Capitolo Due

1261 Words
Con l'esperienza che derivava da un lunga pratica, Ragnar Svendson percorse con lo sguardo la frastagliata riva del fiume, cercando un punto sicuro in cui le navi potevano essere tirate in secco. Saltando giù dalla prua, divaricando le lunghe gambe per non perdere l'equilibrio a causa delle oscillazioni del veliero, oltrepassò gli uomini che remavano e si diresse verso l'amico appoggiato al parapetto. "Tu che ne pensi?" domandò Erik sollevando gli occhi, quando lui lo raggiunse. Ragnar girò la testa per lanciare un'occhiata ai tetti di Bertune. "Penso possa andar bene, per questa notte." rispose." Gli uomini sono stanchi, hanno bisogno di riposare." Fletté le dita sul legno levigato del parapetto e fece roteare le spalle. Il viaggio da Ribe era stato facile e rapido, il mare del nord miracolosamente calmo, per una volta, con un vento non troppo impetuoso che li aveva spinti con un vento non troppo impetuoso che li aveva spinto velocemente attraverso le onde fino alla costa nordorientale dell'Inghilterra. "è peccato che non possiamo approdare sul lato settentrionale, ma la marea è troppo alta." Un sorriso incurvò la labbra di Erik. "Credi che gli abitanti di questa piccola città siano pronti a riceverci?" Ragnar si ficcò una mano nei capelli, le folte ciocche che scintillavano come l'oro nel sole morente. "Chissà? Dopotutto siamo venuti per aiutarli. Dovrebbero accoglierci a braccia aperte." Riportò lo sguardo sul centro del veliero, sul timoniere che segnava il tempo su un piccolo tamburo per i quaranta uomini che remavano. Ciascuno di loro sedeva su una delle cassette che contenevano le poche cose che possedevano. E dietro di loro altri cinque, identici velieri li seguivano lungo lo stretto canale. "Possiamo compiere la traversata domani." Eirik fece scivolare la mano lungo la prua. Il legno ricurvo si innalzava per formare una polena: la testa di un drago dagli occhi sporgenti e la lingua rosso fuoco. "Mio fratello arriverà solo fra un paio di giorni con la sua flotta." "E poi potrete marciare insieme per incontrarvi con Edgar Aethling a Jorvik. La città si trova a settentrione da qui, al di là del fiume." Ragnar fissò la riva opposta dell'ampio fiume, dove boschetti di rigide canne gialle erano intervallati da cumuli di melma. Alcuni uccelli marini planavano nel cielo terso emettendo le loro strida, suoni lugubri e malinconici che laceravano l'aria. Erik annuì. Essendo il primogenito di Sweyn, il re dei danesi, era stato mandato ad aiutare il detronizzato sovrano anglosassone a combattere contro gli invasori normanni.  "In tal caso, questo posto è perfetto." dichiarò, battendogli una mano sulla spalla. "E noi due e il resto degli uomini avremo la possibilità di spassarcela. Ho sentito dire che gli omega sassoni sono molto belli." Ragnar scosse la testa, un gesto brusco ed energetico. "No, Eirik, non sono venuto qui per questo." Ridusse gli occhi a due fessure color smeraldo, e un muscolo gli guizzò sulla mascella. "Lo avevo dimenticato. Ma rimarrai con noi fino a domani, non è vero? Fra poco sarà troppo buio per viaggiare. Perché non spassarsela, stasera, quando ne ha la possibilità?" Eirik gli sferrò un pugno scherzoso alla mascella. "Inoltre, quale bel omega sarebbe in grado di resistere al tuo viso completamente rasato?" "Fa troppo caldo per avere la barba. è meglio così." "Se lo dici tu. Tuttavia potrei giurare che tua madre c'entri, in qualche modo. Sta tentando di trasformarti in un normanno?" Ragnar sorrise, un lampo di denti bianchi e regolari nel volto abbronzato. "Per il martello di Thor, Eirik, per chi mi prendi? Ovvio che non lo sta facendo!" "Ti credo sulla parola" Eirik rise, inarcando le sopracciglia nere in un'espressione di simulato stupore. "Bé, continuo a pensare che dovresti approfittare dell'ospitalità di questa città." "Potrei." Ragnar sorrise all'amico, sentendosi assalire da un impeto di riluttanza. Mentre le imbarcazioni poco profonde si avvicinavano alla riva, portò lo sguardo al di là del disordinato agglomerato di casupole dal tetto di stoppie e i muri di argilla che costituiva ola città di Bertume. Fili di fumo si innalzavano in verticale, rendendo l'aria nebbiosa, delle sagome si muovevano sulla riva, persone che si fermavano e additavano mentre osservavano l'approssimarsi delle navi. Ignorava quanto tempo avrebbe impiegato a compiere il viaggio a settentrione. L'unica cosa che sapeva era che doveva rintracciare l'uomo che aveva rovinato la vita di sua sorella. Che aveva trasformato la ragazza felice e sicura di sé che era stata in un apatico, silenzioso fantasma. Non aveva pronunciato un parola da quando era stata portata giù dal veliero a Ribe. "Come farai a rintracciarlo, comunque?" Lui scrollò le spalle possenti. "So solo che è un nobile normanno al quale il conquistatore ha donato delle terre a settentrione di Jorvik. è l'unica informazione che possiedo, al momento." "Come ti proponi di avvicinarlo? I normanni sono circondati da guardie, specialmente in questa zona ostile del paese." "Non ne ho idea, Eirik, ma quando avrò escogitato un sistema, scoprirò cosa è successo a Gyda, dopo che è stata rapita." Una fitta di senso di colpa lo trafisse. "Abbiamo tentato di tutto." Era stato lui a incoraggiarla, a consigliarle di recarsi in Inghilterra con l'uomo che amava. L'aveva perfino depositata a bordo del veliero. Ragnar ricordò la risata gioiosa della sorella quando l'aveva sollevata al di sopra del parapetto, consegnandola al giovane sorridente che desiderava sposarla. Adesso il suo fidanzato era morto a Gyda, quando infine era tornata, era cambiata al punto da essere irriconoscibile. Eirik gli lanciò un'occhiata, intuendo la sua distrazione. "Sei deciso ad attuare quel piano, Ragnar? Mi auguro che non tarderai a vedertela con lui, dal momento che mi mancherai, se saremo costretti a ingaggiare delle battaglie." "Se tu sei coinvolto, Eirik, è certo che ci saranno delle battaglie." Ragnar scoppiò in una risata, scrollandosi di dosso l'opprimente cappa di rimorsi che gli gravava sulle spalle. Non era il momento opportuno per indulgere a recriminazioni e a tristi pensieri. Quell'epoca era terminata. Era ora di agire. Era suo dovere nei confronti della sorella rintracciare l'uomo che l'aveva strappata dal fianco del suo fidanzato. Scoprire ciò che le era successo. "è l'unica cosa per cui vivo." ribatté Eirik con una smorfia di simulata mestizia. "Oltre a Bodil e ai bambini." aggiunse lui. "Non dimenticarlo."  Benché fosse un guerriero, Eirik era anche un marito e un padre devoto, al quale niente piaceva più che stringersi al petto il suo ultimo nato e cantare delle vecchie ballate norrene nell'orecchio della povera creatura. Poiché alloggiava spesso in casa di Eirik, dato che lui e la sua famiglia vivevano più vicini al porto di Ribe, Ragnar aveva visto quel lato tenero dell'indole dell'amico in diverse occasioni. "Oltre a Bodil e ai bambini" confermò Eirik in tono entusiasta. "Inutile dirlo." Guardò l'acqua mentre la nave modificava la rotta e si dirigeva verso la rive. "Ah, bene, non è fangosa in questo punto. Riesco a vedere il fondo. Potremo tirare in secco le navi senza sporcarci gli stivali." In quel momento gli scafi di legno sfregarono leggermente contro i ciottoli e la sabbia, e i remi furono infilati nei fori praticanti nelle fiancate. Alcuni uomini saltarono giù, afferrando le funi di stoppa per tirare ulteriormente i velieri sulla riva. Le else ingioiellate delle loro corte spade che sporgevano fai foderi di cuoio brillavano nella luce fioca mentre gli uomini gridavano, impartendosi istruzioni a vicenda. Poi gli abitanti della città si precipitarono a dar loro man forte, ridendo e assestando loro delle pacche sulla schiena come se fossero dei vecchi amici, felici che quegli alti, attraenti danesi fossero venuti per aiutarli a liberarsi dal giogo degli infedeli normanni.
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