Capitolo XVII

2795 Parole
Samuel Il mio orologio da polso segnava le sei del pomeriggio indice del mio ritardo. Avrei dovuto lasciare perdere tutto e andare a casa a prepararmi per la festa di quella sera. Nonostante le paure di Beatrice ero riuscito a convincerla che la mia presenza fosse necessaria per il suo sostegno. Conoscevo il suo rapporto altalenante con la madre e in quei tre anni mi era anche capitato di ascoltare qualche conversazione spiacevole e come se non bastasse le mie parole crude sul fatto che dovesse lavorare e non trastullarsi in chiamate le davano il colpo di grazia. Chiusi gli occhi e la mente mi portò al giorno in cui quella donna fece il suo ingresso nella mia vita. Era un giorno come un altro e il mio livello di rabbia era elevato come sempre. La mia dannata assistente aveva fatto le valigie dopo un mese e io ero di nuovo al punto di partenza, solo e incapace di organizzare tutto. I manoscritti erano sparsi per tutto l’ufficio e non riuscivo a trovare quel maledetto documento che il mio fottuto fratello mi aveva richiesto. “ Dannazione!” imprecai lanciando in aria tutto quello che si trovava davanti a me. Un tonfo alla porta mi fece tornare in me, “ Avanti” dissi in modo perentorio. Una donna anziana che conoscevo bene fece il suo ingresso guardandomi da dietro la sua montatura rossa. “ Signor De Luca ci sono le candidate per il posto di assistente” io sbuffai ignaro di quei colloqui e soprattutto ignaro del fatto che dovessi farli io! “ Mi dispiace, sono oberato di lavoro e di sicuro non dovrei occuparmene io. Se non le dispiace…” le feci un gesto indicandole l’uscita ma lei non desistette. “ Ha solo una candidata signore credo che più che un colloquio dovrebbe solo farle firmare il contratto.” I suoi occhi rotearono per la stanza e io sbuffai comprendendo che avevo bisogno di un assistente e se davvero aveva risposto all’annuncio solo una candidata avrei dovuto trattenerla. “ va bene la faccia entrare” La donna si dileguò e attesi in silenzio l’ingresso di quella che sarebbe stata la mia assistente. Sentii un parlottio provenire da dietro la porta semichiusa e scommisi fosse quella ragazza timorosa di fare il suo ingresso. Dopo minuti infiniti decisi di aprire io stesso quella dannata porta trovandomi faccia a faccia con un… Angelo. I suoi occhi verdi mi guardavano dal basso e le sue labbra umide erano schiuse per lo sgomento. Ripresi il controllo e la invitai ad entrare, abbandonando ogni proposito di insultare la sua insicurezza. La ragazza si accomodò sulla sedia e accavallò le gambe scoprendo le cosce troppo coperte da quella gonna. La sua pelle bianca brillava e l’unica cosa che avrei voluto fare era toccarla. “ Sono qui per il posto di assistente” le sue parole mi destarono dai miei sogni e tornai a guardarla in volto. “ Ne sono cosciente, signorina..?” “ Beatrice Mancini” il suo nome si ripetè mille volte nella mia mente e ogni volta appariva più soave della precedente. “ posso vedere il suo curriculum?” le sue mani tremanti mi passarono la cartella bianca contenente le informazioni che io lessi con attenzione. Laureata in lettere classiche con il massimo dei voti la sua esperienza lavorativa si limitava a qualche mese di giornalismo studentesco e per lo più esperienza di ristorazione. Mi chiesi cosa dovessi farci con una ragazzina inesperiente ma non volevo lasciarla andare oltre al fatto che avevo un disperato bisogno di lei. “ Signorina mi duole dirlo ma lei non ha la ben che minima esperienza nel mondo dell’editoria” lei mi guardò scettica “ Ne sono cosciente, ma sono qui per imparare e so per certo che questo è il mio mondo. Non la deluderò” la sua determinazione mi piaceva e il fatto che assumendola potessi averla sempre con me era un bonus. “ Le do, il beneficio del dubbio concedendole una settimana di prova” il suo volto si illuminò con un sorriso a trentadue denti e dopo avermi ringraziato svariate volte se ne andò lasciandomi vuoto. Bevvi l’ultimo goccio di caffè ormai freddo e sorrisi perché finalmente avevo trovato un'altra luce e quella volta avrei fatto in modo che lei non mi lasciasse mai. Il trillo del telefono mi destò dai miei pensieri, era la portineria “ Pronto?” “ Signor De Luca c’è una lettera per lei e il ragazzo mi ha raccomandato di recapitarla personalmente” “ Scendo subito” in genere la posta giungeva di buon mattino e non in tardo pomeriggio e il fatto che dovesse essere consegnata a me mi stranì non poco. Presi il cappotto e mi precipitai all’ingresso dove il signor Giannini mi attendeva. “ Buonasera Signor De Luca” mi tese una busta bianca che io accolsi tra le mani “ Buonasera, ha visto chi l’ha consegnata?” “ Era un ragazzetto un po’ malandato, non l’ho mai visto in questo quartiere” ringraziai l’uomo e mi avviai verso la mia auto sempre più sospettoso. Decisi di aprirla solo quando giunsi a casa e quando vidi quella foto il mio cuore perse un battito. Beatrice Ammirai il mio corpo fasciato da un abito blu cobalto. La scollatura mono spalla riusciva a risaltare il seno in modo delicato e lo spacco laterale lo rendeva audace. Per quanto mia madre fosse senza cuore dati gli sforzi per adattarlo alla mia carne di troppo, aveva di certo buon gusto. Uscii dalla mia camera pronta per andare e vidi i due uomini della mia vita discutere divertiti all’ingresso. Si voltarono entrambi alla mia apparizione e ciò che lessi nei loro sguardi mi colpì in modo differente. Stefano mi guardò come un fratello orgoglioso mentre Samuel con l’adorazione di un uomo innamorato. Ricacciai indietro quel pensiero. L’amore non era mai stato contemplato tra noi, Samuel non lo avrebbe mai voluto e d’altro canto io non potrei mai meritarmelo. Stefano si complimentò per il mio aspetto e decise di lasciarci soli uscendo di casa per primo. Mi avvicinai al mio demone che mi prese le mani tra le sue. “ Mi prostro dinnanzi cotanta bellezza” sorrisi imbarazzata alle sue parole “ dovrei prostrarmi io alla tua regalità mio principe d’inverno” baciò il dorso della mia mano come Akbar fece con Sherazad alla corte d’inverno. “ riesci sempre a colpirmi Samael, mi chiedo come tu ci riesca” “ Sono una creatura celeste mia dolce Beatrice, conosco ogni tuo punto debole” sorrisi alla sua arroganza “ allora, principe delle tenebre quale sarebbe il mio punto debole?” lui si avvicinò a me solleticando le mie labbra con il suo respiro “ Sono io” mi aspettavo quella risposta insolente ma in quell’istante pensai solo a quanto lo desiderassi. La punizione era devastante anche per le mie carni desiderose. Lui si allontanò lasciandomi esterrefatta. “ L’attesa aumenta il piacere Beatrice” io lo guardai truce “ Sei un uomo crudele Samael” lui sorrise ammiccante e mi prese per mano uscendo finalmente da quella casa. Non incontrammo traffico per raggiungere la villa di mia madre ma quando imboccammo il vialetto di casa un turbinio di auto si stagliarono all’orizzonte. “ Non era una festa intima?” Stefano sbuffò spazientito “ Ah quella donna!” Samuel fu colpito per l’atteggiamento di Stefano e non potei biasimarlo dato che non sapeva nulla di cosa rappresentasse mia madre per me o per Stefano. Nel salone di casa non era rimasto mobilio se non i tavoli disposti agli estremi della stanza adibiti a buffet. Samuel non aveva lasciato la mia mano nemmeno per un minuto dal momento in cui mettemmo piede in quella casa. “ Beatrice!” La donna che per mia sfortuna mi mise al mondo si avvicinò con un sorriso da parte a parte. “ Auguri mamma…” “ È un piacere farle i miei più sentiti auguri Signora Linares” “ Sono contenta che ci sia anche tu Samuel, l’ultima volta non abbiamo avuto modo di parlare” La cordialità di mia madre mi dava il volta stomaco. Il suo fiuto per i soldi era affinato come un cane da caccia e di certo non gli era sfuggito il nome De Luca. Mia madre rivolse lo sguardo verso Stefano e i suoi occhi si assottigliarono “ Ah anche tu qui” Stef fece una smorfia “ Credi che avrei lasciato Beatrice nelle tue grinfie?” “ Ma come osi!” toccai la spalla di Stefano cercando di calmarlo prima che la situazione degenerasse. “ D’accordo! Sono qui ti faccio gli auguri e ora ho bisogno di bere” Stefano andò via adirato e io sospirai rassegnata ad una serata da incubo. “ Quel ragazzo è pazzo!” la voce stridula di mia madre mi infastidì al punto che tagliai la conversazione e con Sam mi diressi al tavolo degli alcolici. “ Stefano odia davvero tua madre” buttai giù l’intero bicchiere di vino pregiato. “ È una cosa reciproca, credo che mia madre non sopporti che Stefano mi abbia sostenuta in tutti questi anni” “ in cosa esattamente?” mi bloccai e cercai le parole giuste per omettere la verità. “ mia madre è sempre stata una donna non facile da gestire” lui annuì comprendendo le mie ragioni. Ammisi a me stessa che in fin dei conti la festa non era male, mia madre era troppo impegnata a bere e far finti convenevoli mentre io e il mio angelo godevamo della musica e della compagnia reciproca. Tutto andò a gonfie vele fino a quando mia madre non fece il suo brindisi di mezzanotte. Samuel si era allontanato per parlare con un uomo che a quanto pare sembrava essere influente nel mondo dell’editoria e io mi ritrovai sola al centro della sala. “ Desidererei un po’ di attenzione dai miei graditi ospiti” tutti bloccarono le loro conversazioni e la musica si ammutolì. “ Volevo ringraziare tutti voi per essere qui stasera per festeggiare il mio compleanno” “E soprattutto ringrazio il mio splendido marito Edmondo per aver permesso tutto questo” Pensai fosse nauseante tutta quell’ipocrisia. “ Ringrazio anche mia figlia Beatrice che sia venuta qui a festeggiare con me in questo giorno.” Il mio cuore smise di battere, in vent’anni di vita passata non aveva mai osato rivolgermi un grazie. I suoi occhi erano lucidi e traballava da un piede all’altro, mi resi conto che fosse ubriaca e di solito quello non comportava nulla di buono. “ Figlia mia per quanto tu possa essere stata una piaga della mia vita io ho sempre cercato di aiutarti.” Gli sfuggì un singhiozzo mentre io me ne stavo paralizzata al centro della sala con tutti gli occhi puntati addosso. “Sapevo che non avrei dovuto farti nascere “ Tremai, tutto ciò per cui avevo lottato stava andando in frantumi. Edmondo cercò di dare un contegno alla moglie ma non riuscì a fermarla. Avevo dato libero sfogo alle mie lacrime ma quelle ultime parole furono una stilettata al cuore. I miei battiti accelerarono, sapevo cosa stava per accadere, la sensazione di confusione e vuoto crescevano dentro di me. Confusi flussi si intersecavano. Mia madre, il profumo di bacon. Che giorno era? C’era una torta, mia madre stava preparando una torta. Vetri rotti… le urla di mia madre. Vidi un uomo dal volto appannato. Mi ricordai il suo profumo… mio padre. “ Beatrice!” si confuse un'altra voce, calda. Non riuscivo a respirare, il vuoto mi mangiava gli organi. Mi svegliai gettando un urlo di terrore. “ Ehi, ehi sono qui” Samuel mi raggiunse sul letto e io lo agguantai con forza “ Sono qui angelo” lacrime amare solcavano le mie gote. “ Ho fatto un sogno terribile Sam… i-io ero alla festa e..” il suo sguardo cupo e preoccupato mi fece rimangiare le parole. “ Beatrice..” tutto ciò che vorticava nella mia testa non era solo un ricordo di un sogno maligno era la mia vita. Quel buco che per anni avevo cercato di colmare. “ Perché sono qui?” “ Ti ho allontanato dalla sala prima che svenissi tra le mie braccia” guardai il mio compagno e mi vergognai di me stessa. “ Devo parlare con lei “ sgusciai via dalle calde coperte e fuggii prima che Sam potesse fermarmi. La quiete aleggiava nei corridoi della villa e sul pavimento i miei piedi nudi camminavano svelti. Credetti che la festa fosse conclusa dopo la scenata da brividi e ritenni logico che mia madre fosse nelle sue stanze a smaltire la sbornia. Bussai alla porta dell’inferno ma quando essa si aprì trovai solo una donna stanca e dagli occhi gonfi. “ Ti aspettavo Beatrice” in quel momento Edmondo uscì dal bagno in tenuta da notte. “ Beatrice, come stai?” sorrisi alla sua dolce apprensione. Per quanto non comprendessi come avesse scelto di vivere accanto a mia madre lui era sempre stato dolce con me. “ Sto bene” “Ed, puoi lasciarci sole?” mia madre interruppe quel momento d’affetto ed Edmondo sparì dopo avermi dato una carezza di incoraggiamento. “ So perché sei qui” la guardai con occhi fiammeggianti “ Mi hai rovinato la vita” strinsi i pugni lungo i fianchi “ Stupida ragazzina insolente sei tu che hai rovinato la mia!” “ Non ero io la donna che si ubriacava tutte le sere e che utilizzava sua figlia come capro espiatorio. Tutto quello che ho passato e che ho fatto è solo per causa tua” lei annuì rassegnata e si sedette sulla sedia accanto alla finestra aperta. Chiuse gli occhi rinfrescata dalla brezza pungente e cominciò a raccontare. “Conobbi tuo padre ad una sfilata, lui era in servizio quella sera. Me ne innamorai subito e ci sposammo dopo pochi mesi. Sarebbe andato tutto bene, io avrei fatto carriera e tuo padre lavorava sodo per diventare commissario. Sei stata tu a rovinare ogni cosa ” Le sue parole diedero la spiegazione che per lunghi anni cercai in modo forsennato. Mi chiesi quale donna mettesse al mondo un bambino per poi distruggerlo. Strinsi le braccia al petto e chiusi gli occhi lucidi. “ Avresti potuto… “ ero incapace di pronunciare il resto “ E lo avrei fatto, se solo quell’idiota di tuo padre me lo avesse permesso. Lui per qualche ragione era felice che io aspettassi un bambino mentre io sapevo che sarebbe stata la nostra rovina” rise amaramente e si sollevò dalla sedia raggiungendomi, il suo viso impassibile e gli occhi iniettati di sangue mi fecero tornare indietro nel tempo. Mi fecero pensare ad una bambina spaventata che richiedeva carezze da una madre che le aveva solo dato botte. Mi rifugiavo nel dolore perché non avevo mai provato altro se non per un misero scorcio di vita di cui non ricordavo molto. Gli unici episodi chiari della mia vita passata con la mia famiglia riguardavano lei con una bottiglia in mano pronta ad utilizzare qualunque cosa per colpirmi. Le sue parole erano taglienti come le lame che mi confortavano. “Ero solo una bambina” la rabbia si confuse con la paura facendo reagire il mio corpo con un tremolio. “ E lui vedeva solo te. Per colpa tua la mia carriera è finita e agli occhi di tuo padre c’eri soltanto tu!” “ Papà si comportava come un genitore mentre tu sei solo un mostro coperto di bellezza falsa. Mi hai umiliata per anni, picchiata, mi hai fatto credere che fossi pazza!” Il suo volto rivelava consapevolezza ma nessuna traccia di rimorso. “ Ci ho provato a curarti piccola, ma i dottori hanno detto che non c’è nulla da fare” la bile mi risalì in gola mentre cercavo di non prestare ascolto alle sue parole cariche d’odio. Io non ero pazza ero solo vittima di abusi verbali da parte di un alcolizzata che non aveva avuto remore dinnanzi a sua figlia. Mi concentrai sugli unici ricordi felici che rimembravo. Il sorriso di mio padre quando mi portava a giocare in giardino, le sue storie prima di addormentarmi e le sue carezze cariche di un amore durato troppo poco. “ Mi hai sempre odiata…” le lacrime fecero il suo sfogo. “ Non ti ho mai voluta Beatrice è ora che tu te ne faccia una ragione” “ Allora perché manipolarmi, perché portarmi al limite?!” lei rimase in silenzio perché non c’era una vera ragione. Era il puro e semplice contrappasso, mia madre si era divertita a torturare la mia vita solo perché la mia presenza sulla terra torturava la sua. Asciugai le mie ultime lacrime e senza proferire parole mi voltai per andare via per sempre.
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