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La Vendetta di Valerie ~Sequel di "La Vendetta di Ethan"

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«Come sta mio figlio?»-le mie parole vengono fuori così fredde che non sono certo che mi darà una risposta, ma la sua smorfia rimane la stessa, mentre poggia le spalle allo schienale della sedia: non so quando è uscito di prigione, ma sono sicuro che ci è riuscito solo grazie ai suoi fottuti soldi.

«Lo vedrai da solo.»-si schiarisce la voce dopo un paio di secondi di silenzio, cercando di farmi capire perché è davvero qui.

«Ti farò uscire di qui.»-aggrotto la fronte alle sue parole, mentre tento di capire se è serio o mi sta prendendo per il culo.

«Devi salvare mia figlia da quell'uomo.»-dice tutto d'un fiato, facendomi spalancare gli occhi e serrare la mascella quando realizzo quello che dice:

«Jack è libero?!»-chiedo con un tono allarmato, piegando il busto nella sua direzione mentre il sangue mi ribolle nelle vene:

«No.»-scuote la testa alle mie parole, sospirando prima di concludere per farmi capire cos'ha in mente.

«Devi salvare mia figlia da Ian.»

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1: Sono suo padre
Ethan «Arrivo!»-assumo un'espressione infastidita quando sento urlare dall'altra parte del portone di legno, stringendo le dita della mano destra in un pugno quando la porta viene spalancata all'improvviso. Ho cercato di far capire a me stesso che era meglio rifiutare il piano del padre di Valerie, ma più penso ai mesi passati lontano da mio figlio, più mi convinco di aver fatto la cosa giusta. Al solo ricordo di quel bastardo che pensavo fosse il mio migliore amico, i miei occhi si iniettano di sangue e una voglia matta di spaccargli la faccia si impossessa di me, come se non fossi cresciuto con Ian e non avessimo combinato cazzate insieme come due fratelli. «Chiedo scusa!»-alzo la testa lentamente quando la voce di una donna anziana attira al mia attenzione, ma alzo un sopracciglio quando i miei occhi finiscono sui ciuffi blu della donna di fronte a me, che non mi dà il tempo di ribattere: «Il bambino ha iniziato a piangere.»-aggiunge per giustificarsi, mentre le mie pupille finiscono sulle sue braccia intorno al corpo di un neonato. Le mie pozzanghere si dilatano all'improvviso, mentre il mio battito cardiaco accelera così tanto da costringermi a sciogliere il pugno, ma senza riuscire a staccare gli occhi da quelli del bambino tra le sue braccia. «Siete un collega di mio marito?»-chiede con un sorriso spaventoso sulle labbra, mentre deglutisco rumorosamente e sento le mani tremare quando la creatura tra le sue braccia inizia a stiracchiarsi impaziente, pronta a riprendere a piangere. «No.»-trovo il coraggio di riaprire bocca distrattamente, continuando a fissare il neonato tra le braccia di quella che capisco essere la nuova moglie di Hardin, ma quando mi accorgo che la donna stringe al petto il bambino con un'espressione perplessa, riprendo a farfugliare con un filo di voce: «Sono suo padre.»- le spiego con un tono roco, alzando leggermente il mento per indicare suo nipote, ma alle mie parole fa in tempo solo a spalancare gli occhi che suo marito compare alle sue spalle e spalanca il portone d'ingresso del tutto. «Ethan.»-incrocia i miei occhi con il suo sguardo severo, spostando più volte l'attenzione tra me e il bebè tra le braccia della donna dai capelli blu. Sapevo che il padre di Valerie aveva divorziato, ma non che si era già sposato con un'altra, completamente diversa dalla seconda moglie. «Ha detto che...»-la donna al suo fianco prova a prendere la parola, ma il marito la interrompe di nuovo, facendole un cenno con la testa per spostarsi e lasciarmi entrare, mentre le miei pozzanghere rimangono fisse su... mio figlio. Cazzo! Sono padre di un bambino innocente... che continua a guardarmi dritto negli occhi con un cipiglio come se volesse punirmi di tutto il tempo che non gli sono stato vicino. 'Non guardarmi così!'-vorrei rispondergli con un tono severo, mettendomi nei panni di un padre autoritario quando in realtà non so nemmeno il nome di mio figlio, ma invece di degnare di un saluto Hardin, decido di fare un passo in avanti lentamente e indeciso, con l'intenzione di allungare entrambe le braccia verso la moglie di Hardin con un'espressione confusa in volto e pronto ad abbracciare il neonato come non ho potuto fare da quando è nato, ma quando la donna fa un passo indietro ancora più perplessa di prima, mi affretto ad abbassare di nuovo le mani e lasciar cadere le braccia ai miei fianchi, mentre l'uomo di fronte a me mi guarda attentamente dall'alto , studiando la smorfia sul mio viso con un'espressione più seria della mia. «Entra.»-sospira dopo un paio di secondi, lanciando una rapida occhiata a sua moglie per farle capire che è stato lui a chiedermi di venire qui, anche se continuo a non capire perché mio figlio è qui e non con ... sua madre. «Dobbiamo parlare.»-aggiunge quando si accorge che lo sto seguendo a passo lento, mentre i miei occhi finiscono più volte sulla donna che lo sorpassa per raggiungere il divano a pochi passi di distanza dal marito. Cerco di catturare ogni dettaglio del viso di quel bambino, mentre convinco finalmente me stesso di aver fatto bene a uscire dal carcere. Non perdonerò mai a quella donna di avermi tenuto lontano da mio figlio, tanto che stringo di nuovo le mani in due pugni appena incrocio lo sguardo feroce di Hardin. Non so se disprezzare più lui o la figlia, ma in questo momento i pensieri che mi frullano in testa sono così fottutamente confusi che non so più cosa sia giusto fare. Una parte di me mi consiglia di prendere mio figlio e fuggire da questa cazzo di città prima che lei si accorga del mio ritorno, ma al solo pensiero che Valerie è stata toccata da quel bastardo... sento il sangue ribollire nelle mie arterie e gli occhi riempirsi di sangue davanti allo sguardo confuso di Hardin. Stringo di nuovo le mani in due pugni quando la donna in piedi decide di voltarci le spalle e allontanarsi per lasciarmi solo con suo marito. 'Riporta immediatamente mio figlio qui!'- vorrei urlare senza pensarci due volte, guardando di sottecchi le pozzanghere scure di quel mostriciattolo di mezzo chilo appena la matrigna di Valerie posiziona delicatamente la sua testa su una spalla, ma mi basta riportare di nuovo gli occhi sulla sua figura per rasserenarmi e rilassare di nuovo i muscoli del mio collo. «Dobbiamo allontanare Ian da Valerie.»- Hardin cerca di attirare di nuovo la mia attenzione, ma incrocio i suoi occhi solo quando sua moglie scompare con mio figlio dentro una delle numerose camere della villa ormai famigliare del medico di fronte a me. Annuisco lentamente alle sue parole, trattenendomi dal fare domande sul rapporto che Ian ha con sua figlia. Non sono qui per Valerie, anzi, mi chiedo come farò a sopportare la sua presenza dopo il modo in cui mi ha trattato pur sapendo che nostro figlio stava per nascere. Sono qui solo per quel bambino che non ho nemmeno avuto il coraggio di stringere tra le braccia, come se potessi fargli del male per quanto è innocente e ... piccolo. «Ma dobbiamo farlo senza che lui se ne accorga.»-aggiunge dopo un paio di secondi, riempiendo un bicchiere di fronte a lui con un liquido talmente scuro che non capisco se si tratta di liquore o whisky, per poi porgermelo e invitarmi a bere per fargli compagnia. «Me la pagherà.»-serro la mascella appena la sua immagine con mio figlio tra le braccia si fa spazio nella mia testa, mentre sorride a Valerie con la sua fottuta faccia da brav'uomo solo per attirarla nella sua trappola. Ma lei non è una vittima in questo mezzo, anzi, è una stupida ingenua che non capisco come abbia fatto a far entrare nelle mutande un uomo che non sono io, cazzo! Mi affretto ad allungare il braccio nella direzione di Hardin all'improvviso, per poi gettare la testa indietro e bruciarmi l'esofago con l'alcol contenuto nel bicchiere di cristallo, mentre l'uomo di fronte a me sposta lo sguardo dai miei occhi alle fiamme lampeggianti del camino acceso a pochi passi di distanza. «Vacci piano figliolo.»-assumo un'espressione infastidita non solo per le sue parole, ma anche per il sapore orribile del Borsci che inizia a bruciare il mio esofago solo quando ho ormai ingoiato tutto il liquido, ma prima che possa aprire bocca, il padre di Valerie mi anticipa per l'ennesima volta: «La mostra sarà già iniziata, devi prepararti.» Valerie «È una gran bella gnocca, ammettilo!»-assumo una smorfia di disprezzo quando il vecchio pervertito al mio fianco si rivolge a Ian con un tono eccitato, tanto che mi trattengo dal vomitargli in faccia e mi limito a lanciargli una rapida occhiataccia per farlo ritornare in sé. Non capisco perché non è stato ancora licenziato dall'uomo al mio fianco. Da quando Ian ha avuto in mano il museo non ci ha pensato due volte prima di mandare a casa i dipendenti inefficienti, ma questo vecchietto deve essere davvero utile, dato che continuo a vederlo ogni volta che mi capita di fare visita a Ian nel suo nuovo ufficio. Per quanto lo odio e cerco di stargli alla larga, devo ammettere che ha ragione questa volta, anche se mi è difficile ammetterlo: la donna che si è presentata alla mostra è diversa da tutti gli altri artisti che mi circondano, ma ho sentito parlare Ian così tanto di lei che penso di conoscerla abbastanza da poter dire che è qui per valutare i miei disegni. Non mi piace affatto il modo in cui analizza i miei ritratti. Il suo sguardo è così superficiale che temo si stia prendendo gioco di me mentalmente e mi pento di aver accettato la proposta di Ian. «Andrà tutto bene.»-lo sento poggiare una mano sulla mia schiena per confrontarmi, per poi riportare gli occhi sulla donna di fronte a noi: «Jane è una donna razionale.»-aggiunge dopo un paio di secondi di silenzio quando si accorge della mia espressione, ma alle sue parole prendo un forte respiro e porto una lunga ciocca rossa dietro l'orecchio, rendendomi conto solo ora di quanto sono cresciuti i miei capelli, ma se non gli ho tagliati è solo perché al piccolo Matt piace giocare con i miei ricci ogni volta che lo prendo in braccio. Anche i capelli della donna di fronte a me sono ricci, ma sono di un nero carbone da invidia, per non parlare della sua altezza. Sembra una modella, piuttosto che un'artista, ma cerco di non darle importanza quando la voce di Ian mi riporta di nuovo alla realtà: «È arrivato il mio momento.»-la sua mano scende lungo la mia schiena, per poi allontanarsi del tutto e lasciarmi sola, in compagnia di un vecchio pedofilo e con le guance gonfie per la rabbia mentre fisso la famosa ed elegante Jane passarmi davanti senza degnarmi di un'occhiata, quindi mi affretto a distogliere gli occhi dalla sua figura e riprendere a guardare Ian da lontano. Lascio cadere le mani ai miei fianchi, afferrando tra le dita il tessuto nero del mio vestito attillato: non ho mai odiato la dieta così tanto, ma Matt mi ha fatto prendere un bel po' di chili e ci ho messo una vita a ritornare al peso di prima. Incrocio le braccia al petto di nuovo quando una sensazione di nausea mi attraversa lo stomaco: è la prima volta che esco senza mio figlio, anche se la mia matrigna mi ha rassicurato di potermi fidare di lei, quindi mi limito ad accendere il telefono per assicurarmi che sullo schermo non ci sia segno di alcuna chiamata, ma mi affretto ad alzare di nuovo la testa quando un rumore sordo proviene dal microfono al centro della sala. Sforzo un sorriso quando gli occhi di Ian finiscono nei miei, quasi volesse farsi incoraggiare, mentre stringe il microfono tra le dita e lo avvicina lentamente alle labbra con la stessa smorfia nervosa che ha dall'inizio della serata. Non so come ho fatto a sottovalutare quest'uomo, ma se prima Ian lo vedevo come il migliore amico di quello stronzo, ora lo vedo come un mio grande amico, così tanto che non è mai mancato, nè per me né per Matt, ed è stato l'unico a presentarsi in ospedale quando mio figlio è nato. Invece di odiarmi per aver buttato in prigione il suo migliore amico, si è affrettato a spiegarmi che non ne sapeva nulla e che mi sarebbe stato vicino a prescindere da tutto. È l'unico di cui mi posso davvero fidare dopo aver scoperto chi è veramente l'uomo che pensavo di amare. Una stretta al petto mi costringe a sollevare una mano all'altezza del cuore, come se in questo modo potessi sentirmi meglio e dimenticarmi di ... Ethan. Ethan. Più provo a convincere me stessa che lui non merita di essere pensato da me, più mi chiedo se sta bene in quella dannata cella, quando invece non devo smettere di odiarlo con tutta me stessa. Al solo pensiero che ha voluto lasciarmi incinta e abbandonarmi insieme a suo figlio solo per vendicarsi con mio padre, sento gli occhi pizzicare per la delusione e la rabbia allo stesso tempo, ma mi affretto a ricompormi quando la voce di Ian si diffonde nella sala gigantesca del museo, stasera riempita dei miei disegni. «Non voglio prendere molto del vostro tempo.»-il mio amico inizia a parlare, guardandosi intorno con il suo sguardo innocente per catturare l'attenzione degli invitati, mentre il mio cuore inizia a battere. Non so se troverò mai il modo di ringraziare Ian per il modo in cui si occupa di Matt, dedicandoci più tempo di quanto farebbe un normale amico, quindi decido di incoraggiarlo di nuovo con un sorriso sforzato, ma gli angoli della mia bocca si piegano di nuovo verso il basso quando lo sguardo del mio amico si ferma alle mie spalle, fissando la porta d'ingresso del museo come se all'improvviso fosse comparso un fantasma. Assumo un cipiglio come gran parte degli artisti che mi circondano quando la voce di Ian smette di echeggiare nella sala, per poi portare le dita tra i capelli e spostare indietro le mie ciocche lunghe, ma appena faccio per voltare le spalle al mio amico dall'espressione mortificata, una figura gigantesca cammina al mio fianco lentamente e mi sorpassa per raggiungere Ian prima che mi renda conto della sua presenza. Socchiudo gli occhi e alzo la testa di scatto quando un profumo inconfondibile riempie le mie narici, ma smetto di respirare quando i miei occhi finiscono su un paio di spalle così larghe che faccio fatica a riconoscerle, ma il modo in cui si contraggono mentre avanza con fare prepotente mi fa salire il cuore in gola e spalancare le palpebre all'improvviso. Maledizione! Deglutisco rumorosamente quando i miei occhi si spostano dall'alto verso il basso lungo il suo corpo, come se volessi assicurarmi che è ancora intero, anche se avrei preferito vederlo a pezzi, anzi non vederlo proprio... Il mio battito cardiaco accelera di nuovo quando si posiziona di fronte al mio amico, voltandogli le spalle senza degnarlo di un saluto, come se non lo conoscesse affatto o non si fosse reso conto della sua presenza, mentre Ian trattiene visibilmente il respiro alle sue spalle e impallidisce all'istante, senza riuscire a muovere un muscolo per interrompere qualsiasi cosa quel bastardo ha in mente di fare. Ingoio di nuovo il groppo alla gola, provando un'improvvisa voglia di scappare da questo posto prima di incrociare i suoi occhi, ma allo stesso tempo cerco disperatamente il suo sguardo come se non fosse lo stronzo che mi ha usata per fare del male a mio padre. Faccio un passo indietro quando i miei occhi finiscono sul suo volto, notando che in pochi mesi è cambiato così tanto che faccio fatica davvero a riconoscerlo: la sua mascella è così serrata che sembra voler minacciare tutti gli invitati alla mia mostra e i violinisti smettono di suonare i loro strumenti, dato che non conoscono il vero proprietà del museo, a differenza degli artisti che riempiono la sala. Si guarda intorno con il suo sguardo feroce, mentre cerco di ricompormi e ritornare alla realtà, stringendo a mia volta i denti per smettere di sentirmi in colpa o farmi intimorire da lui. Continua a cercare con gli occhi nella folla, quindi mi preparo a sostenere le sue pozzanghere e alzo il mento, mentre lo vedo da lontano passare una mano tra i capelli ben ordinati e spostati indietro, facendomi assumere una smorfia di fastidio quando mi accorgo che non sono scompigliati come li ricordavo, ma la mia espressione passa da infastidita a perplessa in un millesimo di secondo quando le sue pozzanghere finiscono sulla figura di Jane dalla parte opposta della sala, mentre un sorriso malizioso spunta sulle sue labbra quando sembra aver catturato il suo obiettivo. Faccio un altro mezzo passo indietro appena Jane risponde alla sua provocazione, alzando a mezz'aria il bicchiere in mano in segno di saluto, per poi indirizzarsi con eleganza nella sua direzione quando Ethan allunga una mano nella sua direzione. Spalanco gli occhi e inizio a guardarmi intorno quando dei bisbigli si diffondono tra gli artisti, che iniziano a sussurrare e assumere strane espressioni maliziose quando la mano di quella donna finisce su quella di Ethan. Riprendo a guardare i due con lo sguardo perso, sentendo il cuore salire in gola quando Jane affianca quel bastardo, come se si conoscessero già, ma qualcosa mi dice che non sono solo semplici conoscenti,anzi, probabilmente sono così intimi che quello stronzo non poteva iniziare il discorso senza quella donna al suo fianco. «Scusate il ritardo.»- sobbalzo quando la voce famigliare di Ethan echeggia in sala, ma è così rauca e profonda che mi viene la pelle d'oca senza che riesca a controllarmi, tanto che approfitto di uno dei camerieri che passa di fronte a me con un vassoio in mano per appropriarmi di un bicchiere di champagne e portarlo alle labbra senza pensarci due volte. Se solo non vivessi con un bebè mi sarei ubriacata pur di smettere di tormentarmi davanti all'immagine di Ethan affianco a un'altra donna. «Vi ringrazio della vostra presenza, stasera.»-sbatto più volte le palpebre quando lo sento riprendere a parlare, mentre getto la testa indietro per sorseggiare di nuovo lo champagne dal bicchiere di vetro e lasciando che i miei lunghi ricci solletichino la mia schiena scoperta. «Questi ritratti...»- aggiunge dopo un paio di secondi, mentre premo le labbra in una linea dura e gonfio le guance per la frustrazione quando mi accorgo che ignora del tutto la mia presenza, come se per lui non fossi mai esistita, ma infondo non c'è mai stato nulla tra di noi, dato che mi ha solo sfruttata per vendicarsi. «Questi ritratti dicono molto.»-conclude con un'espressione soddisfatta. «Sono dei caratteri.»-dice convinto, per poi aggiungere con un tono più rauco di prima: «Sono delle maschere.» Getto di nuovo la testa indietro per finire tutto il liquido dolce in una volta, sentendo di nuovo gli occhi pizzicare quando mi volta del tutto le spalle, facendomi capire che non solo non sono mai significata nulla per lui, ma mi ha persino cancellato del tutto dalla sua vita. Per lo spoiler del prossimo capitolo seguitemi su INSTAGRAM: ema_8570

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