La rosa era ancora perfetta dopo tre giorni, i suoi petali rossi che sfidavano il tempo con la stessa ostinazione con cui Alessandro sfidava la morte. Marco la teneva sempre con sé, come un talismano che lo collegava a quella presenza misteriosa che ormai abitava ogni angolo della villa.
Le manifestazioni di Alessandro erano diventate parte della sua routine quotidiana. La mattina trovava la colazione già pronta sul tavolo della cucina, preparata da mani invisibili con una cura che lo commuoveva. Durante il giorno, i libri si aprivano da soli alle pagine giuste, come se Alessandro volesse guidarlo nella scoperta della sua storia. E la sera, oh la sera era il momento più intenso, quando quella voce melodiosa lo accompagnava nelle sue attività come un amante devoto.
Era una domenica sera piovosa quando tutto cambiò. Marco era seduto davanti al camino, come ormai faceva ogni sera, leggendo una raccolta di poesie d'amore che aveva trovato nella biblioteca. Le fiamme danzavano nel camino, creando giochi di luce e ombra sulle pareti del salone.
"Leggi ad alta voce," arrivò la voce di Alessandro, più vicina del solito, quasi un sussurro nell'orecchio.
Marco sorrise, ormai abituato a queste richieste. Iniziò a leggere con la sua voce calda e profonda: "Come un fiume che scorre verso il mare, così il mio amore scorre verso te, inarrestabile e infinito..."
"Fermati," lo interruppe Alessandro, e questa volta la voce era così vicina che Marco sentì il respiro sulla guancia. "Guarda."
Marco alzò lo sguardo dal libro e il cuore gli si fermò nel petto. Davanti al camino, tra le ombre danzanti create dalle fiamme, una figura stava prendendo forma. Prima solo un'ombra più densa delle altre, poi contorni sempre più definiti, finché...
Alessandro Monteverde si materializzò davanti a lui in tutta la sua bellezza devastante.
Era esattamente come nel ritratto, ma infinitamente più bello. I capelli corvini incorniciavano un volto di una perfezione quasi dolorosa, la pelle pallida sembrava illuminata da una luce interna, e quegli occhi scuri erano carichi di un'intensità che toglieva il respiro. Indossava una camicia di lino bianco leggermente aperta sul petto, e pantaloni scuri che mettevano in risalto la figura slanciata ed elegante.
Marco lasciò cadere il libro, le mani che gli tremavano per l'emozione. "Sei... sei davvero qui."
Alessandro sorrise, e quel sorriso era più devastante di qualsiasi tempesta. "Sono sempre stato qui, Marco. Solo ora puoi vedermi."
La voce era ancora più bella di quanto Marco avesse immaginato, vellutata e calda come un vino pregiato. Alessandro si avvicinò lentamente, i suoi passi silenziosi sul tappeto persiano. Quando si fermò davanti alla poltrona di Marco, la sua presenza riempì tutto lo spazio, carica di una sensualità che faceva girare la testa.
«Come è possibile?» sussurrò Marco, senza riuscire a staccare gli occhi da quel volto perfetto.
"La morte non è sempre la fine," rispose Alessandro, allungando una mano verso il volto di Marco. Quando le sue dita sfiorarono la guancia dell'uomo, Marco sussultò. Il tocco era reale, caldo, vivo. "A volte è solo un diverso modo di esistere."
Marco chiuse gli occhi, abbandonandosi a quella carezza impossibile. "Sei morto nel 1870. Come puoi essere qui?"
Alessandro si accovacciò davanti alla poltrona, le sue mani che ora incorniciavano il volto di Marco. "Sono rimasto legato a questa casa, a questi muri che hanno visto la mia passione e la mia morte. Ho vissuto nell'ombra per centocinquant'anni, aspettando qualcuno che potesse vedermi, sentirmi, amarmi."
"Amarti?" Marco aprì gli occhi, incontrando quello sguardo intenso che sembrava leggere direttamente nella sua anima.
"Non fingere di non sentirlo," sussurrò Alessandro, il suo volto ora a pochi centimetri da quello di Marco. "Questa attrazione che c'è tra noi. È più forte della morte, più potente del tempo. Ti ho chiamato qui, Marco. La mia anima ha chiamato la tua attraverso i secoli."
Marco sentì il mondo girare intorno a lui. "Sei tu che mi hai fatto ereditare questa casa?"
"Ho influenzato tuo zio, sussurrandogli nei sogni. Lui era sensibile come te, poteva percepire la mia presenza. Gli ho fatto capire che dovevi essere tu a venire qui." Alessandro sorrise con una dolcezza che spezzava il cuore. "Ho aspettato tanto, Marco. Ho aspettato te."
"Ma tu sei morto," Marco cercò di aggrapparsi alla ragione, anche se ogni fibra del suo essere era attratta da quell'uomo impossibile.
Il volto di Alessandro si fece serio, carico di una tristezza antica. "Sì, sono morto. Assassinato nel mio letto, tradito da chi credevo di amare." Le sue mani si fecero più salde sul volto di Marco. "Avevo un amante, Marco. Un uomo che credevo mi amasse come io amavo lui. Ma era sposato, aveva una famiglia da proteggere. Quando scoprì che stavo per rivelare la nostra relazione, che non potevo più vivere nell'ombra... mi uccise per salvare la sua reputazione."
"Come ti chiamavi tu?" chiese Marco, anche se una parte di lui temeva già la risposta.
"Marco," sussurrò Alessandro, e il nome suonò come una carezza sulle sue labbra. "Si chiamava Marco, come te."
Un brivido gelido percorse la schiena di Marco. La coincidenza era troppo grande per essere casuale. "Non può essere una coincidenza."
"No, non lo è." Alessandro si alzò in piedi, tendendo una mano verso Marco. "Alzati. Voglio mostrarti qualcosa."
Marco prese quella mano, sorpreso dalla sua solidità, dal calore che emanava. Alessandro lo guidò attraverso il salone, fino a uno specchio antico appeso alla parete. Quando si fermarono davanti al vetro argentato, Marco vide la sua immagine riflessa, ma accanto a lui...
"Non ti vedo nello specchio," sussurrò Marco, confuso.
"I morti non si riflettono," spiegò Alessandro con un sorriso triste. "Ma guarda bene il tuo volto, Marco. Guarda davvero."
Marco si osservò nello specchio, studiando i suoi lineamenti come non aveva mai fatto prima. I capelli castani, gli occhi verdi, la forma del viso... E poi, come una rivelazione che lo colpì come un fulmine, capì.
"Assomiglio a qualcuno che conoscevi," disse con un filo di voce.
"Sei lui," sussurrò Alessandro, girandosi per guardarlo negli occhi. "Sei la sua reincarnazione. Il mio Marco è tornato da me."
"Questo è impossibile," Marco si allontanò dallo specchio, la testa che gli girava. "Le reincarnazioni non esistono."
"Eppure sei qui," Alessandro lo seguì, il suo sguardo intenso che non lo lasciava mai. "Sei qui, hai lo stesso volto, lo stesso nome, la stessa anima che ho amato due secoli fa. Dimmi che non senti nulla quando mi guardi. Dimmi che il tuo cuore non batte più forte quando sono vicino."
Marco si appoggiò al muro, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Ma era inutile. Ogni volta che guardava Alessandro, ogni volta che sentiva la sua voce o il suo tocco, qualcosa dentro di lui si risvegliava, qualcosa di antico e potente.
"Se davvero sono la reincarnazione del tuo amante," disse Marco, la voce che gli tremava, "allora sono anche la reincarnazione del tuo assassino."
Il volto di Alessandro si contrasse in un'espressione di dolore. "Lo so. E questo mi tormenta ogni giorno da quando ti ho visto. Una parte di me vuole odiarti, vuole la vendetta per quello che mi hai fatto. Ma l'amore è più forte dell'odio, Marco. L'amore che provo per te è più forte della rabbia per il tradimento."
Si avvicinò di nuovo, le sue mani che cercarono quelle di Marco. "Tu non sei lui, non completamente. Sei una nuova possibilità, una seconda chance per noi due. Puoi scegliere diversamente da come scelse lui."
"E se non ci riuscissi?" sussurrò Marco, perdendosi in quegli occhi che sembravano contenere l'eternità. "E se la storia si ripetesse?"
Alessandro sorrise, un sorriso carico di desiderio e speranza. "Allora scopriremo insieme cosa può fare l'amore contro il destino."
Prima che Marco potesse rispondere, Alessandro si chinò verso di lui, le sue labbra che sfiorarono le sue in un bacio delicato come il tocco di una piuma. Ma quel tocco leggero scatenò in Marco una tempesta di emozioni che lo travolse completamente.
Quando si separarono, entrambi respiravano affannosamente. Marco guardò negli occhi di Alessandro e vide riflesso il proprio desiderio, la propria confusione, la propria paura.
«Rimani con me stanotte» sussurrò Alessandro, la voce roca per l'emozione. "Non come amanti, non ancora. Solo... Rimani. Non voglio ritrovarmi di nuovo da solo nell'oscurità."
Marco annuì, incapace di pronunciare parole. Alessandro sorrise e lo prese per mano, guidandolo verso le scale. Mentre salivano verso il piano superiore, Marco sentì che stava attraversando una soglia da cui non ci sarebbe stato ritorno.
Quella notte, per la prima volta in centocinquant'anni, Alessandro non fu solo. E Marco, abbracciato a un fantasma che era più reale di qualsiasi essere vivente avesse mai conosciuto, si addormentò con il cuore pieno di una gioia e di una paura che si mescolavano in un cocktail intossicante.
L'amore aveva vinto sulla morte. Ma il passato non era ancora stato sepolto completamente.