Capitolo 2: La Casa che Non Dovrebbe Esistere

764 Words
Il viaggio verso la casa era stato più lungo di quanto si aspettassero, ma la tensione tra i membri della band aveva reso il tempo più pesante di quanto fosse necessario. La macchina si muoveva lenta, passando attraverso un paesaggio che sembrava non cambiare mai. Pochi alberi, campi spogli, e un cielo che, pur essendo limpido, sembrava opprimente. Mark sedeva in silenzio davanti, accanto al conducente, mentre gli altri si sistemavano sul retro, ognuno perso nei propri pensieri. Ben e Trevor erano silenziosi, il loro rapporto sempre più teso. Ben non riusciva a capire cosa stesse accadendo tra loro, ma non riusciva a staccarsi da quella sensazione di incomprensione che li avvolgeva. Trevor, invece, lo guardava di tanto in tanto, con uno sguardo che era una miscela di desiderio represso e frustrazione. Non parlavano. Non dovevano farlo. Non ancora. Jasper e Antony sedevano insieme, la loro solita tranquillità contrastava nettamente con l’atmosfera carica di tensione degli altri. Lì, tra di loro, non c’erano più segreti. Si guardavano come se tutto fosse stato finalmente messo a posto, ma entrambi erano consapevoli che il vero viaggio, quello che avrebbe cambiato tutto, stava per cominciare. "Dobbiamo davvero restare qui?" disse Luke, rompendo il silenzio. "Non sembra il tipo di posto per scrivere un album." "Questo è il punto," rispose Mark, il suo tono più deciso. "Abbiamo bisogno di ispirazione. Un posto lontano da tutto, dove niente possa distrarci. E poi, questa casa è stata consigliata da un collega. Dicono che sia perfetta per chi vuole trovare una nuova energia." "Perfetta per chi vuole sparire, più che altro," disse Ben, scuotendo la testa, come se fosse già stanco dell'idea. Trevor gli lanciò uno sguardo, ma Ben non lo notò. Si limitò a guardare fuori dal finestrino, come se cercasse di sfuggire alla pesantezza che si stava accumulando nella macchina. La strada, che sembrava non finire mai, prese una curva e si interruppe. Davanti a loro si ergeva la casa. O almeno, quella che pensavano fosse la casa. Nessuna recinzione, nessun segno che qualcuno avesse vissuto lì da decenni. La struttura sembrava solitaria, ma anche troppo ben mantenuta per essere abbandonata. "Quella è la casa?" chiese Jasper, abbassando il finestrino e guardando fuori con un’espressione perplessa. "Sì," rispose Mark, guardando dal parabrezza. "È la casa giusta." Non sembrava nemmeno possibile che una dimora come quella potesse essere rimasta intatta per così tanto tempo. La facciata, di un bianco scolorito, mostrava segni di antichità, ma tutto sembrava ancora perfettamente al suo posto. Una casa che non dovrebbe esserci. Una casa che non apparteneva a quel luogo. "Non so, ragazzi, mi sembra strano," disse Luke, con una voce che tradiva una sensazione di disagio. "Non vedo segni di vita. Non ci sono giardini, non c'è nulla." Ben annuì, ma non disse nulla. La sua mente stava già vagando in mille direzioni, sentiva un'inquietudine che non riusciva a spiegare. La casa sembrava averli attesi. Era troppo perfetta per essere reale, troppo fuori posto in quella zona desolata. "Siamo qui per lavorare, ragazzi," disse Mark, finalmente rompendo il silenzio che si era fatto pesante. "Entriamo." Con un movimento lento, i membri della band scesero dalla macchina, ma prima che Mark potesse prendere la chiave, un brivido percorse la schiena di Ben. Una sensazione di freddo inspiegabile, un’ombra che si allungava sulle pareti della casa come se qualcosa li stesse osservando. "Ok, ci siamo," disse Mark, cercando di alleggerire la tensione. "Andiamo." Si diressero verso la porta, e appena la attraversarono, un suono proveniente dal piano superiore li fece fermare. Un leggero scricchiolio. Era come se qualcuno avesse camminato sopra di loro. Ma non c'era nessuno. Mark si voltò, scrutando con attenzione. "Probabilmente il vento," mormorò, ma il tono della sua voce tradiva un piccolo accenno di esitazione. La porta si chiuse dietro di loro con un rumore secco, come se la casa avesse inghiottito il loro ingresso. Un'oscurità strana e inquietante avvolgeva il corridoio davanti a loro, come se la casa non fosse mai stata veramente illuminata dal sole. "Ci saranno stanze per tutti?" disse Luke, guardandosi intorno. La luce fioca che entrava dalle finestre non era abbastanza per dissipare l’oscurità che sembrava regnare in quel luogo. "Sì, ci sono diverse stanze," rispose Mark, mentre iniziava a camminare verso la cucina. "Ma la cosa importante è che siamo qui, e dobbiamo concentrarci sulla musica." I ragazzi si scambiarono uno sguardo. Non era solo la musica che li preoccupava. C’era qualcosa di strano in quella casa, qualcosa che non riuscivano a comprendere ancora. Ma la casa aveva già iniziato a farli sentire a casa.
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