Capitolo 1: L'Arrivo
La nebbia marina si alzava lentamente dalle acque cristalline, rivelando a poco a poco i contorni misteriosi dell'isola. Nicola Torretti strinse più forte la valigia di pelle che conteneva i suoi preziosi strumenti di ricerca, mentre la piccola imbarcazione dondolava dolcemente verso la riva. Il sole del mattino filtrava attraverso la foschia, tingendo tutto di una luce dorata e surreale.
Era partito da Milano tre giorni prima, lasciandosi alle spalle il grigiore della città e le aule sterili dell'università dove insegnava botanica. Questa spedizione rappresentava il culmine di anni di ricerche: studiare le piante carnivore endemiche che crescevano solo su questa isola remota al largo della costa siciliana, specie che nessun altro scienziato era mai riuscito a catalogare completamente.
Mentre la barca si avvicinava alla spiaggia di sabbia bianca, Nicola sentì il cuore accelerare. Non era solo l'eccitazione della scoperta scientifica, ma qualcosa di più profondo, più primitivo. L'isola sembrava chiamarlo, sussurrargli segreti antichi che solo lui poteva comprendere.
Il marinaio che lo aveva accompagnato saltò in acqua per trascinare l'imbarcazione sulla riva. "Dottore," disse con un accento siciliano marcato, "siete sicuro di voler rimanere qui? Quest'isola... dicono che sia maledetta."
Nicola sorrise, scendendo con grazia dalla barca. "Sono solo superstizioni. Io sono uno scienziato, non credo alle maledizioni."
L'uomo scosse la testa, chiaramente preoccupato. "Come volete voi. Il guardiano dovrebbe essere qui a ricevervi. Io torno tra una settimana, come concordato."
Mentre la barca si allontanava, Nicola si ritrovò da solo sulla spiaggia deserta. Il silenzio era quasi tangibile, rotto solo dal dolce sciabordio delle onde e dal sussurro del vento tra la vegetazione lussureggiante che si estendeva davanti a lui. Alberi tropicali dalle foglie enormi creavano una parete verde che sembrava nascondere mille segreti.
Fu allora che lo sentì: passi leggeri sulla sabbia alle sue spalle.
"Dottore Torretti?"
La voce era profonda, calda come il miele, con una sfumatura roca che fece scorrere un brivido lungo la schiena di Nicola. Si voltò lentamente, e il respiro gli si bloccò in gola.
L'uomo che si avvicinava era alto, con spalle larghe e una figura che parlava di forza contenuta. I capelli scuri, mossi dal vento marino, incorniciavano un viso dal fascino selvaggio. Ma erano gli occhi a togliere il fiato: di un azzurro intenso come il mare nelle giornate di tempesta, profondi e magnetici.
"Sono Giacomo Marelli," disse l'uomo, fermandosi a pochi passi da lui. "Il guardiano dell'isola. Mi hanno detto che avreste avuto bisogno di una guida."
Nicola deglutì nervosamente, sentendo un calore improvviso diffondersi nel petto. "Sì, esatto. Grazie per essere venuto a prendermi."
Giacomo si avvicinò ulteriormente, tendendo la mano. La stretta fu salda, le dita callose che si chiusero attorno alle sue più delicate. Il contatto durò forse un secondo di troppo, e Nicola sentì una scarica elettrica risalire lungo il braccio.
"Benvenuto nella mia isola," disse Giacomo, e c'era qualcosa di possessivo nel modo in cui pronunciò quelle parole. I suoi occhi scrutarono il viso di Nicola con un'intensità che lo fece arrossire.
"La vostra isola?" chiese Nicola, cercando di mantenere un tono professionale nonostante il cuore che batteva all'impazzata.
Un sorriso lento si disegnò sulle labbra di Giacomo, rivelando denti bianchi e perfetti. "Vivo qui da dieci anni. Conosco ogni albero, ogni pietra, ogni... pericolo." La pausa fu deliberata, carica di significato. "Dovrete fidarvi completamente di me se volete sopravvivere a questo posto."
Nicola sentì un fremito percorrerlo. Non era paura, era qualcosa di molto più pericoloso: eccitazione pura. "Quali pericoli?"
"Oh, molti," disse Giacomo, raccogliendo senza sforzo la pesante valigia di Nicola. "La vegetazione qui può essere... traditrice. Ci sono piante che è meglio non toccare, altre che è meglio non avvicinare nemmeno. E poi ci sono pericoli di cui non si parla nei libri di botanica."
Gli occhi azzurri si posarono di nuovo su di lui, e Nicola ebbe la sensazione che Giacomo stesse parlando di molto più che piante carnivore.
"Seguitemi," disse il guardiano, avviandosi verso la foresta. "Vi mostrerò dove alloggerete."
Nicola lo seguì, ipnotizzato dal modo in cui si muoveva. Giacomo camminava con una grazia felina, ogni passo calcolato e silenzioso. I muscoli si contraevano sotto la camicia di lino bianco, e Nicola si ritrovò a fissare la linea delle sue spalle, la curva del collo abbronzato dal sole.
"Da quanto tempo studiate le piante carnivore?" chiese Giacomo senza voltarsi, la voce che sembrava danzare nell'aria calda.
"Da sempre," rispose Nicola, sforzandosi di concentrarsi sulla conversazione. "Fin da bambino ero affascinato dalla loro natura predatrice. Il modo in cui possono sembrare così belle e innocue, ma essere mortali per le loro prede."
Giacomo si fermò all'improvviso e si voltò. "Interessante filosofia, dottore. Credete che la bellezza e il pericolo possano coesistere?"
I loro sguardi si incontrarono, e per un momento il mondo sembrò fermarsi. Nicola sentì le guance arrossire sotto l'intensità di quegli occhi azzurri.
"Credo," sussurrò, "che spesso le cose più belle siano anche le più pericolose."
Il sorriso di Giacomo si fece più profondo, più carico di promesse non dette. "Allora vi troverete molto a vostro agio su quest'isola, dottore Torretti. Molto a vostro agio."
Riprese a camminare, lasciando Nicola a seguirlo con il cuore che batteva forte nel petto e la mente che già iniziava a dimenticare il vero motivo per cui era venuto sull'isola. Davanti a lui, Giacomo procedeva sicuro tra la vegetazione, e Nicola capì che il vero pericolo di questo luogo non erano le piante carnivore.
Il vero pericolo era l'uomo che ora lo stava guidando nel cuore dell'isola, con quegli occhi che sembravano leggere direttamente nella sua anima.