulla se non un ricordo lontano che mi aveva colpita nel profondo.
“ D’accordo” mi resi conto di aver toccato il fondo. Non avrei mai partecipato ad una festa di mia madre se non fosse per la brama di voler provare qualcosa. Non ero pretenziosa, mi sarebbe bastato un minimo scintillio di rabbia o disgusto.
Mia madre esultò, entusiasta di poter presentare finalmente sua figlia in società. Mi raccomandò di indossare un abito da cocktail e di comportarmi bene. Mi sentii una bambina di dieci anni costretta a vivere sotto l’egemonia di una madre orrendamente opprimente.
Salutai la donna e tornai ai manoscritti.
“ Stef, puoi chiudermi la lampo?” il corpino di quel vestito era tremendamente stretto, credevo di essere in forma ma a quanto pareva avevo messo su peso.
“ Sei sicura che questo sia adatto?” guardai Stef imbronciata. Mi piaceva davvero molto quel vestito e lo avevo anche preso per l’occasione.
“ Cosa ha che non va?” misi le mani ai fianchi e lui mi squadrò dall’alto in basso.
“ Sei troppo sexy e tua madre avrà solo da criticare” lo avevo preso proprio per destare scalpore ma non lo rivelai al mio amico
“ Sono abituata ai suoi commenti”
“ D’accordo ma non dire che non te lo avevo detto” risi
“ Cazzo, sono in ritardo!”
“ Vai principessa la tua regina madre ti attende” gli feci la linguaccia e fuggii via.
Mia madre mi aveva inviato un auto con tanto di autista. Conoscevo bene la villa ma quando la vidi agghindata e illuminata mi sembrò di non riconoscerla. Mia madre viveva fuori Firenze, diceva sempre che la città la annoiava e che il suo desiderio era quello di vivere in una grande villa per organizzare tante feste. Beh grazie ad Edmondo Linares era riuscita a realizzarlo. Il suo quarto marito era un magnate spagnolo che aveva incontrato in un suo viaggio alle Maldive e due settimane dopo tornò con una fede al dito e tanti soldi.
“ Beatrice cara!” mia madre mi salutò con gesti esagerati facendo riconoscere la mia identità all’intera sala.
Ricambiai a stento il suo abbraccio e le sorrisi. Il suo sguardo indagatore si posò sulla mia scollatura e il suo disgusto fu evidente
“ la prossima volta ti mando un vestito decente” sculettò via lasciandomi sola nella massa. Presi un bicchiere di champagne per rilassare i miei nervi e feci un giro della sala.
“ Beatrice, quale onore” alzai gli occhi al cielo dinnanzi al volto orrendo di Roberto.
“ Già” lui mi prese la mando posando le sue labbra sulle nocche. Più che galante mi sembrò viscido e irritante.
“ Sei di una bellezza strabiliante” i suoi occhi lucenti e lussuriosi mi fecero venire la nausea
“ Tu, invece, caro Roberto non sei cambiato” tentai la fuga ma mi imbattei su un corpo solido. Alzai lo sguardo per scusarmi ma quando due occhi celesti mi fissarono il mio cuore prese a palpitare dopo una settimana di assenza.
“ Samuel” sussurrai il suo nome incapace di comprendere se lui fosse una visione. Mia madre mi fece intendere che fosse reale quando si appoggiò al suo braccio sorridente.
“ Signor De Luca! Sono felice che sia riuscito a venire”
“ Signora Linares sono rimasto colpito dal suo invito e non mi sarei perso l’evento per nulla la mondo” le sue ultime parole vennero pronunciate guardando il mio volto.
“ Mamma credo che qualcuno laggiù ti stia chiamando”
“ Oh che sbadata! Si diverta caro e faccia divertire anche la mia povera figlia!” sbiancai per l’imbarazzo ma approfittai del suo allontanamento per trascinare Samuel via con me.
Mi seguì senza opporre resistenza e quando arrivammo al piano di sopra mi chiusi in quella che avrebbe dovuto essere la mia stanza.
“Che cazzo ci fai qui ?” l’ira accumulata esplose come un tornado
“ Mi ha invitato tua madre, dato che rifiuti ogni suo invito a causa del lavoro ha pensato bene di chiamarmi per essere sicuro che tu non fossi impegnata “ disse lui con ovvietà facendo salire la mia collera a livelli inimmaginabili. Presi un bel respiro e cercai di placarmi.
“ Non so come diavolo sia possibile che mia madre abbia invitato proprio te ma devi andare via”
“ Io non vado da nessuna parte Beatrice” incrociò le braccia al petto con fare tranquillo
“ È assurdo!” camminai per la stanza in preda alla disperazione
“ Più cerco di dimenticarmi di te più ti ritrovo ovunque!” gli puntai il dito contro e notai i suoi occhi brillare. Si avvicinò con passo felpato facendomi indietreggiare fino al bordo del letto al centro della stanza.
“ Cerchi di dimenticarmi ?” ingoiai il magone
“ Con tutta me stessa”
“ È meglio assicurarsi che tu non lo faccia” mi cinse tra le sue braccia aggradendo le mie labbra come fossero acqua per un assetato. Quando si staccò i miei capelli erano disordinati e il mio respiro ansante. Lui mi regalò un sorriso e si avviò alla porta
“ Sistemati il rossetto prima di scendere. Non tardare Sherazad” mi lasciò in quella stanza ancora scossa e priva di cognizione di ciò che fosse appena accaduto.
Scesi nel salone agghindato e mi confusi tra la folla. La mia gola anelava bollicine e la mia testa il riposo quindi decisi di cercare qualcosa da bere. Il demonio aveva fatto di nuovo breccia e aveva preso ciò che non possedeva con la forza senza chiedere il permesso. Mi diedi della pazza squinternata per esserci ricascata. Non riuscivo a comprendere i mei sentimenti né tanto meno i suoi. Che mi desiderasse ormai era chiaro ma il motivo di attendere tre anni per mostrare il suo interesse mi era sconosciuto.
Buttai giù il quarto bicchiere di champagne con un sorso e la mia testa cominciò, finalmente, a vorticare. Ne presi un altro che mi venne strappato via in un baleno.
“ Hai bevuto troppo” la sua voce era tesa. Ripresi il mio calice e lo guardai divertita.
“ Vuoi mettermi in punizione De Luca?” gli feci l’occhiolino e bevvi.
“ Se non ti comportassi come una bambina arrabbiata non ne avrei bisogno” lo fulminai con lo sguardo
“ Se tu non fossi così stronzo non sarei arrabbiata! Ci hai pensato?” sbuffai e incrociai le braccia al petto.
“ Se tu non fossi così piena di te e del tuo virtuosismo del cazzo, non staremmo qui a parlare di quanto io sia stronzo!” le mie fauci si spalancarono atterrite dal rigiro della situazione in suo favore.
“ È facile puntare il dito quando non si ha il coraggio di ammettere le proprie colpe Samuel”
Lui stava per rispondermi a tono quando una voce stridula bloccò il nostro dibattito.
“ Beatrice tesoro! Ti cerco da ore!” sorrisi in modo stentato a mia madre e a Roberto accanto a lei.
“ Sono qui mamma” Samuel accanto a me era concentrato su Roberto mentre quest’ultimo non faceva che fissare in modo indegno il mio seno.
“ Bene! Così avrai modo di passare del tempo con Roberto” rabbrividii al sorriso ingiallito dell’uomo
“ Mi concedi questo ballo Beatrice?” Roberto porse la sua mano ma io non mi mossi.
“ Mi dispiace, ma questa bella fanciulla ha appena accettato di ballare con me” guardai il mio salvatore e riconobbi anche il mio carnefice. Avrei dovuto scegliere tra il disgustoso Roberto e l’odioso angelo caduto.
“ Mi dispiace Roberto” presi la mano di Samuel che mi condusse al centro della sala con leggiadria. L’orchestra, assunta per dilettare gli ospiti di mia madre, intonava la vie en rose e ringraziai la mia educatrice per avermi costretta a prendere lezioni di ballo fin da bambina.
“ balli molto bene” il suo sussurro vicino all’orecchio mi fece rabbrividire
“ ho preso lezioni di ballo da bambina” gli sorrisi timidamente.
La musica ci fece volteggiare e i nostri sguardi incrociati, ci trasportarono l’uno dentro l’altro. Non riuscivo a spiegare il tumulto del mio cuore e il luccichio dei suoi occhi mentre mi lasciavo cullare dalle sue braccia. Pensai a Sherazad e al suo primo ballo con il principe nel giardino d’inverno. Lei non aveva mai ballato con un uomo e lui con il suo portamento riusciva a guidarla con maestria. Uniti indissolubilmente in una danza vorticosa Akbar si chinò e le sussurrò:
“ sei l’unica rosa rossa nel mio giardino di spine”
Ma la voce nella mia testa non fu quella di Akbar ma dell’uomo dagli occhi cielo che sussurrava dolcemente al mio orecchio incantato. Quando la musica finì la magia scomparve con essa.
Ritornammo da mia madre con un sorriso finto e il cuore confuso.
Nonostante le mie resistenze dovetti accettare il passaggio di Samuel. Mia madre aveva insistito più di lui e per quanto io fossi abituata ad impormi con lei le due forze unite mi avrebbero distrutta.
“ Mi dispiace” le mie orecchie guizzarono e assottigliai gli occhi tenendomi in guardia.
“ Per cosa esattamente?” tastai il terreno
“ Per essere scappato quella mattina e... “ sbuffò
“ Beh per tutto il resto” rimasi in shock per qualche secondo prima di ribattere
“ Perché adesso?” appoggiai la tempa al finestrino e lo guardai alla guida
“ È già abbastanza difficile ammettere le mie colpe, dovrei anche darti delle ragioni?”
“ In genere si reputa normale dare delle spiegazioni è così difficile parlare per te?!” alzai i toni gesticolando arrabbiata
“ SI! Cazzo” mi zittii. Compresi che forse avrei dovuto agire in modo diverso per fare aprire quell’uomo.
“ Abbiamo peccato entrambi. Avremmo dovuto mantenere le distanze come abbiamo sempre fatto e adesso non ci troveremmo in questa situazione” sospirai affranta
“ Forse hai ragione” in quel momento la Mercedes si fermò davanti casa mia. Slacciai la cintura di sicurezza e mi voltai per salutarlo.
“ Grazie del passaggio”
“ Lascia che ti accompagni” nonostante il mio diniego la sua insistenza mi fece capitolare. Era particolarmente nervoso come se avesse davvero paura che in quel piccolo tratto di strada potesse accadermi qualcosa.
“ Beh allora Buonanotte” lo guardai esitante, spostando il peso da un piede all’altro.
“ Buonanotte Beatrice” lui si voltò e si avviò verso le scale. Mi sembrò un addio e il mio cuore prese a battere velocemente. Mi resi conto che quel ballo quella notte aveva acceso una scintilla che non avrei potuto più spegnere.
“ Samuel!” lui si bloccò voltandosi verso di me. Rimasi in silenzio con il fiato corto e lui mi raggiunse con poche falcate ma senza invadere il mio spazio prendendo ciò che voleva come aveva sempre fatto.
“ Beatrice..” gli posai le mani sulle gote e lo guardai con occhi sicuri e calmi
“ Resta con me” lui chiuse gli occhi e inspirò come volesse inalare quelle parole.
Quella notte fu la più bella della mia vita. Samuel rimase al mio fianco circondandomi la vita con dolcezza. Mi baciò solo una volta e non mi sfiorò con un solo dito. Fece semplicemente ciò che gli avevo chiesto, rimanere accanto a me.