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1308 Words
"Cosa ne pensi di lui, Alex?" la voce di Quinlan si insinuò nei pensieri di Alexander, mentre tracannava da un bicchiere. "Malcolm Randwick forse non è un angelo, ma nemmeno lo stregone intrigante e senza cuore che si dice." "è più alto di quanto mi sarei aspettato." "E mille volte più bello, vero?" La rabbia lo rese schietto. "Un bel visino può ingannare alla stessa stregua di un viso insignificante Quinlan." "Aveva paura dei topi." "Liberatevene." "Dei topi?" "Domani partiremo per Ashblane e ci creerebbe solo difficoltà trasportare un'omega malato. Mettilo in un'altra stanza e lasciagli una sentinella alla porta." Si obbligò a fermarsi. Il braccio sinistro gli pulsava e l'unguento che il cerusico gli aveva spalmato sul taglio gli bruciava. Quando cercò di sollevare l'arto ferito, l'aria gli venne a mancare e il cuore cominciò a battergli forte per lo sforzo. Ian era morto. Ogni cosa era cambiata, sminuita. "Che Noel Falstone sia maledetto." sussurrò fiero, prima di dirigersi verso la finestra, dove cercò di mettere a fuoco il profilo scuro delle colline Cheviot verso est e si irrigidì quando Adam Armstrong si mise al suo fianco. "Mi dispiace moltissimo. So bene quanto tu e Ian foste vicini e..." Alex alzò la mano. Gli risultava più semplice avere a che fare con la rabbia piuttosto che con la solidarietà. "Avrei dovuto cavalcare verso Heathwater con gli uomini che mi erano rimasti e far fuori quel maledetto bastardo. Ian lo avrebbe fatto per me, s emi fossi ritrovato steso su una lastra della vostra cappella con il sale sulla pancia." "E così facendo saresti morto anche tu." Come solito Adam cercava di farsi trasportare dai sentimenti. "No, meglio sferrare l'offensiva quando cogliere il nemico di sorpresa può tornare utile e non si è provati dalla battaglia. Oltretutto, sei ferito. Lascia che mi prenda cura del tuo braccio." "No. Ci ha già pensato Hale." Tirandosi indietro, Alex si portò il braccio sinistro contro il corpo. Non voleva avere vicino nessuno e temeva che gli altri capissero quanto in realtà stesse male: la sua ferita non era piccola ed era ancora troppo lontano da casa. Avrebbe avuto il tempo di pensare alla propria salute l'indomani, una volta arrivato ad Ashblane. Per il momento, nella fortezza degli Armstrong, desiderava solo avere la situazione sotto controllo. O almeno illudersi che cosi fosse, si corresse, mentre le vertigini lo facevano crollare sulla seggiola accanto al tavolo. "Ian non sarebbe mai dovuto partire con una scorta così piccola." "E allora perché lo ha fatto?" gli chiede Adam interessato. Alexander si versò un altro po' di birra, contento per quel momento di distrazione che gli dava modo di calmare la nausea bevendo. Quando si sentì più in forze cominciò a parlare, anche se ancora sentiva il battito del cuore rimbombare nelle orecchie e lo scorrere impetuoso del sangue copriva i toni normali del dialogo. "Noel Falstone ha appiccato il fuoco alle case e si è preso gli omega di un villaggio a ovest di Ashblane. Ian è partito in preda alla rabbia prima che io avessi modo di raggiungerlo. Se avesse aspettato, avremmo potuto ammazzare un bastardo insieme." "Aspettato?" "Ero via. Sono stato a Edimburgo con il re." "E il re reagirà quando verrà a sapere della perfidia di Falstone?" "Il nostro re, dopo la lunga prigionia sotto gli inglesi, non ha più lo stesso coraggio di prima e oggigiorno preferisce la diplomazia alla battaglia." Alex scelse le parole con molta calma. "Credo che tu abbia ragione e comunque Noel Falstone potrebbe fare qualsiasi cosa che tanto Re David non gli torcerebbe un capello: è un uomo troppo astuto e gli torna comodo, in fondo, con tutte terre sul confine dove ora regna lo scompiglio più totale." "Questo vuol dire che ci dovrò pensare io." Alex si alzò in piedi e questa volta non ebbe la sensazione che la stanza ondeggiasse. "Falstone è uno spaccone e ama il rischio, ma è anche un uomo molto abitudinario. Passa sempre il mese di gennaio a Egremont e ci va da Carlistle con una scorta piccolissima. Si crede al sicuro." "Non potrai violare i confini con L'Inghilterra spingendoti cosi tanto a sud." "Perché no?" Gli occhi di Alexander si fecero duri. "Al momento godi della protezione del sovrano. Se vieni meno alle promesse espresse nel trattato, sarai dichiarato traditore e perderai Ashblane. E nessuno ti potrà salvare." "Nessuno mi vedrà." "Non indosserai i colori del clan degli Ullyot? Dio santo! Lascia che ti ricordi i rischi che corri se ti ostini cosi. Re Davide sarà anche tuo parente, ma lui è prima di tutto un re e ti ha concesso di tenere Ashblane come roccaforte del regno. Ma al primo tentennamento, il minimo accenno di tradimento?" Adam aprì le mani sul tavolo in un gesto calmo ed eloquente. "Sono tuo amico, Alex, e l'esperienza mi insegna che gli uomini con un unico obiettivo in mente sono spesso disposti a sacrificare il buonsenso pur di stabilire quello di cui prima di tutto non erano nemmeno tanto certi. Pensa a riportare gli uomini del clan ad Ashblane dove Falstone non può torcervi un solo capello né cingendovi d'assedio né facendovi battaglia. E, una volta là, rispedisci Lord Randwick al fratello con una lettera pacificatoria. Falstone potrebbe perfino ringraziarti e di sicuro comunque lo farà Re Davide. Pensa che l'inchiostro del trattato di Berwick è ancora fresco." Con uno scatto d'ira, Alex si alzò in piedi e buttò il sedimento della birra nel fuoco. "Non mi interessano, i ringraziamenti!" ringhiò, mentre guardava il liquido prendere fuoco e le fiamme alzarsi. "No, Adam. è la vendetta quello che voglio. Voglio il fratello di Falstone, le sue terre e anche la sua vita." "E la magia dei De Cargne dove la metti? Come potrai controllarlo in Malcolm Randwick, quando di lui si dice che possa indurre un uomo a credere quello che più gli piace? Come farai?" Questa volta Alex scoppiò a ridere. "Dai una strana interpretazione alle Sacre Scritture. Non adoperai falsi idoli. La magia non è forse il più falso di tutti? Se è la magia che temi, tranquillizzati: la Bibbia non approverebbe mai l'esistenza di una simile, inspiegabile assurdità." Adam batté forte le mani. "Sei stato in guerra troppo a lungo e troppo lontano dagli insegnamenti di Dio per venirmi a far lezione, Alexander. Sia che tu ci creda o no, il confine trabocca di racconti sui De Cargne. Josephine Anthony, Eleanor de Cargne e ora Malcolm Randwick. Sappi che usa la propria bellezza per vincolare gli uomini a promesse che non si ricordano di aver fatto, quando svegliano nel suo letto allo spuntar del giorno. Uomini forti e coraggiosi soggiogati dalle malie di uno stregone." Alex fece un respiro profondo per darsi un contegno. Ancora un giorno e poi sarebbe stato ad Ashblane. Ventiquattro ore e poi poteva curare la malattia che lo faceva sentire come se le ossa gli stessero bruciando. Quella ferita gli stava annebbiando la mente perché immagini di Malcolm Randwick nudo e avvinghiato a lui cominciarono a fluttuargli davanti agli occhi. Sempre più arrabbiato buttò il calice in argilla a terra. Gli ritornarono alla mente il color rosso acceso dei suoi capelli, mentre lo portavano fuori dalla stanza, la sensazione della sua pelle fresca quando gli aveva sfiorato la mano. Io vi posso aiutare. Scosse la testa inquieto: Malcolm era un ostaggio e questo era tutto. Anzi, al momento giusto si sarebbe rivelato e frenare la smodata ingordigia del fratello. Una comoda pedina oltre che un'omega il cui nome era già sinonimo di tradimento e immoralità. Insomma, il vedovo nero di Heathwater. Con uno scatto d'ira Alex colpì la birra accanto a sé rovesciò la bottiglia e sentì il braccio paralizzarsi per il dolore. Prima della fine della settimana Malcom se ne sarebbe andato, giurò. Ashblane a quel punto non avrebbe più corso alcun rischio.
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