Capitolo 6

1310 Words
Riccardo giaceva sul letto, accanto al suo amato Teo, che dormiva tranquillo al suo fianco. Lì, nel silenzio della stanza, Riccardo non riusciva a staccare lo sguardo dal volto di Teo, fissandolo con uno sguardo rapito. Lentamente, si avvicinò e accarezzò delicatamente i capelli dell’uomo, assaporando la calma del momento. Ma qualcosa attirò improvvisamente la sua attenzione: lo specchio nella stanza, che fino a quel momento era stato immobile, si illuminò con una luce intensa. Riccardo si alzò dal letto e si avvicinò, notando la figura di Robin riflessa nello specchio. Il viso dell’uomo era preoccupato, e un sorriso forzato apparve sulle sue labbra. "Che succede, Robin?" chiese Riccardo, intuendo la confusione che si nascondeva dietro quello sguardo incerto. Robin esitò, non sapendo come cominciare. Non voleva parlare con uno dei suoi padri, era troppo complicato. Alla fine, si decise. "Riccardo, è successa una cosa, non so da dove cominciare," disse, la voce tremante. Riccardo lo guardò con attenzione, facendo un cenno di incoraggiamento. "Comincia dall'inizio," rispose pacato, cercando di rassicurarlo. Robin prese un respiro profondo e cominciò a raccontare tutto quello che era accaduto con Asmodeo, descrivendo la sensazione che gli aveva invaso il cuore da quel momento, un tumulto di emozioni contrastanti che non riusciva a decifrare. Quando finì, Riccardo rimase in silenzio per un istante, riflettendo sulle parole dell’amico. Poi, con un respiro profondo, disse: "Robin, mi sa che è già troppo tardi. Penso che tu sia già innamorato di quell’uomo." Robin scosse la testa, cercando di respingere quella verità che sentiva troppo dolorosa per essere accettata. "Non è possibile," rispose, la voce carica di disperazione. "Lui non è un uomo normale, è un demone... cosa devo fare?" Riccardo lo guardò con occhi penetranti e, dopo un attimo, rispose: "Non c'è niente da fare quando i sentimenti cominciano a farsi strada. Hai due possibilità: dimenticarti di lui, oppure andare da lui e scoprire se anche lui prova lo stesso per te." Robin rimase in silenzio, gli occhi persi nel vuoto mentre ponderava le parole dell’amico. Non voleva, ma sapeva che doveva affrontare la realtà. Alla fine, con un sospiro rassegnato, rispose: "Okay, ho capito. Cercherò di seguire il tuo consiglio, anche se non sarà facile." Prima che Robin potesse congedarsi, Riccardo lo chiamò nuovamente. "Robin." Si voltò e lo guardò, con un’espressione curiosa. "Devi solo seguire il tuo cuore e prendere la decisione giusta," disse Riccardo, come se fosse una verità universale. "Okay," rispose Robin, e, dopo un ultimo scambio di sguardi, chiuse la comunicazione. Poco dopo, sentì un abbraccio forte intorno alla sua vita: erano le braccia di Teo lo baciò sul collo, e senza dire una parola, lo sollevò delicatamente tra le sue braccia, riportandolo nel letto. Lì, passarono insieme altri momenti di passione. Robin dopo aver chiuso la chiamata con Riccardo rimase nella sua stanza a lottare con i suoi pensieri, qualcuno bussò alla porta. "Chi è?" chiese, cercando di nascondere il caos interiore. "Sono io, Magnus. Vieni fuori, dobbiamo parlare." "Okay, arrivo," rispose, cercando di riprendere il controllo della situazione. Robin uscì dalla stanza e si diresse verso il salotto, dove trovò Magnus e Alec seduti sul divano. Magnus la indicò di sedersi accanto a loro e disse: "Siediti, è una cosa importante." Robin si preoccupò, temendo che avessero scoperto qualcosa su Asmodeo. Ma quando Magnus, con un sorriso malizioso, tirò fuori due DVD da sotto il cuscino, la tensione svanì. "Secondo te, stasera, per la serata cinema, dovremmo vedere Titanic o Avatar?" chiese, divertito. Robin sospirò di sollievo e rispose con un sorriso: "Titanic è sicuramente bellissimo, ma Avatar penso che sia più nelle corde mie e di Alec." "Okay, allora Avatar sia," concluse Magnus, con un sorriso. Alec si alzò per preparare i popcorn, mentre Robin andò in camera a prendere delle coperte. Tornato in salotto, si sistemò tra i due uomini, avvolgendo la coperta attorno a tutti e tre. Magnus fece partire il DVD, e la serata cinema ebbe inizio. La mattina seguente, Robin si svegliò con il collo dolorante. Magnus e Alec non erano nei paraggi. Si alzò, si sgranchì un po’ e si diresse in cucina per fare colazione. Quando entrò, trovò i suoi due padri intenti a scambiarsi un bacio appassionato sulla mensola. Non volendo disturbarli, Robin decise di vestirsi e uscire per fare colazione al bar. Arrivato al solito bar, si sedette al suo posto abituale. Un'ora dopo, Sizzy e Clarence lo trovarono lì. "Robin, perché sei qui così presto?" chiese Sizzy. Robin si girò e rispose, sorridendo: "Sono uscito un po' prima, non volevo fare il terzo incomodo, sai." Sizzy rise a lungo e si sedette al suo solito posto, di fronte a Robin, mentre Clarence si accomodava accanto a lui. "Non so come fai a non avere il diabete, con tutte le sdolcinatezze che devi vedere ogni giorno," scherzò Clarence. Robin ridacchiò e rispose: "Vorrei anch'io avere un amore come il loro. Mi ricordano i miei veri genitori, che si amavano moltissimo, anzi, si amano ancora." Un velo di tristezza scese sul suo volto. Sizzy notò il cambiamento e chiese con voce dolce: "Ti mancano, vero?" "Moltissimo," rispose Robin, la voce tremante. In quel momento, un ricordo doloroso tornò alla sua mente, un pensiero che sapeva non sarebbe mai stato possibile realizzare: la consapevolezza che non avrebbe mai più potuto parlare con i suoi veri genitori. Un anno prima... Robin si trovava nella stanza, assorto nei suoi pensieri, quando sentì bussare alla porta. "Avanti," disse. Magnus entrò e si avvicinò al letto, sedendosi vicino a lui. "Che cosa succede, Robin? Sembri così triste," chiese, preoccupato. "Mi mancano i miei veri genitori," rispose lui con voce bassa, quasi impercettibile. Magnus gli prese una mano, guardandolo negli occhi con dolcezza. "Sai, vero, che ormai non potrai mai più parlare con le persone del tuo passato?" Robin fissò gli occhi dorati di Magnus, e, quando quelle parole lo colpirono, scoppiò in un pianto silenzioso. Magnus lo strinse a sé, offrendogli conforto. Lo tenne tra le braccia finché non si calmò, e, dopo aver asciugato le lacrime, sollevò lo sguardo. Alec li stava osservando dalla porta, con gli occhi lucidi. Alec si avvicinò e si sedette accanto a loro. "Robin, qualsiasi cosa accada, pensa a noi come la tua famiglia," disse, la voce ferma. Robin li abbracciò entrambi, comprendendo che, sebbene avesse perso una famiglia, ne aveva trovata un’altra. E avrebbe fatto di tutto per non perderla. Presente... Un suono metallico, simile a un allarme, riportò Robin al presente. L'orologio collegato all'istituto suonò con insistenza. Si alzò di scatto e si avvicinò ai suoi compagni. Insieme, corsero verso l'istituto, cercando di arrivare nel più breve tempo possibile. Giunto nella sala controllo, trovò Izzy concentrata sui monitor. Si avvicinò preoccupato. "Che succede, Izzy?" chiese. "Ci sono degli strani movimenti là fuori," rispose Izzy, senza distogliere lo sguardo dai monitor. Improvvisamente, l’istituto fu attaccato. La porta d'ingresso esplose, e un uomo alto e muscoloso fece il suo ingresso, osservando i presenti con fare minaccioso. "È meglio che facciate le valigie," disse con tono gelido. "Questo non è più casa vostra, ma è diventata la nuova sede dell'esercito del silenzio." Detto ciò, altri uomini entrarono nella stanza e cominciarono a sparare sugli Shandowhunters, uccidendo molti di loro. Izzy e Robin si nascosero sotto una scrivania, ma Robin, stanco delle urla dei suoi compagni, si alzò e invocò i suoi poteri. Scagliò una potente onda di energia contro gli invasori, disintegrando le loro armi. Poi, si rivolse al comandante, con occhi pieni di determinazione. "È meglio che ve ne andiate," disse, con voce ferma. "Nessuno può minacciare la mia famiglia e rimanere in vita." Mentre si preparava a scagliare un'altra palla di fuoco, un potere invisibile lo colpì con forza, scagliandolo contro la parete. L'ultima cosa che sentì prima di perdere conoscenza furono le urla di dolore di sua zia Izzy.
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