Kurt, fu riportato alla realtà da un improvviso peso sulla pancia. Lanciò un grido involontario che interruppe la conversazione che si stava svolgendo intorno a lui. Si trattava di Fleetwood, un enorme gatto rosso che la faceva fa padrone in casa da quando Seth l’aveva regalato a Kurt per il suo primo compleanno passato con loro. Nessuno avrebbe mai immaginato che quel tenero micino sarebbe diventato simile a un puma del peso di quasi sette chilogrammi. Si trattava senza alcun dubbio del più grosso gatto che avessero mai visto. Kurt l’aveva amato dal primo momento perché era un regalo di Seth e questo significava che era stato definitivamente accettato come membro della famiglia. Sia lui sia gli altri lo avevano subito viziato con il solo risultato di averlo reso arrogante ed egocentrico e, per via delle sue dimensioni, in genere otteneva sempre ciò che voleva. In quel momento voleva essere coccolato da lui, con un sospiro di rassegnazione, se lo accomodò meglio sulle gambe e cominciò ad accarezzarlo.
“Accidenti!” esclamò Stuart, guardando l’orologio. “Vi rendete conto di che ora è? Vengono a prendermi fra un quarto d’ora!”
Si precipitò in casa e Tristan si alzò con riluttanza per seguirlo.
“Dalla sua faccia.” Commentò Seth mente finiva la birra. “Non deve essere proprio il massimo.”
Tristan gli fece una smorfia e raccolse i bicchieri.
“Non parlarmene. Una noiosa cena di lavoro. Noiosa, noiosa, noiosa. Tornerò a casa presto.”
Kurt diede un’occhiata a Seth e commentò: “Incredibile, è venerdì sera e non hai impegni? Dev’essere bassa stagione.”
“Chiunque ha bisogno di riposare quando in quando.” Ribatté lui.
“Un altro bidone, eh?”
Lui scrollò le spalle e Kurt fece finta di compatirlo. L’ultima preda si chiamava Michael Hollander un beta che lavorava come programmatore negli stessi studi televisivi in cui lui faceva il tecnico del suono. Da quando aveva messo gli occhi su di lui non ne aveva più voluto sapere di nessun’altro. Una cosa bisognava dire di Seth: era implacabile e fedele a modo suo. Ma fino a quel momento gli sforzi compiuti per ottenere l’oggetto dell’ultimo desiderio erano stati alquanto infruttuosi.
“Eccoci qua.” Disse lui, non riuscendo ad evitare un sospiro. “Due cuori solitari in un venerdì sera…”
Dovette deglutire un improvviso nodo alla gola. La faccia di Seth si rabbuiò mentre avvicinava la propria sedia a quella di lui.
“Sentì, Kurt, mi dispiace.” Disse. “Non perché tu ti sia liberato di quella mezza calzetta, che probabilmente e la miglior cosa che potesse capitarti, ma perché si è preso gioco di te per tutto questo tempo. Soffri molto?”
Lui fissò con sguardo assente un filare di alberi in distanza, ma non vedeva altro che la faccia di David. Gentile, premuroso, tenero. Bello! Annuì.
“Povero bambino.” Aggiunse Seth.
Gli mise una mano sulla nuca per confortarlo e Fleetwood, geloso di chiunque toccasse Kurt, saltò subito giù dal suo grembo e, offesissimo, si diresse verso la cucina in cerca di qualcosa da mangiare.
“Non si può dire che tu sia fortunato con gli uomini, vero?”
Lui stava facendo il possibile per trattenere le lacrime. “Questa volta è diverso.”
“Non come il vecchio Sherman, eh?” disse Seth, abbozzando un sorriso con l’intenzione di metterlo di buon umore con i ricordi delle follie passate.
“Era riuscito ad imbrogliare anche te.” Rispose Kurt tra le lacrime, tentando di mostrarsi allegro.
“Sì. Se non fosse stato per quell’investigatore privato che la moglie gli aveva messo alle costole adesso potresti essere accusato di bigamia.”
Kurt riuscì a sorridere perché non aveva mai preso Sherman mai sul serio.
“E come dimenticare l’inestimabile Signor Lakewood?” proseguì lui, allegro.
Pronunciare quel nome scatenava sempre l’allegria generale in casa, soprattutto al ricordo dell’espressione sul viso di Seth quando il signore in questione in pieno calore gli era saltato addosso, aveva nascosto fino a quel momento di essere un omega, ma Seth era riuscito ad allontanarlo e poi insieme lo avevano portato via velocemente dalla casa.
Nonostante il grande dolore, Kurt fece una risatina che di colpo si trasformò in un singhiozzo. Si coprì il viso con le mani e scoppiò a piangere. Avrebbe voluto morire.
Lui gli circondò le spalle con un braccio e lo strinse affettuosamente.
“Va tutto bene, piccolo. Sfogati pure. È una brutta storia, lo so.”
Kurt non riusciva a smettere di piangere e aveva il corpo scosso da violenti singhiozzi. Appoggiò il viso sulla gamba nuda di lui e si lasciò accarezzare i capelli.
“Povero Kurt.” Disse Seth, calmo. “Ami sempre troppo.”
Kurt si aggrappò ancora più forte e si lasciò consolare finché, finalmente. I singhiozzi cessarono.