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1316 Words
Malcolm tornò in sé in una lurida segreta, dove canne di palude erano sparse sul pavimento. Jemmie era distesa accanto a lui priva di sensi. Erano entrambi legati ai polsi e già i topi si stavano raccogliendo attorno a loro. Malcolm non indossava più i vestiti che aveva prima di essere catturato. Il suo petto era nudo e sotto portava dei pantaloni di grezza lana, gli avevano buttato addosso il plaid degli Ullyot i cui quadrati rossi, blu e neri apparivano spenti in quella luce e non gli conferivano comunque molto decoro. Lo sgomento lo scosse e lo fece sudare malgrado il gelo di quella giornata. Perché erano lì? E dove si trovavano? Intuì che quella non era Ashblane: uno stendardo appeso al muro mostrava lo stemma degli Armstrong. Malcolm si mosse e qualcuno apparve alla porta della cella. Un uomo anziano con dei buchi tra i denti e i capelli lunghi e sporchi sbirciò attraverso le sbarre; si coprì gli occhi con la mano appena si accorse che lui lo stava fissando. "Si è svegliato." Malcolm riconobbe le vocali fluide del gaelico. Avendo appreso solo i rudimenti di quella lingua, non afferrò però il senso della risposta. Si stupì vedendo due uomini entrare nella cella come un sacco di tela in mano che poi gli avvolsero stretto attorno alla testa. Si chiese perché desiderassero portarlo con loro in quel modo e cominciò a lottare appena gli liberarono i polsi. Per tutta risposta gli arrivò un manrovescio vigoroso in pieno viso e i suoi occhi si velarono di lacrime; quegli uomini non si sarebbero fatti molti scrupoli a ucciderlo. La paura lo scosse nel profondo, mentre con l'orecchio teso seguiva la strada che i suoi carcerieri stavano imboccando. Su per le scale, tirò a indovinare, e dentro a una stanza più calda delle altre. Un odore delicato di carbone gli penetrò nelle narici e anche, quando lo lasciarono in piedi, il profumo pungente di sudore. "Toglietegli il sacco." Quella voce raggelante lo fece raddrizzare. Malcolm sbatté le palpebre nella luce forte che lo investì d'un tratto. Il signore degli Ullyot stava di fronte a lui in mezzo a due uomini alti quasi quanto lui. Di sicuro non si era lavato dall'ultima volta che lo aveva visto, per quanto ora indossasse un mantello di lana grezza. I lineamenti segnati in profondità dal diverbero del fuoco non lasciavano spazio alla speranza, almeno quanto le strisce di cuoio che gli tenevano fermo il braccio. Senza bisogno che glielo dicessero, Malcolm capì che gli facevano male: Alexander rimaneva stranamente rigido anche con gli occhi di tutti puntati addosso. "Armstrong sostiene che voi siate Lord Malcolm Randwick, fratello di Noel Falstone di Heathwater vero?" Malcolm annuì e il suo sguardo scivolò sulla pesante lama della spada, prima di fissarsi di nuovo su di lui. La sorpresa che gli aveva visto balenare sul volto poco prima aveva ceduto il passo alla collera. avanzo verso di lui, con la punta delle dita gli sollevò il mento e gli sfregò il livido sullo zigomo. "Chi l'ha picchiato?" "Si ribellava, signore. Ho dovuto" L'uomo che lo aveva condotto li dalle celle non aggiunse altro e un manrovescio di Alexander Ullyot lo scaraventò a terra. "Sostituiscilo, Marcus." Uno degli uomini accanto a lui annuì è Malcolm si sentì rincuorato da quel cambio, anche se le parole che Ullyot gli rivolse subito dopo non lo rassicurarono. "Lord Randwick, voi siete prigioniero qui. Siete un ostaggio con il quale vogliamo ridurre vostro fratello alla ragione." "Questo non accadrà mai" "Silenzio." Quell'ordine calmo era più sconcertante di un urlo deciso. In quello stesso momento Malcolm notò le vene in rilievo sul suo collo e le sfumature argento scuro negli occhi. Vide anche lo stemma elaborato sull'anello al mignolo che proponeva il leone scozzese. Il senso del pericolo prima e la paura poi gli diedero le vertigini e Malcolm inciampò: Sarebbe caduto se lui non si fosse fatto avanti per sorreggerlo. La sua mano fredda e il pugnale, che lui poté sentire sotto la sua manica, finirono per innervosirlo ancora di più. Quell'alfa, pur trovandosi tra i suoi uomini e i suoi alleati, aveva bisogno di nascondersi le armi addosso? Su quali leggi basava la propria esistenza?- Beh, la risposta non era difficile. Su nessuna. Impallidì, mentre considerava ciò che poteva significare per lui e si affondò le unghie nelle braccia per distogliere con il dolore l'attenzione dal terrore. Smise solo quando notò che Alexander gli osservava i segni rossi a mezzaluna sulle braccia. I suoi occhi freddi color ardesia saettarono puro di disprezzo. "Perché vi trovavate vicino ai campi di battaglia dove stavano morendo i soldati?" Malcolm impallidì. Quell'uomo poteva credere che in qualche modo Malcolm facesse parte della battaglia? "Sono un guaritore." dichiarò in un tono di sfida. "Un guaritore, davvero? Sappiate che non è proprio quello che si dice di voi." precisò Ullyot sprezzante. "Quinlan, riportalo in cella." "No." "No?" Una luce calda si era insinuata nel suo sguardo, per quanto l'effetto d'insieme di un viso che sembrava inciso nel marmo fosse inquietante. "Contestate i miei ordini?" Alexander gli si era avvicinato così tanto che Malcolm poté scorgere la punta bionda delle lunghe ciglia nere alla radice. "Ci sono i topi." Scoppi di risa tutt'attorno lo fecero sobbalzare e Malcolm lottò per nascondere la paura. Il plaid, mal fissato sulle spalle, gli scivolò via, mettendo in mostra il suo petto, e lui vide gli alfa puntargli gli occhi sui pettorali leggermente scolpiti. Ecco, un'altra umiliazione. Sospirò, afferrò con braccia tremanti la lana calda e si ricoprì. "Riportatelo in cella." "Per favore! Se sono i soldi ciò che state cercando ve ne posso dare molti." Ogni singolo alfa incontrato in vita sua aveva avuto un prezzo. Questa volta però il cipiglio dell'uomo non lasciava presagire nulla di buono. "Sono sangue e vendetta ciò che voglio da vostro fratello, Lord Randwick. L'oro non mi restituirà gli uomini che ho perso." "Così volete ucciderci?" Prima che Malcolm potesse dire altro Alexander gli mise la mano attorno alla gola e strinse piano. "Io non uccido donne, omega e bambini, diversamente da vostro fratello." Il sollievo fu tale da lasciarlo senza fiato, anche se sentì incombere su di sé una nuova minaccia. Malcolm aveva visto cosa facesse Noel ai prigionieri Heathwater e sapeva che lo stupro poteva essere brusco quanto la morte. Una morte vivente. E chiunque tra quegli uomini poteva arrecargli quell'offesa. Anzi, guardandosi attorno, si accorse che i guerrieri alfa gli accarezzavano il corpo con lo sguardo, proprio come se lo considerassero parte del loro bottino di guerra. Si fece coraggio e tenne duro, mentre gli occhi di Alexander Ullyot, d'un tratto cupi e impenetrabili, lasciavano trasparire il dolore- cordoglio e rabbia- per l'uomo sul cui corpo aveva pianto. Malcolm si perse in quello che vide. "Vi posso aiutare." Le sue parole sembravano uscite dal nulla e Malcolm lo vide trasalire quando con le dita gli sfiorò la pelle calda della mano. Il dolore per la perdita delle persone amate infliggeva al corpo sofferenza alla stessa stregua della febbre e del mal di stomaco e il guaritore in lui cercava la possibile cura. "Non mi serve il vostro aiuto." Alexander allontanò il braccio; era più arrabbiato ora di quando lo avevano condotto lì. "Portatelo via." Quell'ordine secco venne eseguito senza indugio: due uomini si fecero subito avanti. Ma, mentre se ne andava, Malcolm si voltò e vide che Alexander non gli staccava gli occhi di dosso. La luce da dietro metteva in risalto il suo corpo, tanto da farlo sembrare un uomo uscito da una leggenda: immenso, crudele e inflessibile. Nei suoi occhi chiari però brillava lo stesso desiderio ardente e la brama che Malcolm aveva già visto nello sguardo di altri alfa. Quando fu lontano e certo che lui non lo potesse vedere, sorrise tra sé e cominciò a chiedersi come avrebbe potuto usare quel desiderio a proprio vantaggio.
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